Articolo a cura di Luigi Croce e Mara del Giudice
Da tempo nella prassi real estate si assiste alla diffusione di operazioni commerciali di c.d. “sale and lease back” in cui, tipicamente, un’impresa vende dietro corrispettivo un bene strumentale ad un operatore di mercato che – divenutone proprietario – lo concede in locazione al venditore stesso dietro pagamento di un canone.
Il venditore può talvolta riservarsi la facoltà, alla scadenza del rapporto di riacquistare la proprietà del bene con il pagamento di un prezzo eventualmente predeterminato, ovvero di prorogare/rinnovare il godimento continuando a pagare i canoni per un ulteriore periodo, o ancora di riconsegnare definitivamente il bene al concedente.
Obiettivo dell’operazione è normalmente una flessibilità operativa - e liquidità immediata - per l’impresa venditrice che utilizza il bene strumentale non dovendo però sopportare rischi, oneri e costi fissi (a seconda del tipo di contratto che le parti decidono di sottoscrivere) che derivano dall’esserne proprietari. In tal modo, l’impresa potrà concentrarsi maggiormente sugli aspetti strategici del proprio business e non sugli aspetti propriamente “immobiliari”.
Con la recentissima pronuncia in commento, la Corte di Cassazione[1] torna a pronunciarsi sul tema della validità del contratto di sale and lease back in rapporto al divieto di patto commissorio.
Lo scopo di questo sintetico contributo è dunque quello di fugare dubbi relativi a potenziali profili di rischio o campanelli d’allarme per l’operatore del mercato immobiliare.
Di fatto, il rischio di dar vita a un contratto di sale and lease back invalido (nullo per illiceità della causa – 1344 c.c.), non parrebbe sussistere in relazione alla fattispecie usualmente posta in essere dagli operatori del mercato immobiliare.
La giurisprudenza (anche molto recente) della Suprema Corte ha enucleato specifici presupposti essenziali (da valutare caso per caso e non contestabili in sede di scrutinio di legittimità se adeguatamente motivati) per poter considerare invalido il contratto di sale and lease back alla luce del divieto di patto commissorio, in particolare:
la sussistenza di una situazione di credito preesistente/contestuale della società acquirente/concedente del bene nei confronti dell’utilizzatrice, già proprietaria del bene stesso;
l'esistenza di condizioni di difficoltà economica della venditrice che inducano a sospettare di un approfittamento dell’acquirente-concedente;
la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente.
Normalmente, guardando alla prassi del mercato real estate, tali operazioni vengono – come anticipato – poste in essere per scopi strategici e da soggetti strutturati (non certo in un momento critico del business), in assenza di preesistenti situazioni di credito-debito tra impresa venditrice e operatore del mercato finanziario (acquirente) e, in presenza di un allineamento, normalmente certificato da un valutatore, tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente dal momento che il prezzo viene quantificato all’esito di perizie di stima condotte da soggetti esperti a ciò preposti.
Pertanto, il sale and lease back si conferma essere uno strumento efficiente e safe per le imprese che intendano realizzare operazioni come quelle sopra enucleate.
[1]Cass. Civ. sez. III, 7 ottobre 2024, n. 26225.