Con decreto dell’11 marzo 2015 il Tribunale di Reggio Emilia, richiamando l’istituto della consecuzione di procedure concorsuali, ha respinto il ricorso di un creditore che, in sede di ammissione al passivo del fallimento, aveva chiesto il riconoscimento della compensazione tra un proprio credito anteriore alla domanda di concordato “con riserva” ed un controcredito della società fallita, successivo alla stessa domanda.
Il caso
Una società, alla scadenza del termine concesso dal Tribunale a seguito di domanda dell’art. 161, sesto comma, l.fall., ha depositato la proposta concordataria, il piano e la documentazione richiesta dalla legge. Il Tribunale, ritenuta l’inammissibilità della proposta per motivi di legittimità, con sentenza contestuale ha dichiarato il fallimento della società.
Un creditore bancario ha proposto opposizione allo stato passivo chiedendo la compensazione del proprio credito, derivante da finanziamenti erogati alla società poi fallita in data anteriore al deposito del ricorso per concordato preventivo “con riserva”, con il credito della società, pari al saldo attivo di un conto corrente, maturato invece successivamente al deposito della domanda di concordato.
La questione
Come noto (i) l’art. 56 l.fall. consente la compensazione di debiti e crediti all’unica condizione che i fatti da cui entrambi sorgono siano anteriori alla dichiarazione di fallimento; (ii) la norma è applicabile anche nel concordato preventivo, con riferimento alla data della domanda (art. 169 l.fall.).
Se si muove dal presupposto che il ricorso proposto dal debitore ex art. 161, sesto comma, l.fall. è stato dichiarato inammissibile, la conseguenza è che l’unica procedura che possa dirsi effettivamente aperta è il fallimento, rispetto al quale nella fattispecie sono anteriori sia il debito che il credito della banca, che dovrebbero quindi essere compensati.
La soluzione cambia invece se si ritiene operante l’istituto della consecuzione di procedure e, quindi, l’apertura del concorso sia fatta risalire alla domanda di concordato: in questo caso, l’ostacolo alla compensazione risiederebbe nel difetto di anteriorità alla domanda sia del credito che del controcredito.
La decisione
Il Tribunale ritiene applicabile l’istituto della consecuzione di procedure, ricordandone l’origine giurisprudenziale, introdotta per consentire ai creditori che avevano erogato credito all’imprenditore nel corso dell’amministrazione controllata di godere, nel successivo fallimento, della prededuzione dei loro crediti e poi esplicitamente consacrata in alcune norme della legge fallimentare.
Posta questa premessa, il Tribunale incentra la decisione sul combinato disposto degli articoli 169 e 56 l.fall. unitamente all’art. 1241 c.c. che, in tema di compensazione civilistica, richiede che si tratti di crediti entrambi liquidi, esigibili, omogenei e reciproci (riferibili cioè a soggetti che rivestano entrambi la posizione di creditore e debitore nei due diversi rapporti di credito).
Dal momento che sin dal deposito del ricorso (anche quando lo stesso avviene ai sensi dell’art. 161, sesto comma) si applica l’art. 56 l.f. difettano – osserva il Collegio – le condizioni per l’operare della compensazione e ciò in quanto: (i) solo il credito della banca (e non quello della società fallita) può dirsi sorto anteriormente al deposito del ricorso di concordato e (ii) il credito derivante dal saldo del conto corrente non è riferibile, a seguito della dichiarazione di fallimento (e, prima, del deposito del ricorso) all’imprenditore ma ad un diverso centro di interessi composto dall’imprenditore e dai creditori concorsuali nel cui interesse il patrimonio viene gestito.
Il commento
La chiave della decisione del Tribunale emiliano ruota intorno all’istituto della consecuzione di procedure. In particolare, è degno di nota il passaggio con cui il Tribunale ritiene configurabile la consecuzione anche al caso in cui la domanda di concordato venga dichiarata inammissibile e ad essa faccia seguito la dichiarazione di fallimento. Il Tribunale offre una soluzione innovativa rispetto alla tradizionale impostazione data all’istituto dalla giurisprudenza, prima delle recenti riforme: la Cassazione aveva infatti sempre ritenuto che la mancata ammissione alla procedura di concordato determinasse un difetto di consecuzione di procedure e, conseguentemente, l’inapplicabilità dell’art. 169 l.fall. (cfr. Cass. 22 novembre 2007, n. 24330; Cass. 22 giugno 1991, n. 7046).
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Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
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