Con il recentissimo decreto legge il Governo ha ulteriormente arricchito la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, consentendo al debitore di estendere l’accordo anche ai creditori bancari ed intermediari finanziari non aderenti, in due diversi contesti: a) gli accordi di moratoria temporanea nella pendenza delle trattative, e b) gli accordi veri e propri di definizione dell’esposizione debitoria.
L’ambito di applicabilità del nuovo art. 182-septies l.fall.
La nuova disciplina integrativa degli accordi di ristrutturazione dei debiti si applica esclusivamente:
L’adesione “forzosa” dei creditori all’accordo di ristrutturazione dei debiti
La nuova disciplina consente al debitore – in sede di omologazione dell’accordo – di “forzare” l’adesione delle banche non aderenti all’accordo raggiunto con un’ampia maggioranza delle banche stesse, ricorrendo le seguenti condizioni:
Le “categorie” di creditori bancari dovranno essere individuate in base agli stessi criteri (è identica l’espressione “posizione giuridica ed interessi economici omogenei”) che presiedono da un decennio alla formazione delle classi di creditori nel concordato preventivo: si potrà quindi fare riferimento all’esperienza giurisprudenziale in tema.
Tuttavia, vi sono marcate differenze rispetto al concordato sotto altri aspetti. In primo luogo, non tutti i creditori bancari devono necessariamente essere ricompresi in una “categoria”, né le “categorie” devono essere formate sin dall’avvio delle trattative con le banche: la formazione delle “categorie” infatti può avvenire anche solo in sede di stipula definitiva dell’accordo e di domanda di omologazione. Una “categoria” potrà quindi essere individuata ex post in relazione alla specifica esigenza di “forzare” l’adesione di un determinato creditore bancario, e naturalmente dovrà essere convincentemente dimostrata l’omogeneità di interessi economici e di posizione giuridica.
Ulteriore differenza è che le “categorie”, essendo previste come condizione particolare dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, devono essere condivise con le banche aderenti e non rientrano quindi in un ambito di discrezionalità o di iniziativa esclusiva del debitore proponente.
Saranno quindi congiuntamente il debitore e le banche aderenti all’accordo a dover assumere la decisione stessa di “forzare” l’adesione delle banche minoritarie: è verosimile che ciò si verifichi nella fase finale delle trattative, quando si viene a creare una situazione di stallo che, fino ad oggi, ha visto il debitore costretto a ricorrere alla domanda di concordato preventivo, con risultati in genere più sfavorevoli sia per il debitore stesso che per tutti i creditori.
La nuova disciplina è quindi tale da modificare radicalmente l’equilibrio delle posizioni negoziali nell’ambito delle trattative per la definizione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e potrà consentire una chance di successo in più ad una definizione concordata ed in bonis delle crisi aziendali.
Peraltro, non è affatto scontato che sia possibile “imporre” l’adesione a tutte le banche dissenzienti: spesso infatti la mancata adesione deriva proprio da situazioni di interesse disallineato e peculiare di alcune banche rispetto alle altre e potranno quindi darsi situazioni in cui non sarà affatto agevole dimostrare che esiste una “categoria” omogenea all’interno della quale il 75% dei crediti ha aderito all’accordo.
L’adesione “forzosa” della banca dissenziente in ogni caso produce (in deroga ai principi generali in materia contrattuale dettati dagli artt. 1372 e 1411 c.c.) gli stessi effetti dell’adesione volontaria, anche – per espressa previsione dell’art. 182-septies, secondo comma, ultimo periodo, l.fall. – ai fini del calcolo della quota del 60% dei crediti prevista come condizione di omologazione dell’accordo ai sensi dell’art. 182-bis l.fall.
Nel caso in cui il debitore intenda effettivamente estendere gli effetti dell’accordo ad alcune banche non aderenti, deve notificare a queste ultime il ricorso ai sensi dell’art. 182-bis l.fall. e la relativa documentazione: per ovvie ragioni di maggior tutela di questi creditori, solo la notificazione (e non la pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese) fa decorrere nei loro confronti il termine per l’opposizione all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione.
L’adesione “forzosa” dei creditori all’accordo di moratoria
Il legislatore è intervenuto inoltre ad integrare la disciplina della fase in cui si svolgono le trattative tra il debitore ed i creditori, offrendo uno strumento idoneo ad estendere anche alle banche non aderenti gli effetti di “una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche” (art. 182-septies, quarto comma, l.fall.).
L’estensione delle condizioni di moratoria non richiede l’intervento del Tribunale e si determina ricorrendo le seguenti condizioni:
Questa formulazione fa sorgere qualche incertezza. Non è richiesto che le banche dissenzienti siano inserite in una o più “categorie”, come parrebbe confermato anche dal fatto che l’omogeneità di posizione ed interessi che deve essere attestata dal professionista riguarda “i creditori interessati dalla moratoria” che quindi vengono considerati nel loro insieme. Sembra però così assai arduo che in concreto possa essere integrato il requisito dell’omogeneità di posizione ed interessi dei creditori bancari, posto che ogni volta in cui vi siano garanzie ipotecarie o pignoratizie il professionista non potrebbe mai attestare che vi sia una posizione giuridica assimilabile tra tutte le banche interessate. Potrebbe quindi forse prospettarsi un’interpretazione che anche in questo caso consenta di valutare l’omogeneità di posizione dei creditori all’interno di “categorie” distinte.
L’estensione di efficacia della moratoria è condizionata alla sola attestazione del professionista, ma trattandosi di effetto che deve prodursi nella sfera giuridica di soggetti terzi rispetto al debitore sembra in realtà ragionevole ritenere che sia necessaria anche la comunicazione alle banche non aderenti, a mezzo lettera raccomandata o PEC, come è previsto dall’art. 182-septies, quinto comma, l.fall. ai fini dell’opposizione da parte dei creditori a cui si estendono – senza il loro consenso – gli effetti della moratoria.
L’opposizione va proposta al Tribunale nel termine di 30 giorni dalla comunicazione. L’intervento dell’autorità giudiziaria è quindi previsto solo in via eventuale. Il Tribunale decide sulle opposizioni verificando la sussistenza delle condizioni di cui si è detto sopra: la formulazione della norma non chiarisce se il Tribunale possa esaminare nel merito il tema dell’omogeneità di posizione del creditore opponente rispetto agli altri aderenti alla moratoria, ma è ragionevole ritenere che sia così. Il decreto del Tribunale è impugnabile con reclamo alla Corte d’appello entro 15 giorni dalla comunicazione. È incerta la proponibilità del ricorso “straordinario” per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. (i cui tempi di decisione sono comunque incompatibili in linea di fatto con le esigenze di definizione della moratoria): da un lato, si tratta di situazioni di diritto soggettivo, ma gli effetti temporanei della moratoria potrebbero escludere che siano integrati effetti decisori del decreto (e quindi gli estremi per il ricorso in cassazione).
L’estensione degli effetti della moratoria determina una situazione ben diversa da quelle disciplinate dall’art. 182-bis, sesto comma, l.fall. o dall’art. 161, sesto comma, l.fall., che consentono al debitore di ottenere il divieto di avvio o prosecuzione di azioni esecutive e cautelari dei creditori, oltre ad una serie ulteriore di effetti protettivi, a seguito del deposito della domanda di concordato “con riserva” oppure di una proposta di accordo di ristrutturazione, corredate dalla documentazione richiesta. Nel caso previsto dall’art. 182-septies, quarto comma ss., l.fall. infatti saranno estesi unicamente effetti negoziali relativi ai soli creditori bancari.
In proposito, l’ultimo comma precisa che non potranno comunque essere imposte:
Potrà invece essere esteso l’obbligo di consentire l’utilizzo di beni concessi in leasing.
L’entrata in vigore
La nuova disciplina è immediatamente applicabile:
dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 83/2015, intervenuta con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale in data 27 giugno 2015.
Per ulteriori informazioni:
Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
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