TAR Lazio – sentenza n. 3322 del 23 marzo 2022
Cosa è successo
Il T.A.R. Lazio ha emanato una sentenza sul ricorso proposto dal Comune di Velletri avverso il provvedimento, emanato dalla Città Metropolitana di Roma Capitale, che autorizzava la società Latina Biometano S.r.l. alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di biometano (l’”Autorizzazione”). Nello specifico, l’Autorizzazione autorizzava la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione da biometano da fonte rinnovabile (biomasse), per una portata di 510 sm3/h, con annessa digestione anaerobica e compostaggio della biomassa (tra cui: letame bovino e bufalino, separato solido di liquame bovino).
Il Comune ricorrente aveva impugnato l’Autorizzazione sotto diversi profili. Uno di essi era che il progetto di impianto avrebbe dovuto essere sottoposto alle procedure di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale (“Screening VIA”), che, invece, non era stata eseguita.
La doglianza del Comune di Velletri si basava su quanto disposto al punto 7, lett. z.b), dell’allegato IV alla parte II del Codice dell’Ambiente, secondo cui devono essere sottoposti a Screening VIA tutti gli impianti nei quali siano svolte operazioni di recupero di “rifiuti non pericolosi” con capacità di trattamento superiore a 10 t/giorno.
Va da sé che la legittimità della doglianza del Comune di Velletri, sotto questo profilo, passava dalla qualifica della biomassa utilizzata come “rifiuto”.
Ebbene, l’art. 185 del Codice dell’Ambiente afferma che “i sottoprodotti di origine animale” sono esclusi dal campo di applicazione della parte IV del Codice dell’Ambiente (Norme in materia di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati), qualora non destinati ad incenerimento, smaltimento in discarica o utilizzo in un impianto di produzione di biogas.
Tra i sottoprodotti di origine animale, rientra lo stallatico (si veda in proposito il Reg. 1069/2009 CE), definito come “gli escrementi animali e/o l’urina di animali di allevamento diversi dai pesci d’allevamento, con o senza lettiera”.
Qualora essi siano utilizzati per le finalità sopra descritte, anche ai “sottoprodotti di origine animale” si applica la parte IV del Codice dell’Ambiente. Si noti in proposito che la Corte equipara la produzione di biogas a quella di biometano.
Pertanto, nel caso di specie, si rientrerebbe nell’ambito di applicazione della parte IV del Codice dell’Ambiente, in quanto i “sottoprodotti” utilizzati sono finalizzati alla produzione di biometano.
Ciononostante, secondo il T.A.R., tale circostanza non comporta una automatica classificazione come “rifiuto”. Possono infatti esserci dei materiali che, pur rientrando nel campo di applicazione della parte IV del Codice dell’Ambiente, sono qualificabili come “sottoprodotti” (come disciplinati all’art. 184 – bis del Codice dell’Ambiente) e non come “rifiuti”.
Da tale circostanza deriva che l’impianto in oggetto non doveva necessariamente essere assoggettato a c.d. “Screening VIA” ai sensi del punto 7, lettera z.b), allegato IV alla parte II, in quanto non qualificabile come impianto nel quale si svolgono operazioni di recupero di rifiuti.
Perché è importante
Il principio espresso dal T.A.R. Lazio pare importante per due aspetti tra loro connessi. In primo luogo, la biomassa composta da effluvi animali è qualificabile come “sottoprodotto”. In secondo luogo, e di conseguenza, deriva che, pur rientrando nell’ambito di applicazione della parte IV del Codice dell’Ambiente, essi non sono qualificabili come “rifiuti”.
Da ciò deriva senz’altro una semplificazione nell’iter autorizzativo per la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di biometano alimentati da biomassa prodotta da effluvi animali. Essi, infatti, secondo la recente interpretazione del TAR Lazio, non sono assoggettati alla procedura di Screening VIA di cui al punto 7, lett. z.b), dell’allegato IV alla parte II del Codice dell’Ambiente.