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    31.07.2015

    Inammissibile la modificazione migliorativa del piano e della proposta di concordato dopo l’approvazione dei creditori?


    La Corte di cassazione con la sentenza 28 aprile 2015, n. 8575 afferma il principio che nessuna modificazione al piano o alla proposta di concordato, neppure migliorativa, può essere apportata dal debitore successivamente all’esaurimento del voto dei creditori, in una fattispecie in cui peraltro la decisione può essere stata influenzata dal fatto che lo stesso debitore aveva rinunciato agli effetti dell’omologazione.

     

    Il caso

    Pur in presenza di osservazioni critiche formulate dal commissario giudiziale nella propria relazione ex art. 172 l.fall., una proposta di concordato veniva comunque approvata dai creditori con una larga maggioranza.

     

    Il debitore formulava successivamente alla chiusura della votazione un’integrazione all’originaria proposta, in senso migliorativo sia in merito alle garanzie personali offerte che alla tempestività di esecuzione del piano. Il commissario depositava quindi una relazione ex art. 180 l.fall. favorevole all’omologazione della proposta, così come modificata.

     

    Il Tribunale rigettava la domanda di omologazione, che veniva invece accolta dalla Corte d’appello in sede di reclamo.

     

     

     

    La questione

    L’attuale disciplina del concordato preventivo non prevede espressamente la facoltà di intervenire sulla proposta o sul relativo piano, successivamente all’approvazione. L’art. 175, secondo comma, l.fall. sembra peraltro escluderlo, ponendo un limite ad ogni modificazione dopo l’inizio delle operazioni di voto.

     

    D’altro canto, l’art. 179, secondo comma, l.fall. prevede che il commissario giudiziale, qualora rilevi che dopo l’approvazione sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori affinché costoro possano eventualmente modificare il proprio voto, costituendosi in sede di omologazione: secondo alcune opinioni (seguite dalla Corte d’appello con la sentenza cassata), deve essere consentito al debitore di modificare il piano o la proposta, in conseguenza delle nuova situazione sopravvenuta.

     

     

     

    La decisione della Corte

    La Cassazione ha revocato il decreto di omologazione pronunciato dal giudice di secondo grado, assumendo una posizione di netta chiusura nei confronti di qualsiasi modificazione, anche se migliorativa rispetto alla proposta od al piano già approvati dai creditori.

     

    Secondo la Corte, le variazioni del piano, anche se non comportano un mutamento della percentuale di soddisfacimento, ma solo delle modalità di attuazione e quindi sulla fattibilità economica del concordato, rendono sempre necessario che i creditori ne siano pienamente informati prima del voto: pertanto, le modifiche alla proposta di concordato di portata non trascurabile e tali da implicare una trasformazione del piano “configurano una revoca della proposta originaria la quale, benché approvata dai creditori, non può essere posta a base del provvedimento di omologazione”.

     

    La Corte, quindi, decidendo nel merito, ha rigettato il reclamo confermando così il rigetto dell’omologazione.

     

    Il commento

    La decisione della Corte appare difficilmente giustificabile in una prospettiva generale, considerato che nell’interpretazione ed applicazione delle norme in tema di concordato preventivo deve comunque prevalere il perseguimento dell’interesse dei creditori. Un miglioramento della proposta o del piano già approvati dai creditori non può razionalmente condurre al rigetto dell’omologazione. Del resto in questo senso si era già espressa la stessa Corte di cassazione con la sentenza 18 giugno 1992, n. 7557: oggi i giudici di legittimità si discostano dal precedente, motivando nel senso che la modificabilità della proposta (in precedenza non prevista) è stata riconosciuta dalla riforma, ma con il limite temporale legato all’inizio delle operazioni di voto. La Cassazione ritiene che tale limite risponda “al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso”: ciò tuttavia non può giustificare un’indiscriminata chiusura a modificazioni migliorative, che sono evidentemente rivolte a rendere più solida la fattibilità o convenienza del piano in prospettiva di possibili opposizioni da parte di creditori dissenzienti e quindi di una possibile valutazione sul punto da parte del Tribunale in sede di omologazione.

     

    Il punto è, peraltro, che le integrazioni della proposta in questo contesto vengono formulate generalmente a seguito di scostamenti peggiorativi rispetto alle originarie previsioni di piano, tali da mettere in pericolo l’attuabilità della proposta approvata dai creditori. In proposito, la disposizione dell’art. 179, secondo comma, l.fall. sopra richiamata consente una sorta di “riapertura” della votazione in conseguenza di sopravvenienze sfavorevoli nella prospettiva dei creditori, che possono quindi modificare le determinazioni già assunte sulla base delle precedenti informazioni acquisite. Ma se il voto si “riapre”, essendo consentito ai creditori di modificarlo, deve anche essere consentito al debitore di modificare ed integrare la proposta od il piano, al fine di indurre i creditori a non modificare appunto il proprio voto già espresso. Anche sotto questo profilo, quindi, la motivazione della Cassazione non è affatto persuasiva.

     

    Nel caso di specie, i rilevi critici del commissario erano stati svolti prima dell’adunanza dei creditori e non si trattava di circostanze sopravvenute, ma le modificazioni introdotte dovevano essere ritenute comunque ammissibili in quanto meramente migliorative. In verità, l’impossibilità di dare esecuzione al piano era emersa durante il giudizio di cassazione e ciò aveva indotto la società debitrice a rinunciare agli effetti dell’omologazione. Verosimilmente, è in relazione a questa situazione che i giudici di legittimità hanno negato l’omologazione, anche se sarebbe stato più corretto dare atto della rinuncia piuttosto che enunciare principi di diritto suscettibili di applicazione generale.

     

    Resta comunque da stabilire quale sia la soglia minima di applicabilità dei principi oggi affermati dalla Cassazione: in altri termini, quali modifiche siano da considerarsi sufficientemente rilevanti da determinare un ostacolo all’omologazione ? Non sembra che tale disciplina si applichi al caso di meri fatti sopravvenuti (ad esempio, rinuncia al privilegio da parte di alcuni creditori) che determinino una modificazione delle percentuali attese di soddisfacimento dei creditori.

     

    Infine, va segnalato che le valutazioni che precedono non sono destinate a cambiare a seguito delle recentissime novità introdotte dal d.l. n. 83/2015, in corso di conversione in legge. Il secondo comma dell’art. 172 l.fall. nella nuova formulazione si limita infatti ad anticipare il limite per la modificazione a quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori, in relazione alla nuova disciplina che consente ai creditori di formulare eventualmente proposte concorrenti rispetto a quella del debitore.

     

     

     

     

     

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    Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com

     

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