Con la sentenza n. 24970 del 6 novembre 2013, la Cassazione ha confermato che il credito per IVA di rivalsa deve essere ammesso al privilegio ai sensi dell’art. 2758, secondo comma, c.c. e va soddisfatto integralmente anche in caso di assenza del bene nel patrimonio, se il debitore non ne propone il pagamento parziale ai sensi dell’art. 160, secondo comma, l.fall.
Il caso
Una società ha presentato un piano di concordato preventivo in continuità aziendale la cui omologazione è stata negata dal Tribunale di Lucca, in quanto:
La Società ha proposto reclamo alla Corte d’Appello di Firenze, che ha riformato la decisione del Tribunale, negando che potesse riconoscersi a Conai il privilegio speciale di cui all’art. 2758, secondo comma, c.c., relativo al credito di rivalsa IVA sui relativi contributi, dal momento in cui la richiesta non era stata formulata con l’atto di opposizione e il bene su cui il privilegio sarebbe gravato non era presente nell’attivo.
La questione
Il credito di rivalsa sorge in capo al prestatore di beni o servizi il quale ha versato all’erario l’IVA inerente alla propria prestazione, che ha diritto di riaddebitare al beneficiario della stessa. Il privilegio di cui all’art. 2758, secondo comma, c.c. grava esclusivamente sui beni oggetto della prestazione, indipendentemente dal carattere privilegiato del credito imponibile cui accede l’IVA. Non si tratta quindi di un credito erariale assistito da privilegio generale, ma di credito di un soggetto privato assistito da privilegio speciale.
La questione sottoposta alla Corte di cassazione riguarda diversi profili: (i) il carattere del privilegio del credito IVA di rivalsa; (ii) la necessità di soddisfazione integrale nel concordato anche in assenza del bene su cui grava il privilegio; (iii) la possibilità di prevedere la falcidia del credito ai sensi dell’art. 160, secondo comma, l.fall.
La decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha statuito, in linea con un orientamento già espresso in passato, che il credito per IVA di rivalsa deve essere considerato privilegiato ai sensi e per gli effetti dell’art. 2758, secondo comma, c.c. nonché in virtù dell’art. 2778, n. 7, c.c., con la conseguenza che lo stesso dovrà essere soddisfatto integralmente nel concordato, indipendentemente dalla presenza dei beni oggetto del privilegio.
La questione relativa alla natura del credito IVA di rivalsa nell’ambito di una procedura di concordato preventivo era già stata affrontata dalla Corte con la sentenza n. 12064/2013, che aveva ad oggetto una proposta di concordato preventivo soggetta alla disciplina anteriore alla riforma dell’art. 160 l.fall., introdotta con il D.Lgs. n. 169/2007. In quel contesto la Cassazione aveva statuito che “la mancanza nel compendio patrimoniale del debitore del bene gravato da privilegio non impedisce, a differenza che nel fallimento, l’esercizio del privilegio stesso, con la conseguenza che il credito va soddisfatto integralmente (e, correlativamente, il creditore non è ammesso al voto sulla proposta di concordato).” Infatti l’art. 54 l.fall. (che nel fallimento limita la soddisfazione dei crediti privilegiati al ricavato dei beni su cui grava la prelazione) non è richiamato dall’art. 169 l.fall. e non è applicabile nel concordato preventivo.
La Cassazione conferma che quell’orientamento rimane valido anche per le proposte di concordato preventivo soggette alla nuova disciplina dettata dal riformato art. 160 l.fall., secondo la quale il proponente ha la facoltà di limitare la soddisfazione dei creditori privilegiati alla sola parte del loro credito che troverebbe capienza nell’ipotesi di liquidazione del bene gravato: tale limitazione è consentita solo per effetto di un “patto concordatario”, con la conseguenza, quindi, che qualora il piano non preveda espressamente la falcidia, si dovrà applicare la regola generale.
Il commento
Nei singoli casi concreti, il tema che può riguardare il riconoscimento del privilegio al credito per IVA di rivalsa riguarda innanzitutto la possibilità di individuare il bene sul quale la prelazione è destinata ad essere esercitata. Non vi sono difficoltà nel caso in cui si tratti di specifici beni oggetto di fornitura ed individuabili nel patrimonio del debitore, mentre le incertezze sorgono quando si tratti di beni fungibili o comunque di beni non reperibili o separabili dal resto dell’attivo; inoltre, per il caso di prestazione di servizi, spesso (ad es. per servizi professionali) non è neppure configurabile l’esistenza di beni su cui possa , mentre in altri casi (ad es. prestazioni di miglioria o riparazione di beni specifici) il privilegio può essere riconosciuto.
Per i casi nei quali il bene non sia quindi presente o individuabile nell’attivo, il dubbio riguarda quindi la possibilità stessa di qualificare il credito come privilegiato, con la conseguenza di inserirlo senza alcuna formalità tra i crediti chirografari ai fini della proposta di concordato, oppure, dovendosi riconoscere il privilegio, la necessità di rispettare i requisiti di cui all’art. 160, comma 2, l.fall. e quindi anche l’allegazione di una relazione da parte di un professionista in possesso dei requisiti ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. sul valore di realizzo del bene.
Su questo aspetto si sono succedute le decisioni di segno contrastante da parte dei giudici di merito, fino alla pronuncia della Cassazione che ha risolto il quesito nei termini sopra indicati.
Il tema non è quindi quello della falcidiabilità del credito, non trattandosi di pretesa erariale a cui possano applicarsi le esclusioni previste dall’art. 182-ter l.fall. per la transazione fiscale.
La proposta di concordato potrebbe, quindi, prevedere che il creditore per IVA di rivalsa non sia soddisfatto integralmente, purché ne sia previsto il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione del bene su cui grava il privilegio, se identificabile ma incapiente, mentre in caso di mancanza del bene potrebbe anche non essere prevista alcuna soddisfazione ulteriore rispetto a quella destinata ai chirografari, dal momento che al creditore verrebbe prospettato un livello di soddisfazione comunque superiore rispetto al valore realizzabile dalla liquidazione di un bene che, in quanto inesistente, sarebbe pari a zero.
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Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
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