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    10.11.2021

    Composizione negoziata della crisi e concordato semplificato (d.l. n. 118/2021 convertito con l. n. 147/2021): una «controriforma»?


    Il 15 novembre 2021 entra in vigore una nuova disciplina che sembra destinata a sostituire le misure di allerta e la composizione assistita con l’intervento dell’OCRI previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, la cui entrata in vigore è ulteriormente rinviata. La composizione negoziata si svolge su base volontaria, con la partecipazione di un esperto, non prevede il coinvolgimento del Tribunale se non per la concessione di misure protettive e può garantire diversi benefici al debitore. In particolare, in caso di mancato raggiungimento di un accordo, la possibilità di proporre un «concordato semplificato» (che non richiede il voto dei creditori, né percentuali minime di soddisfacimento) anziché la segnalazione al Pubblico Ministero come previsto invece dal Codice della Crisi, rappresenta una decisa svolta che può porre il debitore in una condizione favorevole dal punto di vista negoziale. Si tratta quindi di nuovi strumenti che (insieme a misure premiali relative ai debiti erariali) rappresentano un’opportunità per l’impresa al fine di indurre il debitore ad avviare tempestivamente un percorso di risanamento.

     

     

     

    Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della Crisi

     

    L’art. 1 differisce l’entrata in vigore del Codice della Crisi al 16 maggio 2022, salvo che per le misure di allerta e composizione assistita dall’OCRI che sono rinviate al 31 dicembre 2023.

     

    La composizione negoziata della crisi

     

    I presupposti. Il presupposto oggettivo è definito all’art. 2 come «condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l'insolvenza». La soglia di accesso alla composizione negoziata si colloca quindi in un momento anteriore allo stesso stato di crisi, al primo manifestarsi di squilibri non puramente transitori. È ragionevole ritenere che possano accedervi anche le imprese che si trovino già in crisi, ed anche in stato di insolvenza.

     

    Dal punto di vista soggettivo, della composizione assistita possono avvalersi tutti gli imprenditori, commerciali o agricoli, sopra o sotto soglia di fallibilità, purché regolarmente iscritti al registro delle imprese.

     

    Costituisce ostacolo all’accesso (art. 23) la pendenza di domanda di concordato preventivo o di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti (anche nella fase di c.d. «pre-accordo» ai sensi dell’art. 182-bis co. 6 l.fall.), ma non la pendenza dell’istanza per la dichiarazione di fallimento: l’art. 6 prevede infatti che la sentenza non può essere pronunciata, se il debitore ha chiesto misure protettive o cautelari.

     

    L’istanza di nomina dell’esperto e l’avvio della procedura. La composizione negoziata è avviata dall’istanza di nomina di un esperto indipendente, iscritto in apposito elenco e professionalmente qualificato come previsto dall’art. 3. L’istanza può essere presentata solo dal debitore e si rivolge al segretario generale della Camera di Commercio. La nomina spetta ad una commissione che resta in carica due anni, composta da tre membri designati dal Prefetto, dal Presidente della Camera di Commercio e da un magistrato indicato dal Presidente del Tribunale, sezione specializzata delle imprese.

     

    Non vi è quindi alcun intervento dell’OCRI, né misure di allerta che rendano obbligatorio l’avvio della composizione: è solamente previsto che il collegio sindacale segnali agli amministratori la sussistenza dei presupposti per l’avvio della procedura (art. 15); neppure è prevista, infine, la segnalazione al Pubblico Ministero in caso di insuccesso delle trattative.

     

    L’istanza (art. 5) deve essere accompagnata da una nutrita documentazione (bilanci e situazione debitoria), tra cui spicca la «relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative industriali che intende adottare». Non si tratta di un piano vero e proprio, che potrà essere definito in seguito, ma deve contenere indicazioni sufficienti a consentire all’esperto di ritenere che «le prospettive di risanamento sono concrete» e di procedere quindi a convocare le altre parti alle quali indica «le possibili strategie di intervento».

     

    Nel caso in cui, invece, l’esperto non ravvisi tali concrete prospettive, ne dà notizia all’imprenditore ed al segretario generale della Camera di Commercio per l’archiviazione dell’istanza, che non può essere ripresentata prima di un anno. Non sono previste possibili impugnazioni della determinazione dell’esperto, ed è quindi decisivo che già in questa fase il debitore abbia definito un’analisi strutturata della propria situazione economica e finanziaria e delle misure per affrontarla efficacemente: pena, appunto, il mancato avvio della composizione.

     

    Il ruolo dell’esperto. L’esperto indipendente è la figura centrale della composizione negoziata. A lui compete (v. anche ai paragrafi successivi per maggiori dettagli):

    • verificare (come appena detto) la sussistenza di concrete prospettive di risanamento;
    • agevolare le trattative tra il debitore, i creditori e le altre parti interessate; in questo senso la sua partecipazione ha un ruolo di garanzia e di stimolo nei confronti dei creditori;
    • partecipare alle consultazioni sindacali (se sono impiegati più di 15 dipendenti);
    • valutare se atti di straordinaria amministrazione o pagamenti possano essere pregiudizievoli per i creditori;
    • invitare ala rinegoziazione dei contratti divenuti onerosi a causa degli effetti della pandemia e rendere il relativo parere al Tribunale;
    • consentire la prosecuzione delle trattative al termine del periodo previsto di sei mesi;
    • redigere la relazione finale che può costituire condizione di determinati benefici per il debitore, tra cui in particolare l’accesso al concordato semplificato;
    • in caso di esito positivo delle trattative, sottoscrivere insieme alle parti un contratto che produce gli effetti di un piano attestato di risanamento ai sensi dell’art. 67, co. 3, lett. d) l.fall.

    I doveri delle parti. Rilievo centrale hanno le innovative previsioni (art. 4) che stabiliscono doveri di collaborazione nella conduzione delle trattative per tutte le parti coinvolte, ben più specifici di quanto sarebbe desumibile dai principi vigenti e di quanto è dato riscontrare nelle prassi correnti. Si tratta dei seguenti doveri:

    • per tutte le parti:
      • doveri di buona fede, lealtà, proattività, tempestività e collaborazione nelle trattative, dando riscontri tempestivi e motivati (co. 4 e 7);
      • obbligo di riservatezza sulla situazione dell’impresa, sulle iniziative assunte o programmate e su tutte le informazioni ricevute;
    • per le banche (inclusi i relativi cessionari e mandatari) (co. 6):
      • dovere di partecipazione;
      • partecipazione attiva ed informata;
    • per l’imprenditore (co. 5):
      • dovere di fornire informazioni complete e trasparenti
      • dovere di gestione dell’impresa senza pregiudizio ingiustificato alle ragioni dei creditori.

    Le misure protettive e cautelari. L’intervento del Tribunale è previsto solo nel caso in cui il debitore richieda misure protettive o cautelari con la stessa istanza di nomina dell’esperto o nel corso delle trattative (art. 6). L’istanza viene pubblicata nel registro delle imprese e fa quindi venir meno il carattere di riservatezza della composizione.

     

    Dal giorno della pubblicazione:

    • i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari (c.d. automatic stay) né acquisire diritti di prelazione;
    • i creditori non possono rifiutare l’adempimento dei contratti o di risolverli o modificarli in danno dell’imprenditore, per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto;
    • come già accennato, fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza non può essere pronunciata la sentenza di fallimento.

    All’udienza (art. 7) il Tribunale (oltre a stabilirne la durata tra 30 e 120 giorni) può confermare o modificare il divieto di azioni individuali e può emettere i provvedimenti cautelari «necessari per condurre a termine le trattative». Da segnalare che le misure possono essere modulate secondo le esigenze del caso, non solo per quanto riguarda il contenuto e la durata, ma anche limitandole a determinate iniziative, creditori o categorie di creditori.

     

    È importante rilevare poi che (a differenza di quanto avviene nel c.d. «pre-concordato») la norma dispone espressamente che «non sono inibiti i pagamenti»: si tratta di una regola che si spiega sia con il fatto che la composizione negoziata non è una procedura concorsuale e quindi non determina l’apertura del concorso dei creditori, sia in forza di opportunità di maggiore elasticità e proficuità della gestione.

     

    L’esenzione dalle azioni revocatorie. L’art. 12 prevede che non sono soggetti all'azione revocatoria (esclusi però gli atti c.d. «anormali» di cui all'art. 67, co. 1) i pagamenti e le garanzie posti in essere dall'imprenditore dopo l’accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, alla condizione però che siano «coerenti con l'andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti». È questa una circostanza che si presta a valutazioni e che quindi non sembra poter contribuire alla certezza dei rapporti tra il debitore ed i creditori: probabilmente si tratta di un compromesso inevitabile, in assenza di una supervisione e vigilanza da parte del Tribunale e del commissario giudiziale.

     

    La gestione dell’impresa, i nuovi finanziamenti e la rinegoziazione dei contratti. Per le ragioni appena indicate, la gestione dell’impresa in pendenza della composizione negoziata resta affidata, sia per l’ordinaria che per la straordinaria amministrazione, al debitore (art. 9). A questo proposito, la norma detta però alcuni criteri a cui la gestione deve essere ispirata, ribadendo anche (a scanso di qualsiasi equivoco) che restano ferme le responsabilità dell’imprenditore al riguardo:

    • se l’impresa versa in stato di crisi, occorre «evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività»;
    • se invece è già in atto l’insolvenza, ma vi sono concrete prospettive di risanamento, il debitore deve gestire l’impresa «nel prevalente interesse dei creditori».

    Tuttavia, per quanto riguarda gli atti di straordinaria amministrazione e pagamenti «non coerenti» con le trattative e le prospettive di risanamento, è stabilito un dovere di preventiva informazione da parte del debitore all’esperto. Quest’ultimo, se ritiene che l’atto «può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento», lo segnala per iscritto al debitore ed all’organo di controllo: se gli atti sono compiuti nonostante il dissenso, l’esperto informa l’organo di controllo e il giudice che ha disposto misure protettive, per la revoca delle stesse. Inoltre, l’esperto iscrive il proprio dissenso nel registro delle imprese, ciò che fa venir meno il beneficio dell’esonero da revocatoria per quanto riguarda gli atti così compiuti (art. 12 co. 3) oltre che a darne evidenza a tutte le parti ed ai creditori, con le conseguenze pratiche del caso (cioè che, verosimilmente, i creditori non saranno disponibili a proseguire le trattative).

     

    Diverse disposizioni all’art. 10 sono finalizzate a garantire la continuità aziendale in pendenza del tentativo di composizione negoziata, in aggiunta al divieto di sospendere le prestazioni o di risolvere i contratti, di cui si è già detto (art. 6):

    • la possibile autorizzazione da parte del Tribunale di nuovi finanziamenti prededucibili;
    • la possibile autorizzazione da parte del Tribunale della cessione dell’azienda o di rami della stessa;
    • la possibilità dell’esperto di invitare le parti a rinegoziare il contenuto di contratti ad esecuzione continuata o periodica o differita, «se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia»; da un lato quest’ultima condizione può apparire restrittiva, ma dall’altro si tratta comunque di una misura incisiva, posto che un’equa rideterminazione può essere disposta dal Tribunale, se non viene raggiunto un accordo tra le parti.

    La conclusione delle trattative. La durata delle trattative è prevista dall’art. 5 co. 7 in 180 giorni, al termine dei quali «l’incarico dell’esperto si considera concluso». Le trattative possono però proseguire, fino ad ulteriori 180 giorni, se tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente.

     

    L’art. 11 prevede quindi i possibili esiti della procedura, alla conclusione del termine di cui sopra. Il debitore può alternativamente:

    • concludere un contratto, con uno o più creditori, che consente di beneficiare delle misure premiali previste dall'art. 14 se, «secondo la relazione dell'esperto è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni»; si tratta di un nuovo istituto, che lascia qualche dubbio per quanto riguarda l’effettivo conseguimento del pieno risanamento, che non è richiesto espressamente, ma sembra da ritenere comunque necessario (specie nei casi in cui l’impresa versi in stato di crisi o insolvenza) nell’orizzonte temporale indicato;
    • concludere una convenzione di moratoria ai sensi dell'articolo 182-octiesfall.; si tratta qui di una soluzione intermedia, che non rappresenta di per sé, naturalmente, una soluzione della crisi e sembra piuttosto consentire un’ulteriore estensione delle trattative, sebbene al di fuori del contesto (e senza quindi poter accedere agli esiti specifici) della composizione negoziata;
    • concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti del piano di risanamento di cui all'art. 67, co. 3, lett. d) l.fall., senza che però occorra l'attestazione (verosimilmente, in proposito dovrà comunque esprimersi l’esperto nella propria relazione finale, di cui infra);
    • domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, con la possibilità di estenderne gli effetti ai sensi dell’art. 182-septiesfall. in presenza di una percentuale di adesione ridotta dal 75% al 60%; è questo un ulteriore incentivo al debitore all’accesso alla procedura, potendo costituire un elemento a suo favore nel corso delle trattative;
    • predisporre un piano di risanamento attestato ai sensi dell'art. 67, co. 3, lett. d) l.fall.;
    • accedere ad una procedura concorsuale prevista dalla legge fallimentare o all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese o ancora (per gli imprenditori «sotto soglia») ad una procedura di sovraindebitamento di cui alla l. n. 3/2012;
    • presentare una proposta di «concordato semplificato» per cessione dei beni, secondo le disposizioni dell’art. 18; è questa una delle disposizioni più innovative e «in controtendenza» rispetto agli orientamenti restrittivi del concordato di carattere liquidatorio.

    Le ipotesi previste riguardano quindi il caso sia di conclusione con successo delle trattative, che comportano una definizione negoziata della crisi, sia soluzioni transitorie (come la convenzione di moratoria), sia infine di esito negativo, che può indurre il debitore ad accedere ad uno degli strumenti di risanamento o procedure concorsuali vigenti.

     

    Tra questi ultimi vi sono esiti fondati su una definizione negoziata della crisi (piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione dei debiti) e quindi coerenti con il contesto della nuova procedura, ma ve ne sono anche altre di carattere giudiziale (concordato preventivo, fallimento, liquidazione coatta, amministrazione straordinaria) che prescindono in varia misura da forme di consenso dei creditori.

     

    Un tema può riguardare il concordato preventivo, se si considera che l’accesso alla composizione negoziata potrebbe costituire una sorta di «anticamera» ulteriore rispetto alla fase preconcordataria: da un lato ne risulterebbe una dilatazione della fase di definizione della proposta concordataria e, secondo alcune opinioni, la composizione negoziata non potrebbe essere avviata se fin dall’inizio il debitore ha l’obiettivo di accedere al concordato, in particolare al nuovo concordato semplificato; dall’altro lato si deve rilevare però che l’accesso al concordato è uno degli esiti espressamente previsti, senza limitazioni, dalla nuova legge, che prevede anche in tal caso la conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal Tribunale (art. 12).

     

    L’esito negativo delle trattative, in ogni caso, a differenza della composizione assistita del Codice della Crisi, non prevede alcuna segnalazione al pubblico ministero, né tanto meno l’esperto è tenuto ad altri adempimenti se non alla redazione della propria relazione finale e – nel caso – alla trasmissione della stessa al giudice che abbia disposto misure protettive o cautelari, ma solo per la dichiarazione di cessazione dei relativi effetti. Resta però salva la facoltà del giudice di rilevare l’insolvenza (se in effetti sussistente) e trasmettere gli atti al pubblico ministero ai sensi dell’art. 7 l.fall.

     

    La relazione finale dell’esperto (art. 5 co. 8). La legge non detta analiticamente i contenuti della relazione, che si possono tuttavia desumere dal sistema della nuova disciplina:

    • una cronistoria della negoziazione, delle iniziative adottate dall’imprenditore e delle risposte delle controparti;
    • una illustrazione delle circostanze che hanno condotto alla mancata conclusione delle trattative
    • una illustrazione della soluzione negoziale raggiunta, delle proposte e dei contenuti delle azioni previste per conseguire il risanamento;
    • una dichiarazione dell’idoneità a garantire la continuità aziendale per due anni (nel caso di stipula del «contratto» dell’art. 11, lett. a);
    • considerazioni in merito ai dati aziendali ed al riequilibrio della situazione patrimoniale economica e finanziaria (nel caso di stipula dell’«accordo» dell’art. 11, lett. c);
    • una dichiarazione in merito allo svolgimento «secondo correttezza e buona fede» delle trattative e della non praticabilità di soluzioni negoziate, al fine del possibile accesso al concordato semplificato (l’art. 18 co. 3 menziona anche a questo riguardo anche un separato «parere» dell’esperto al Tribunale in merito ai «presumibili risultati della liquidazione»).

    Per quanto riguarda gli effetti collegati alla relazione finale, vanno richiamati, in caso di esito positivo delle trattative:

    • se il «contratto» o l’«accordo» di cui all’art. 11, lett. a) e c) sono pubblicati nel registro delle imprese, l’Agenzia delle Entrate concede un piano di rateazione di imposte e ritenute con i relativi accessori fino a 6 anni (72 mensilità) (art. 14 co. 4);
    • in caso di conclusione di accordo di ristrutturazione dei debiti risultante dalla relazione, la percentuale di cui all’art. 182-septiesfall. è ridotta al 60%.

    In caso invece di esito negativo, oltre alla dichiarazione in merito alla sussistenza delle condizioni per l’accesso al concordato semplificato, va richiamata la cessazione degli effetti delle misure protettive e cautelari, che spetta al giudice che le ha disposte sulla scorta della relazione.

     

    Le misure premiali. Un rilevante incentivo all’accesso alla composizione negoziata è rappresentato dalle misure premiali di carattere esclusivamente tributario (art. 14), segnalando che (a differenza delle analoghe misure previste dal Codice della Crisi) non sono condizionate ad un tempestivo accesso alla procedura. Si tratta dei seguenti benefici:

    • gli interessi che maturano su debiti tributari sono ridotti alla misura legale, dall’accettazione dell’esperto;
    • le sanzioni in caso di «avviso bonario» sono ridotte alla misura minima se il termine di pagamento scade dopo l’istanza di nomina dell’esperto;
    • questi due primi benefici sono soggetti a decadenza in caso di successiva dichiarazione di fallimento o dichiarazione di insolvenza;
    • interessi e sanzioni su debiti tributari sorti prima dell’istanza sono ridotti alla metà in caso di accesso, all’esito delle trattative, ad una procedura concorsuale (compreso il nuovo concordato semplificato e le procedure liquidatorie) o ad un piano di risanamento attestato o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti ex 182-bis l.fall.;
    • i debiti tributari beneficiano della rateazione fino a 6 anni di cui si è già detto (è prevista la decadenza automatica in caso di accesso ad una procedura concorsuale o di mancato pagamento di una sola rata).

    Resta ferma la disponibilità della transazione fiscale ex art. 182-ter l.fall. solo nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, che pure costituiscono uno degli esiti possibili della composizione negoziata.

     

    La composizione negoziata di gruppo. Alcune disposizioni ricalcate su quelle del Codice della Crisi in tema di procedure concorsuali di gruppo sono dettate dalla nuova legge. L’appartenenza al gruppo è individuata in relazione all’esercizio di attività di direzione e coordinamento. Possono partecipare anche le imprese che non si trovano in stato di squilibrio.

     

    È prevista la presentazione di un’unica richiesta di nomina dell’esperto per tutte le imprese del gruppo, rivolta alla Camera di Commercio ove si trova la sede dell’impresa che esercita la direzione e coordinamento secondo quanto risulta dal registro delle imprese.

     

    I finanziamenti infragruppo sono consentiti dopo l’avvio della composizione negoziata e non sono soggetti alla postergazione legale se l’esperto è stato informato e non ha iscritto il proprio dissenso.

     

    Al termine della composizione, può essere stipulato un unico «contratto» o «accordo» di cui all’art. 11, lett. a) e c) od un’unica convenzione di moratoria per tutte le imprese del gruppo.

     

     

     

    Il concordato semplificato

     

    Di grande rilievo si prospetta il nuovo concordato semplificato, accessibile solo all’esito della composizione negoziata alla duplice condizione che (i) le trattative si siano svolte secondo correttezza e buona fede e (ii) le soluzioni negoziali – il «contratto» o l’«accordo» di cui all’art. 11, lett. a) e c), l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall. – non siano risultate praticabili. Complessivamente, se ne potrebbe desumere, secondo un’opinione, che una soluzione negoziale sia stata genuinamente perseguita dall’imprenditore e che quindi lo stesso non abbia inteso in realtà perseguire sin dall’inizio il concordato semplificato.

     

    Quest’ultimo rappresenta una soluzione decisamente favorevole nella prospettiva del debitore, benché verosimilmente in secondo piano rispetto ad una definizione negoziale che gli consenta di conservare la titolarità dell’impresa.

     

    Di seguito i caratteri principali del nuovo concordato semplificato:

    • è di tipo solo liquidatorio, dovendo seguire lo schema della cessione dei beni, che tuttavia come noto è compatibile con la c.d. «continuità aziendale indiretta» ed è quindi possibile la cessione dell’azienda, espressamente prevista dalle nuove norme;
    • è accessibile solo all’esito negativo della composizione negoziata (la domanda deve essere presentata entro 60 giorni dalla relazione finale dell’esperto);
    • non occorre attestazione di veridicità dei dati aziendali o di fattibilità del piano liquidatorio, che deve essere allegato alla domanda unitamente alla consueta documentazione prevista dall’art. 161 l.fall. (comprensiva dell’elenco dei creditori e dello stato analitico ed estimativo delle attività);
    • non è prevista la figura del commissario giudiziale (il Tribunale nomina però un ausiliario al quale potranno essere affidati compiti da definire ad hoc);
    • il Tribunale valuta unicamente la ritualità della domanda e fissa direttamente l’udienza di omologazione, ordinando la trasmissione ai creditori della proposta insieme alla relazione dell’esperto e ad un parere dello stesso in merito ai «presumibili risultati della liquidazione»;
    • la proposta di concordato non è soggetta all’approvazione dei creditori, che possono solo opporsi all’omologazione contestando la fattibilità del piano di liquidazione o lamentando «pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare»;

    i creditori possono essere suddivisi in classi; non è prevista espressamente la possibilità di pagamento parziale dei creditori privilegiati, né una percentuale minima di soddisfacimento dei chirografari (la soglia minima si desume dal raffronto con l’alternativa fallimentare e dal fatto che la proposta «assicura un’utilità a ciascun creditore»).

     

    Nella fase di liquidazione (art. 19) si applica la disciplina del concordato con cessione dei beni:

    • viene nominato un liquidatore giudiziale;
    • se l’acquirente dell’azienda o di specifici beni è già individuato, il liquidatore si limita a verificare «l’assenza di soluzioni migliori sul mercato»;
    • è possibile la vendita di beni al soggetto designato anche prima dell’omologazione, se il piano così prevede; in tal caso, alla verifica sul mercato provvede l’ausiliario;
    • per gli altri beni, si procede con procedure competitive ai sensi dell’art. 182 l.fall.

     

     

    Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Fabio Marelli.

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