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    13.01.2025

    La sorte delle opere edilizie incomplete all'esame dell'Adunanza Plenaria


    La sorte delle opere edilizie incomplete all’esame dell’Adunanza Plenaria

    Nel marzo dello scorso anno, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 2228/2024, ha affrontato una problematica di grande rilevanza nel diritto urbanistico: quale disciplina si applica alle opere edilizie eseguite in virtù di un permesso di costruire decaduto? 

    La questione, caratterizzata da orientamenti giurisprudenziali divergenti, è stata rimessa all’Adunanza Plenaria, che - con la decisione 14/2024 - ha fornito importanti chiarimenti.

     

    Il caso

    Il caso sottoposto all’Adunanza Plenaria trae origine da una vicenda molto complessa: nel 2010 veniva rilasciato un permesso di costruire per la realizzazione di un’autorimessa interrata. 

    A seguito di un esposto, veniva avviata un’indagine penale, sfociata in una sentenza contenente, tra l’altro, la condanna dei commissari ad acta che avevano rilasciato il permesso di costruire e la valutazione di “assoluta e macroscopica illegittimità del permesso di costruire”.

    Successivamente, il Comune di Sorrento notificava al proprietario del fondo e all’impresa esecutrice il provvedimento (non impugnato) di presa d’atto della decadenza del permesso di costruire 2010, per lo spirare del termine di ultimazione dei lavori.

    In seguito, il Comune ordinava, ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), “il ripristino dello stato dei luoghi per come risultante in via antecedente all’esecuzione delle opere parzialmente eseguite in forza del permesso di costruire”, ritenendo peraltro che la decadenza del permesso di costruire “assorbe ogni immediata valutazione in ordine alla legittimità del permesso di costruire”.

    Il provvedimento veniva impugnato dai proprietari e dall’impresa esecutrice davanti al TAR Campania, sostenendo che le opere, essendo state eseguite in conformità a un permesso valido al momento della loro realizzazione, non potessero essere considerate abusive. Il TAR Campania confermava la legittimità dell’ordine di demolizione, ritenendo che le opere incomplete risultassero incompatibili con le normative urbanistiche. 

     

    Il quesito e le posizioni della giuridprudenza

    La domanda centrale sottoposta all’Adunanza Plenaria era: quale disciplina si applica alle opere parzialmente realizzate in forza di un titolo edilizio decaduto e non completate attraverso un nuovo permesso?

    La normativa di riferimento è contenuta nell’art. 15 del Testo Unico Edilizia, che stabilisce la durata limitata dei permessi di costruire, con decadenza automatica per le opere non ultimate entro i termini[1].

    Testualmente, in base all’articolo 15 del Testo Unico Edilizia, “(…) il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari. (…)

    3. La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività (…)

    4. Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”.

    Dunque, quale sorte spetta alle opere realizzate in forza di un permesso decaduto?

    Due le posizioni della giurisprudenza:

    • tesi conservativa: le opere realizzate in conformità a un permesso valido non possono essere considerate abusive, anche se il titolo è decaduto: la decadenza del permesso di costruire opera ex nunc, preservando la legittimità delle opere già costruite[2];

    • tesi demolitoria: le opere incompiute e prive di funzionalità autonoma devono essere considerate abusive, poiché la decadenza del titolo ne rende illegittima la permanenza[3].

       

    La sentenza dell’Adunanza Plenaria

    L’Adunanza Plenaria, con una decisione articolata, pur riconoscendo la validità di alcuni argomenti della tesi conservativa, ha stabilito criteri chiari per distinguere le situazioni, sottolineando che:

    • nel caso di costruzioni prive di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire;

    • – qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate – devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali – necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire;

      1. qualora le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 del T.U.;

    • è fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del T.U. nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile – di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica”.

    L’Adunanza Plenaria ha sottolineato alcuni principi fondamentali:

    • conformità al progetto: la realizzazione delle opere deve rispettare rigorosamente il progetto approvato. Le costruzioni parziali che si discostano dal titolo sono da considerarsi abusive;

    • tutela del territorio: la sentenza evidenzia l’importanza di preservare l’integrità paesaggistica e urbanistica, evitando la permanenza di manufatti incompleti e deturpanti;

    • tempus regit actum: i nuovi permessi devono rispettare le norme urbanistiche vigenti al momento del rilascio, garantendo un adeguato controllo sull’evoluzione del territorio.
       


    [1] La recente pubblicazione del decreto “Milleproroghe 2025” (D.L. 202/2024, GU n. 302 del 27 dicembre) ha ulteriormente esteso i termini per l’inizio e la fine dei lavori edilizi, già oggetto di precedenti proroghe a partire dal D.L. 21/2022 (Decreto Ucraina). Il decreto prevede un differimento di 36 mesi per:

    • termini di inizio e fine lavori relativi a SCIA e permessi di costruire rilasciati o formati fino al 31 dicembre 2024.
    • validità di convenzioni urbanistiche (ad esempio, lottizzazioni) e dei relativi piani attuativi, purché non in contrasto con nuovi strumenti urbanistici o vincoli di tutela ambientale e culturale.

    La proroga non è automatica: il soggetto interessato deve presentare una comunicazione ufficiale per avvalersi della misura. La proroga è subordinata alla verifica di alcuni requisiti:

    • i titoli edilizi non devono essere già scaduti al momento della comunicazione.
    • non devono sussistere incompatibilità con nuovi strumenti urbanistici o vincoli paesaggistici e culturali.
    • la misura si applica anche a SCIA e autorizzazioni paesaggistiche (ordinarie e semplificate) già prorogate secondo disposizioni precedenti, come il regime straordinario del D.L. 69/2013 e le norme emergenziali della L. 27/2020.

     

    [2] Cfr. Cons. Stato 5258/2022; Cons. Stato 5588/2019.

    [3] Cfr. Cons. Stato 8605/2019; Cons. Stato 10291/2023. 

     

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