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    26.04.2022

    Il venture capital punta tutto su green e digitalizzazione


    Il private capital spinge gli investimenti su transizione ecologica e innovazione tecnologica

     

    Gli investimenti in Venture Capital in Italia nel 2021 hanno toccato i 1.243 milioni dì euro (+118% rispetto ai 569 milioni di euro del 2020) con circa 334 deal (rispetto ai 111 dell'anno precedente). É quanto emerge dall'EY Venture Capital Barometer 2021, realizzato da EY. Lo studio evidenzia che i round con investimento superiore ai 20 milioni di euro sono più che raddoppiati rispetto all'anno precedente (12 round per un totale di 657 milioni di euro di investimento nel 2021, rispetto ai 6 da 245 milioni di euro del 2020), a riprova di una rinnovata fiducia degli investitori, disponibili a dare un'iniezione di capitale superiore e maggiore supporto alle realtà del Paese.

     

    «Nel 2021 abbiamo assistito a una decisa crescita del mercato del venture capital: per la prima volta gli investimenti nel venture capital italiano hanno raggiunto e superato la soglia di un miliardo di euro rispetto ai 569 milioni di euro del 2020», commenta Luca Spagna, senior manager dello studio legale e tributario di EY. «Questo fermento è riconducibile a diversi fattori: l'emergenza sanitaria ha portato alla luce nuove necessità, rimarcando il ruolo centrale delle nuove tecnologie, con le sempre più frequenti applicazioni in ambito med-tech ed energy, nonché la necessità di digitalizzazione dei processi e delle pubbliche amministrazioni. Nonostante fosse auspicabile un più spiccato interesse del legislatore per il mondo dell'innovazione, soprattutto in termini di allocazione dei fondi del Pnrr, anche gli investitori pubblici stanno dimostrando una sempre maggiore attenzione per il ruolo strategico che il venture capital può assumere, sia nel percorso di innovazione del Paese sia nella ripartenza del tessuto imprenditoriale. Un altro interessante fenomeno è quello del rinnovato interesse per l'ecosistema start-up da parte delle grandi aziende e dei sempre più diffusi family offices, i quali stanno comprendendo la necessità di innovarsi rapidamente per affrontare le sfide poste dalla tecnologia e dalla sostenibilìtà. In tale rinnovato ecosistema, si pone la necessità per l'advisor legale di comprendere le nuove sfide che sia i venture capitalist che i fondi di investimento, istituzionali o di corporate venture capital, hanno davanti a sé. L'obiettivo è quello di non farsi trovare impreparati davanti ai nuovi interrogativi aperti da blockchain, smart contract, criptovalute, artificial intelligence e realtà aumentata».

     

    Come viene valutato questo andamento del mercato dagli studi legali? «Dopo un rallentamento nei primi mesi del Covid, il venture capital ha registrato a nostro modo di vedere una importante crescita, anche trainata dagli importanti investimenti messi in campo dal Governo e dagli incentivi fiscali concessi. Notiamo in generale come si stia diffondendo in Italia sempre di più una cultura degli investimenti nel settore venture e notiamo un grande interesse da parte delle aziende ad intraprendere progetti di corporate venture capitai per favorire processi di innovazione», dice Marco Gardino partner di RP Legal & Tax. Lo studio (che ha seguito tra gli altri il gruppo Iren nel suo programma di corporate venture capital e la costituzione di Treccani Futura) ha una struttura RPVenture con 15 professionisti. «Notiamo in generale come si stia diffondendo in Italia sempre di più una cultura degli investimenti nel settore venture e notiamo un grande interesse da parte delle aziende ad intraprendere progetti di corporale venture capital per favorire processi di innovazione. A nostro modo di vedere il trend di incremento del settore venture in Italia continuerà. L'innovazione sarà chiave per Paesi come l'Italia e in tal senso gli investimenti nel venture capital possono e devono essere chiave fornire il «carburante» di tale innovazione. I settori più dinamici sono sicuramente il settore IT, internet services, life science. Notiamo però sempre di più come anche nel settore energy e mobility e in altri comparti manufatturieri tradizionali ci sia un crescente interesse e la presenza di proposte da parte di startup molto interessanti. Crediamo molto nello sviluppo del settore space - aviation, dove il nostro studio è molto forte ed ha un focus group con competenze trasversali unico nel panorama italiano.

     

    Gli fa eco Gabriele Arcuri, partner di Dla Piper: «assistiamo fondi d'investimento, società target, soci fondatori e management in operazioni di investimento in tutte le fasi di crescita della start-up, offrendo soluzioni rapide ed efficaci. Foodtech e Fintech nel 2021 hanno rappresentato quasi la metà degli investimenti in start-up italiane (per € 261,1 milioni e € 255,4 milioni). Il mondo degli Nft e del digitale è una sfida che gli operatori hanno dichiarato di voler raccogliere. E opportuno considerare che lo sviluppo del venture capital dei prossimi anni sarà influenzato dall'allocazione di parte delle ingenti risorse del Pnrr, in particolare della Missione 4 e dei relativi decreti attuativi, in favore di quelle start-up e pini che sappiano proporre soluzioni innovative nell'ambito della transizione ecologica e digitale. Sul lato legale, riuscire ad applicare al diritto societario italiano alcuni meccanismi negoziali diffusi nella prassi statunitense rappresenta una sfida fondamentale con cui ci misuriamo quotidianamente. L'assetto dei rapporti interni alla compagine sociale è una tematica cui il nuovo investitore e i soci originari prestano particolare attenzione così come la tutela del capitale investito che, spesso, viene immesso nella target al raggiungimento di determinati obiettivi condivisi. L'assistenza legale, in questi contesti si lega alle caratteristiche peculiari della società target divenendo necessario comprendere i meccanismi di funzionamento del business. La tutela dell'investimento e del disinvestimento rappresentano le due principali sfide che siamo chiamati ad affrontare: la prima, spesso, viene gestita con meccanismi che determinino un incremento dei poteri di controllo dell'investitore sugli organi della società, anche se non proporzionati al capitale investito; per la fase del disinvestimento è necessario prevedere specifici meccanismi che garantiscano, ove possibile, quantomeno il valore del capitale investito».

     

    «Non mi preoccupa la guerra ucraina e gli effetti sul settore del venture capital italiano o europeo perché il capitale per la crescita è un capitale paziente e guarda oltre le crisi», dice Andrea Messuti, partner di Lca Studio Legale, studio che ha rappresentato, tra gli altri, Cdp Ventures nella realizzazione dello schema di investimento attivo nel mondo automation, Easy Rain nel secondo round di investimento, Indaco Sgr e altri investitori nell'exit di The Data Appeal. «Il life science italiano è ancora sottostimato sotto il profilo della raccolta dei capitali, nonostante un enorme potenziali in termini di scienza e capacità dei nostri centri di ricerca (si veda Genenta Science, startup spin-off del San Raffaele quotata al Nasdaq lo scorso dicembre). La difficoltà nell'investire in life science risiede nel fatto che gli investitori devono avere conoscenze specifiche non sono finanziarie. Questo è un carente in Italia rispetto ad altri paesi europei».

     

    Sulle questioni legali Messuti taglia corto: «Rispetto a 10 anni fa, l'ecosistema italiano del venture capital è maturato. Noto, con un impatto legale significativo, che le valutazioni proposte sono molto più basse della media degli stessi competitor europei e le risorse investite (salvo rari casi che però iniziano ad avere una certa cadenza), sono più scarse. Ciò comporta due cose: valutazioni basse e molto equity detenuto da subito dai fondi comporta una perdita del controllo eccessivamente rapido dei founder. Ne consegue che quando la società intende fare un round internazionale, molti fondi esteri (Usa o Uk) pur apprezzando la tecnologia sviluppata, sono riluttanti nell'investire in società dove i founder sono già in minoranza. Sotto il profilo legale, ciò comporta la creazione di meccanismi di recupero di equity da parte dei founder abbastanza complessi e questi aspetti possono creare criticità tecniche o negoziali. L'altro aspetto, legato alle risorse investite, riguarda il loro ammontare. In altri paesi europei società attive nello stesso settore di quelle italiane al medesimo stadio di sviluppo sono valutate di più e ricevono più risorse finanziarie. Avendo una potenza di fuoco maggiore da subito possono accelerare velocemente surclassando le startup italiane che, spesso, hanno una tecnologia migliore ma risorse da calibrare con più attenzione».

     

    «I settori principali rimangono quelli tipici italiani cioè il food e il lifestyle. Stanno inoltre emergendo interessanti realtà nel settore proptech, fintech e dei servizi per le infrastrutture digitali» spiega Edoardo Canetta, partner di Chiomenti, studio che nel 2021 ha seguito varie operazioni di growth capital tra cui Casavo, Poke House, Cortilia e Miscusi. Il venture capital è un settore molto tecnico che cerca di replicare strutture di investimento di stampo americano. I temi principali sono quelli degli investimenti di minoranza, cui si aggiunge la complessità data dal numero elevato di soggetti coinvolti in ciascuna operazione».

     

    Punta con decisione sul Venture Capital anche Advant Nctm, che ha istituito il Progetto Startup@Netm, un osservatorio multidisciplinare al servizio del mercato del venture capital. «Il settore è trainato dai mercati più dinamici del fintech, biotech, foodtech e delle nuove tecnologie applicate all'intelligenza artificiale e all'energy, sempre di più cruciali per lo sviluppo e che registreranno una crescita anche nel 2022», spiega Alessia Trevisan, associato dello studio Advant Nctm. «Al contrario, necessiterebbero uno slancio la green economy ampiamente intesa (quali ambiente, energie rinnovabili, sustainability e smaltimento rifiuti) che stentano a decollare forse perché minati da un imprinting sociale ancora troppo caratterizzato dalla visione sul singolo e non sulla collettività e poche azioni concrete per raggiungere obiettivi collettivi e di lungo termine. Il venture capital però da solo non può cambiare le sorti di un Paese; per sostenere progetti infrastrutturali così importanti servirebbe una chiara presa di posizione da parte delle nostre amministrazioni e dell'Europa».

     

    «Si tratta di un fattore di crescita che, pur nelle difficoltà del mercato italiano, è cresciuto grazie agli interventi di Cdp Venture Capital Sgr che ne ha fatto un asse portante dello sviluppo economico e dell'innovazione del Paese», ricordano Annalisa Pescatori e Marco Franzini di Grimaldi. «Il pacchetto da 2,55 miliardi di euro stanziati dal Mise a seguito del decreto infrastrutture e le risorse del Pnrr, a cui si aggiungeranno altri 600 milioni di euro da parte di Cdp e nuovi investitori, saranno gestiti proprio da Cdp Venture Capital Sgr e sono per il comparto e per l'ecosistema delle imprese italiane una linfa da cui attingere. Ci sarà sempre più attenzione verso investimenti in start-up con strategia e focus aziendale sui temi della sostenibilità, per supportare il processo di modernizzazione e transizione sostenibile di aziende e filiere produttive. Una sfida per il consulente legale è la capacità e disponibilità di coniugare la richiesta di consulenza sofisticata e di significativo valore aggiunto con l'aspettativa di costi legali contenuti in considerazione della dimensione relativa sia dell'investimento complessivo che dell'enterprise value della target obiettivo d'investimento. Occorre saper trovare soluzioni adeguate tra l'impianto giuridico normativo con scelte che le start-up hanno spesso adottato in un periodo anteriore ai primi round di investimento».

     

    «Un aspetto delicato è la definizione del ruolo dei fondatori nella start-up. Sono fígure essenziali nel contesto di un'operazione: sono i veri creatori dell'idea che è alla base, sono soci rilevanti (spesso di maggioranza) e ricoprono le cariche di manager e gestori», dice Attilio Mazzilli, partner responsabile dipartimento Technology companies group di Orrick Italia (studio che nel 2021 ha seguito, tra le altre, Technogym nel suo investimento nel round di Serie A-2 da 10,25 milioni di dollari per Silofit Inc., e Neva Sgr spa, venture capital hi-tech di Intesa Sanpaolo, nel suo investimento nel round Series C da 33 milioni di euro di V-Nova). «Hanno un ruolo preminente che si aspettano di conservare nel tempo, per garantire lo sviluppo del business attraverso il supporto dei fondi messi a disposizione degli investitori. Chi investe vuole garantirsi il pieno coinvolgimento dei fondatori nel tempo ma anche avere strumenti che consentano di sostituire un fondatore, sia come socio sia come manager, nel caso si verifichino eventi negativi. Le clausole più sofisticate (anche a causa della lentezza della giustizia italiana) possono non consentire di risolvere celermente situazioni che invece appaiono palesi e in cui il fondatore diventa un peso se non addirittura un danno per l'azienda. Senza dimenticare che la normativa corporate italiana presenta talvolta rigidità cui gli investitori americani o anglosassoni non sono abituati. Talvolta gli investitori individuano in questo un ostacolo talmente insormontabile da subordinare il proprio investimento alla ridomiciliazione all'estero (in Us o Uk, ma anche in Paesi Bassi o altre giurisdizioni europee che danno maggiore flessibilità) della società prima di investire».

     

    Chi vede un 2022 decisamente positivo è Giulia Bianchi Frangipane partner e membro del Focus Team innovazione e trasformazione digitale di BonelliErede secondo la quale «stanno crescendo molto gli investimenti nelle fasi c.d. growth, che riguardano le startup più mature, ormai numerose. Questo è un ottimo segnale di come l'ecosistema italiano stia maturando, con imprese con un forte potenziale. Altri segnali incoraggianti vengono dal numero -più alto che nel passato - di c.d. «exit» che vediamo sul mercato, cioè operazioni M&A nelle quali fondatori e investitori vendono le proprie partecipazioni a un acquirente, uscendo dalla startup e realizzando un ritorno. Sono operazioni essenziali per rendere l'ecosistema attraente per gli investitori. Una volta recuperato il proprio investimento, l'investitore ha la possibilità di reinvestire, il che alimenta un ciclo virtuoso che va a beneficio dell'intero ecosistema. L'impressione è che la grande crescita del mercato vista nel 2021 si stia ulteriormente rafforzando; ci aspettiamo che gli investimenti continueranno a interessare il foodtech e fintech, che hanno dominato nel 2021.112022 potrebbe essere anche l'anno degli investimenti Esg: la sostenibilità è ormai in cima alle agende degli investitori di tutto il mondo. Un ulteriore fattore da considerare è il ruolo delle iniziative pubbliche di sostegno al venture capital: pensiamo in particolare ai fondi del Pnrr e al ruolo da protagonista che Cdp ormai gioca da tempo in questo tipo di investimenti in Italia. Parlando di diritto societario, la legislazione italiana è migliorata e oggi offre tutti gli strumenti per costruire al meglio gli investimenti, allineando gli interessi di tutte le parti coinvolte. Quello che manca è altro. Negli Usa e Uk le operazioni hanno come punti di partenza i documenti standard (term sheet, contratti, parasociali) della National Venture Capital Association e della British Venture Capital Association, che sono spontaneamente usati dagli operatori. Questo rende le negoziazioni molto pìù fluide, veloci e quindi economiche. In Italia mancano dei documenti percepiti come standard da tutti , il che rallenta le operazioni. Come BonelliErede abbiamo pubblicato un modello standard di term sheet, redatto insieme ad Aifi - Associazione italiana del private equity, Venture capital e Private debt, con l'obiettivo di imitare quanto fatto all'estero. Auspichiamo possa diventare una base di partenza utilizzata in tutte le operazioni, contribuendo a ridurne i tempi e i costi per società e investitori».

     

    Infine, secondo Federico Benincasa socio partner e Federico Restano socio equity di Weigmann Studio legale (che nel 2021 ha seguito Step4Business, una start up fintech che ha sviluppato una piattaforma digitale per l'incontro tra pini e fornitori di prodotti e servizi finanziari), «tutto ciò che è legato alla green economy ed alle life & health sciences è destinato a crescere ancora. Cresce ancora l'interesse per le piattaforme informatiche (anche per le forme di reperimento o dell'equity, attraverso gli strumenti del crowdfunding o della blockchain). Il rapporto tra i diversi investitori è sempre il tema più delicato: ogni operazione comporta la ricerca di un giusto equilibrio tra la predisposizione di strumenti contrattuali idonei a prevedere tutti i possibili scenari futuri e la necessità di mantenere le trattative agili e snelle, rifuggendo le «paludi» di discussioni infinite su aspetti talvolta marginali Insomma, bisogna trovare la giusta modulazione di regole per ogni caso».

     

     

     

    Tratto da Italia Oggi Sette

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