Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (“CCII” o “Codice”) entrerà in vigore il 15 luglio 2022. Il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 (“Decreto Legislativo”) attua la Direttiva UE e introduce diverse significative novità. Non si tratta tanto della sostituzione dell’intero Titolo II del Codice con la disciplina della composizione negoziata già vigente di cui al d.l. n. 118/2021, che rappresenta l’annunciato accantonamento delle misure di allerta, della composizione assistita e dell’OCRI. Molti interventi significativi riguardano il concordato preventivo e viene introdotta anche un’ulteriore procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza rappresentato dal “piano di ristrutturazione soggetto a omologazione” di cui all’art. 64-bis e 64-ter (“PRO”). Segnaliamo qui le innovazioni di maggiore rilievo.
La composizione negoziata della crisi sostituisce la composizione assistita dall’OCRI
Il Decreto Legislativo trasferisce la disciplina recentemente introdotta dal d.l. n. 118/2021 nel Titolo II del Codice (artt. da 12 a 25-undecies), in sostituzione della composizione assistita e degli strumenti di allerta e prevenzione che prevedevano la segnalazione all’OCRI.
Da rilevare che viene conservato lo strumento del concordato semplificato (artt. 25-sexies e 25-septies CCII) e, soprattutto, che al Titolo II viene aggiunto un Capo III (artt. da 25-octies a 25-undecies CCII) ove sono collocate le previsioni (assenti nel d.l. n. 118/2021) relative alle segnalazioni da parte dei creditori pubblici qualificati, che si limiteranno ad invitare il debitore a richiedere la nomina dell’esperto (art. 25-novies), mentre viene riprodotta all’art. 25-decies la disposizione (già prevista all’art. 14, ult. co. CCII), relativa alla notizia da parte delle banche ed intermediari finanziari all’organo di controllo della revoca o modifica di affidamenti.
Alcune atre novità sarebbero introdotte nella versione della composizione negoziata recepita nel Codice:
a) unitamente alla domanda di nomina dell’esperto, il debitore dovrà inserire, oltre alla relazione sulla propria attività ed al piano finanziario per i successivi sei mesi, anche un “progetto di piano di risanamento”;
b) il termine prima del quale non è consentito ripresentare l’istanza è ridotto da un anno a quattro mesi, se la richiesta di archiviazione è presentata dallo stesso debitore;
c) l’esperto sarà chiamato dal Tribunale a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure protettive e cautelari richieste rispetto al buon esito delle trattative;
d) l’esperto potrà invitare le parti a rinegoziare in buona fede il contenuto di contratti quando la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa a causa di qualsiasi circostanza sopravvenuta e non limitatamente agli effetti della pandemia, ma per converso non sarà più possibile chiedere al Tribunale di provvedere in caso di mancato accordo tra le parti;
e) l’imprenditore che occupa più di 15 dipendenti dovrà informare preventivamente le rappresentanze sindacali.
Il nuovo “piano di ristrutturazione soggetto a omologazione” o PRO (art. 64-bis)
La direttiva n. 2019/1023 dispone che gli Stati Membri introducano un quadro di ristrutturazione preventiva che il nostro ordinamento finora non contempla e che, quindi, il Decreto Legislativo prevede agli artt. 64-bis e 64-ter del Codice.
Il debitore potrà formulare una proposta ai creditori (necessariamente suddivisi in classi) che dovrà essere approvata all’unanimità delle classi, ma che consentirà di distribuire il ricavato in deroga alla par condicio creditorum ed all’ordine delle prelazioni, salvo che i crediti privilegiati dei lavoratori siano soddisfatti integralmente in denaro entro 30 giorni dall’omologazione. Il piano potrà prevedere la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio o la soddisfazione dei creditori “in qualsiasi altra forma”, comunque in misura non inferiore alla liquidazione giudiziale.
Rispetto al concordato preventivo, non è previsto nessuno spossessamento, neppure attenuato ed è previsto un meccanismo di segnalazione preventiva al commissario giudiziale di atti di straordinaria amministrazione e pagamenti non coerenti, analogo a quello della composizione negoziata.
La proposta va presentata nelle forme e con la documentazione prevista per il concordato preventivo “pieno” (nel senso che il debitore non può richiedere il termine per la presentazione). Il Tribunale, verificata la correttezza delle classi e la regolarità della domanda, nomina un giudice delegato e il commissario giudiziale, e sottopone quindi la proposta al voto dei creditori.
Al voto si applicano le disposizioni del concordato preventivo, precisando che in ciascuna classe la proposta è approvata secondo le regole ordinarie, ovvero, in alternativa, se è raggiunta la maggioranza dei due terzi calcolata sui soli creditori votanti.
In caso di mancata approvazione di tutte le classi (e comunque in ogni momento, anche al di fuori di tale ipotesi), il debitore può modificare la domanda presentando una proposta di concordato preventivo, previa concessione dei termini di cui all’art. 47 CCII per il deposito della proposta e del piano.
Sono applicabili numerose disposizioni del concordato preventivo, tra cui quelle in materia di (a) offerte e proposte concorrenti, (b) contratti pendenti, (c) autorizzazione di finanziamenti prededucibili, (d) revoca dell’ammissione, (e) effetti, esecuzione, risoluzione e annullamento.
Si tratta quindi di una sorta di concordato “accelerato” e con maggiore flessibilità in tema di gestione dell’azienda in pendenza di procedura (nonché di formulazione della proposta senza il rispetto delle cause di prelazione, anche al di fuori dei casi in cui ciò sarà ammesso nel concordato preventivo) e che allo stesso tempo consente la “conversione” in concordato preventivo in ogni momento.
Le modifiche al concordato preventivo
Di grande rilievo le novità in tema di concordato preventivo (menzioniamo le principali):
a) vengono completamente eliminati i requisiti di conservazione dei posti di lavoro (c.d. “condizione occupazionale” e “clausola occupazionale”) nella definizione di concordato in continuità aziendale diretta e indiretta, mentre si dispone che la continuità aziendale “preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro” (art. 84);
b) viene soppressa la limitazione alle sole forme del concordato liquidatorio o in continuità aziendale, confermandosi quindi l’ammissibilità di piani di concordato che realizzino il soddisfacimento dei creditori “in qualsiasi altra forma” (art. 84);
c) nel concordato in continuità aziendale (diretta o indiretta) è sufficiente che i creditori siano soddisfatti “in misura anche non prevalente” dal ricavato della continuità; anche il concordato a larga prevalenza liquidatoria potrà essere considerato in continuità, purché una pur ridotta quota dei ricavi derivi dalla continuità aziendale, diretta o indiretta (art. 84);
d) nel concordato in continuità aziendale il valore eccedente quello di liquidazione (salvo che per i crediti dei lavoratori) può essere distribuito senza rispettare la c.d. absolute priority rule ossia le cause legittime di prelazione, purché ogni classe di creditori riceva almeno quanto le classi dello stesso grado e più delle classi di grado inferiore (viene attuata così la c.d. relative priority rule) (art. 84); è questa una novità di grandissimo rilievo, che si pone in netta controtendenza rispetto alla giurisprudenza di legittimità (ferma nel ritenere che il ricavato della continuità non costituisca “finanza esterna”), tenendo presente che vi sarebbe un bilanciamento nelle nuove regole sulla omologazione del concordato in cui ai soci sia attribuita una quota del “valore risultante dalla ristrutturazione” (v. art. 120-quater al paragrafo successivo);
e) nel concordato in continuità aziendale i creditori devono essere sempre suddivisi in classi, tra cui è prevista quella delle imprese minori, per fornitura di beni e servizi (art. 85);
f) nel concordato liquidatorio viene chiarito che le risorse esterne aggiuntive devono incrementare del 10% l’attivo disponibile (in precedenza l’incremento era riferito alla percentuale di soddisfacimento dei creditori, il che generava diverse incertezze); si precisa altresì che le risorse aggiuntive possono essere distribuite senza il rispetto delle cause di prelazione (art. 84); per quanto appena detto in tema di ampliamento dell’ambito del concordato in continuità, questa disposizione avrà un ambito di applicazione molto ridotto, restando confinata al concordato totalmente liquidatorio;
g) quale che sia la tipologia di concordato, è stabilito che esso debba realizzare il soddisfacimento dei creditori “in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale”; viene così maggiormente evidenziato il requisito della “convenienza” del concordato, che tuttavia sembrerebbe continuare a poter essere vagliato dal Tribunale solo in caso di opposizione all’omologazione (art. 84);
h) in sede di ammissione, viene differenziato il vaglio del Tribunale in tema di fattibilità, che viene limitata alla “manifesta inattitudine” o “manifesta inidoneità”, rispettivamente, nel concordato liquidatorio riguardo agli “obiettivi prefissati”, mentre invece nel concordato in continuità rispetto “alla soddisfazione dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali” (art. 47);
i) nel concordato in continuità viene introdotta una disposizione analoga a quella vigente nella composizione negoziata della crisi per quanto riguarda i contratti pendenti in caso di concessione di misure protettive, in forza della quale i creditori non possono rifiutare l’adempimento, risolvere o modificare in danno i contratti “essenziali”, ossia quelli necessari per la continuità aziendale (art. 94-bis);
j) nella fase di votazione, solo per il concordato in continuità, viene previsto che (a) tutte le classi devono approvare la proposta, ma allo stesso tempo si introduce una maggioranza alternativa per l’approvazione all’interno di ciascuna classe (già vista nel PRO) pari a due terzi dei soli creditori votanti; (b) i creditori privilegiati non votano se soddisfatti integralmente in denaro entro 180 giorni (30 giorni per i lavoratori) dall’omologazione (art. 109);
k) nella fase di omologazione, solo per il concordato in continuità, viene previsto che il Tribunale deve verificare che “il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza” (ciò che sembra introdurre una sorta di presunzione di fattibilità) e che se vi sono nuovi finanziamenti, questi siano necessari e non ingiustamente pregiudizievoli per i creditori;
l) nella fase di omologazione, solo per il concordato in continuità, viene previsto che il Tribunale può omologare il concordato anche in assenza dell’approvazione di tutte le classi se (a) sono rispettati criteri di distribuzione del valore di liquidazione e di quello eccedente, e (b) sono sodisfatte quelle che sono definite “condizioni di ristrutturazione trasversale”, tra cui la corretta distribuzione del valore di liquidazione e di quello eccedente, nonché l’approvazione da parte della maggioranza delle classi, purché almeno una formata da creditori privilegiati ovvero da creditori che – se osservate le cause di prelazione – riceverebbero almeno in parte il valore eccedente quello di liquidazione (art. 112);
m) nella fase di omologazione, il vaglio del Tribunale in tema di convenienza della proposta, in caso di opposizione: (a) nel concordato in continuità potrà essere sollecitato da ciascun creditore dissenziente che abbia già formulato il rilievo con le osservazioni di cui all’art. 107 alla relazione del commissario, mentre (b) nel concordato liquidatorio (a cui viene espressamente affiancato il concordato con assuntore) solo da creditori dissenzienti appartenenti ad una classe dissenziente ovvero rappresentanti almeno il 20% dei crediti ammessi al voto (senza modifiche quindi rispetto alle previsioni vigenti); in caso di opposizione nel concordato in continuità, si prevede poi che il Tribunale disponga la stima del complesso aziendale solo se viene contestata la convenienza o il mancato rispetto delle “condizioni di ristrutturazione trasversale” (art. 112).
Gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società (artt. 120bis-120quinquies)
Di grande rilievo anche le novità introdotte in tema di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società:
a) il piano può prevedere qualsiasi modificazione dello statuto, inclusi aumenti e riduzioni di capitale con esclusione del diritto di opzione, fusioni, scissioni e trasformazioni, anche senza il consenso dei soci; in questo caso, i soci devono essere inseriti in un’apposita classe ai fini della proposta e votano in misura pari alla quota di capitale posseduta (in caso di mancata espressione del voto, si considerano consenzienti); il provvedimento di omologazione determina le modificazioni statutarie previste dal piano;
b) la decisione di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza spetta “in via esclusiva” agli amministratori, che non possono essere revocati dal giorno dell’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese;
c) le proposte concorrenti possono essere presentate anche dai soci di minoranza, detentori di almeno il 10% del capitale;
d) i soci possono opporsi all’omologazione se subiscono pregiudizio “rispetto all’alternativa liquidatoria”;
e) quando il “valore risultante dalla ristrutturazione” è riservato anche ai soci anteriori e vi è dissenso di una o più classi di creditori, il concordato può essere omologato solo se risulti che, anche se venisse distribuito ai creditori l’intero valore riservato ai soci, sarebbe comunque rispettata la c.d. relative priority rule, ossia che la classe dissenziente riceva almeno quanto le classi dello stesso grado e più delle classi di grado inferiore (se la classe dissenziente è collocata subito prima dei soci, essa deve ricevere un valore superiore a quello riservato ai soci);
f) le modificazioni della compagine sociale non possono determinare la risoluzione o modificazione di contratti stipulati dalla società.
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