L’anno scorso - in questo esatto periodo - il settore marittimo europeo era fortemente preoccupato dalla possibilità che la proposta di compromesso sull’Energy Taxation Directive, presentata dall’allora presidenza semestrale di turno del Consiglio dell’Unione europea, il Belgio, venisse approvata dall’ECOFIN e imponesse un regime di accise sui carburanti ad uso marittimo in Europa.
Nelle maglie di quei negoziati, avevamo stimato che le eventuali accise avrebbero gravato sulle compagnie di navigazione europee per un totale di cinque miliardi di euro all’anno: una cifra equivalente alla tassazione ETS, di cui la nuova ETD avrebbe ereditato le stesse criticità in termini di diversione dei flussi commerciali dall’Europa ma senza l’obbligo - anche solo parziale - di reinvestire nel settore le risorse raccolte.
Il compromesso belga è stato l’ultimo colpo di coda ideologico del Fit For 55, e se fosse stato approvato avrebbe definitivamente messo in crisi il settore marittimo europeo. Fortunatamente ciò non è accaduto. Per la prima volta nell’era del Green Deal, la mobilitazione del settore marittimo-portuale e dei governi degli Stati Membri “marittimi” del Mediterraneo - Italia in testa - ha permesso di bloccare una proposta irrealistica e inaugurare una stagione di negoziati, protrattasi sotto la Presidenza di turno ungherese nella seconda metà dell’anno passato, che ha confermato provvisoriamente la deroga sulle accise per il settore marittimo nell’ambito di un processo legislativo non ancora concluso sul testo di compromesso nel suo insieme.
Pertanto, le negoziazioni sull’ETD sono proseguite nella seconda metà del 2025 sotto la nuova Presidenza semestrale di turno, la Polonia, e le stiamo seguendo con attenzione perché - come recita un modo di dire in uso nei negoziati a Bruxelles - nulla è deciso finché tutto non è stato deciso. Ogni riunione può riservare la sorpresa di un cambio di passo inatteso. Ma allo stato attuale possiamo affermare con una certa soddisfazione che non ci sono campanelli d’allarme che facciano temere una riapertura della parte “marittima” dell’ETD. L’ultimo testo di compromesso circolato dalla Presidenza polacca non tocca l’art.14 dedicato alla tassazione dei prodotti energetici ad uso marittimo, che anzi è stato nei mesi passati integrato per tenere in considerazione quegli aspetti del mercato energetico dello shipping che, al tempo della stesura dell’ETD negli anni passati, non erano rilevanti, come l’uso dell’elettricità.
L’impressione che si ha osservando questo processo legislativo oggi, e la concomitante nuova agenda politica della Commissione Europea, è che un anno fa, quando l’introduzione di un regime di accise sul settore marittimo sembrava ormai certa, abbiamo raggiunto il picco dell’ambizione delle politiche europee. A partire da quel momento, complice il cambio di passo auspicato dai governi verso una maggiore apertura delle istituzioni alle ragioni dell’industria, il clima è più favorevole: si parla di Strategie per il rilancio della competitività, e il Report Draghi 2024 ha riportato al centro del dibattito l’urgenza di fornire una base industriale solida alla transizione in corso.
Il compromesso politico sull’ETD regge, e l’art.14 resta intatto. È ora il momento di proseguire nella stesura di politiche europee realistiche, che riconoscano il ruolo strategico del settore marittimo. Dalla geopolitica alle politiche di coesione, l’Europa torni a guardare al mare.