La tua ricerca

    29.05.2015

    Le società “in house providing” sono soggette al fallimento?


    Due recenti sentenze del Tribunale di Reggio Emilia (18 dicembre 2014) e del Tribunale di Palermo (13 ottobre 2014) hanno aderito all’orientamento della Cassazione secondo cui le società c.d. “in mano pubblica” sono assoggettabili al fallimento, anche nell’ipotesi in cui tali società forniscano servizi “in house”.

     

    Il caso

    La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha chiesto la dichiarazione di fallimento di una s.p.a. operante nel settore della gestione integrata dei rifiuti, in liquidazione ed in stato di insolvenza.

     

    La società debitrice ha eccepito la carenza del requisito soggettivo del fallimento, in quanto avrebbe dovuto essere considerata alla stregua di un “ente pubblico” e, come tale, godere dell’esenzione dal fallimento ai sensi degli artt. 1 l.fall. e 2221 c.c.

     

    Il Tribunale di Reggio Emilia si è invece a trovato a decidere in ordine all’istanza di fallimento in proprio di una s.r.l. operante nel settore immobiliare, avente “la finalità di tutelare il patrimonio immobiliare storico e artistico del territorio della provincia di Reggio Emilia”.

     

    La questione

    Si è dunque posto ai giudici di merito il seguente interrogativo: se le società c.d. “in mano pubblica” – e, in particolare, quelle qualificabili come “in house” – possano essere considerate alla stregua di “enti pubblici” e, come tali, essere sottratte alla declaratoria di fallimento (o, se del caso, alla procedura di amministrazione straordinaria).

     

    Secondo la giurisprudenza, la qualifica di “in house” si fonda sulla sussistenza di tre requisiti (a. la “natura esclusivamente pubblica dei soci”; b. l’“esercizio dell’attività in prevalenza a favore dei soci stessi”; c. la “sottoposizione ad un controllo corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici”: c.d. “controllo analogo”), che devono (i) sussistere cumulativamente e (ii) trovare fondamento in precise ed inderogabili disposizioni statutarie; di tali requisiti è necessario il rigoroso accertamento nel singolo caso concreto.

     

    La decisione

    Il Tribunale di Palermo ed il Tribunale di Reggio Emilia hanno fornito all’interrogativo risposta negativa. Essi hanno infatti evidenziato:

    • per un verso – sulla base dell’insegnamento di Cass., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283 – che l’attribuzione della qualificazione di “in house” ad una società c.d. “in mano pubblica” ha effettivamente una ripercussione sul riparto di giurisdizione in tema di responsabilità degli organi sociali per i danni cagionati al suo patrimonio, giurisdizione che spetta alla Corte dei Conti e non al giudice ordinario; ma
    • per altro verso – sulla base di un precedente di merito (Trib. Modena, 10 gennaio 2014) – che la suddetta qualificazione non presenta alcuna ricaduta sull’assoggettamento alle procedure concorsuali, con la conseguenza che persino la società “in house” resta assoggettabile al fallimento.

    Le due decisioni hanno sottolineato come l’insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 26283/2013 abbia soltanto una “valenza settoriale”, non potendo essere esteso al di là dei confini del tema del riparto della giurisdizione.

     

    Entrambe le pronunce – pur escludendo, in linea di principio, la fallibilità delle società “in house” – hanno escluso la sussistenza di tale fattispecie nei due casi concreti esaminati.

     

    In particolare, il Tribunale di Palermo – dopo aver rilevato che l’onere della prova in merito alla qualificazione della società come “in house” spetta alla debitrice – ha osservato come non emergesse la presenza del requisito del c.d. “controllo analogo”.

     

    Il Tribunale di Reggio Emilia, invece, ha notato che le attività ricomprese nell’oggetto sociale della debitrice si caratterizzavano per essere comunemente svolte da imprese che gestiscono patrimoni immobiliari e che, di conseguenza, non si sarebbe potuto rinvenire la gestione di un servizio pubblico essenziale.

     

    Il commento

    Gli artt. 2221 c.c. e 1 l.fall. escludono dall’area di fallibilità “gli enti pubblici”, ma non sembrano ostacolare in alcun modo il fallimento delle società c.d. “in mano pubblica” che svolgano effettivamente attività di impresa.

     

    Nonostante l’apparente chiarezza del dettato normativo, una parte consistente della giurisprudenza di merito (fra le altre: Trib. Napoli, 31 ottobre 2012; Trib. Napoli, 24 ottobre 2012; App. Genova, 2 febbraio 2012; Trib. Catania, 26 marzo 2010; App. Torino, 15 febbraio 2010; Trib. S.M. Capua Vetere, 22 luglio 2009; Trib. S.M. Capua Vetere, 9 gennaio 2009) ha recentemente prospettato la tesi secondo cui anche tali società potrebbero essere qualificate come “enti pubblici” e, quindi, arrivare a beneficiare dell’esenzione dal fallimento.

     

    Questa interpretazione fa leva sul principio di prevalenza della sostanza sulla forma: in presenza di alcuni “indici sintomatici” (in primis, lo svolgimento di un servizio pubblico essenziale) bisognerebbe cioè far prevalere, in sede di qualificazione della fattispecie, la sostanza dell’“ente pubblico” sulla forma privatistica utilizzata nel caso concreto (società di capitali).

     

    La tesi è contrastata da altra parte della giurisprudenza di merito (App. Napoli, 27 maggio 2013, n. 346; App. Napoli, 24 aprile 2013, n. 57; App. Napoli, 15 luglio 2009) e dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 27 settembre 2013, n. 22209, che ha superato alcune ambiguità sul punto manifestate da Cass. 6 dicembre 2012, n. 21991).

     

    La tesi della Corte di Cassazione si fonda su vari argomenti, tra cui: (i) il principio di prevalenza della sostanza sulla forma contrasterebbe con la regola generale di cui all’art. 4 l. n. 70/1975, secondo cui “nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”; (ii) il rilievo che le società che operano nel settore dei servizi pubblici essenziali sono sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, con la sola variante costituita da specifiche norme volte ad assicurare che esse non subiscano interruzioni: sarebbe quindi incoerente un sistema che esonerasse dal fallimento i gestori di servizi pubblici essenziali che non raggiungono le soglie dimensionali necessarie per accedere a quella di amministrazione straordinaria.

     

    La riconducibilità delle c.d. “società in mano pubblica” nell’area di fallibilità deve tuttavia misurarsi con un recente nuovo indirizzo della giurisprudenza di merito (fra le altre: Trib. Nola, 30 gennaio 2014; Trib. Napoli, 9 gennaio 2014; Trib. Verona, 19 dicembre 2013), secondo il quale sarebbe comunque esonerata dal fallimento quella particolare specie di società “in mano pubblica” qualificabile come “in house”.

     

    Tale nuovo indirizzo giurisprudenziale tenta di allinearsi alla giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di giurisdizione sull’azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali per i danni cagionati al patrimonio della società, la quale – se trattasi di società “in house” – assegna la giurisdizione alla Corte dei Conti, anziché al giudice ordinario (v., ad es., Cass., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283; Cass., Sez. Un., 10 marzo 2014, n. 5491).

     

    Come si è osservato sopra, i Tribunali di Palermo e di Reggio Emilia hanno tuttavia aderito all’orientamento contrapposto, secondo il quale nemmeno le società “in house” possono ritenersi a certe condizioni esenti dal fallimento, ponendosi così in linea ad altre pronunce di merito (ed in particolare con Trib. Modena, 10 gennaio 2014, in tema di ammissione alla procedura di concordato preventivo).

     

     

     

     

     

    Per ulteriori informazioni:

     

    Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com

     

    Per ricevere la nostra newsletter restructuring scrivete a: restructuring@advant-nctm.com

    Il correttivo al Codice della Crisi: novità per i creditori bancari
    14 novembre 202409.00 - 17.30Webinar Fabio Marelli parteciperà come relatore al…
    Approfondisci
    Le principali novità del Correttivo-ter al codice della crisi
    Articolo a cura di Fabio Marelli
    Approfondisci
    Concordato preventivo con assuntore - Procedura competitiva
    Nel concordato che prevede il trasferimento dell’attivo a un assuntore, in relazione al trasferimento dell’azienda non è necessario attivare la procedura competitiva di cui all’art. 91 CCII, che si applica…
    Approfondisci
    Composizione negoziata – proroga della composizione negoziata su istanza delle parti
    Al fine della proroga per ulteriori 180 giorni della composizione negoziata della crisi su richiesta di “tutte le parti” e con il consenso dell’Esperto, ex art. 17 co. 7 CCII, l’espressione “tutte” deve in…
    Approfondisci
    Concordato preventivo – privilegio MCC in qualità di contro-garante
    Il Tribunale di Verona ha riconosciuto la natura privilegiata del credito applicando estensivamente la previsione di legge anche al caso in cui MCC non garantisca direttamente la banca erogatrice del finan…
    Approfondisci
    Concordato preventivo – Classamento dei crediti bancari garantiti SACE/MCC
    Il Tribunale di Treviso ha ritenuto corretto il classamento del credito del fondo pubblico in privilegio con riserva, alla luce dell’orientamento di legittimità che ritiene sorto il credito privilegiato di…
    Approfondisci
    Accordi di ristrutturazione 57 CCII – Vale l’accettazione tardiva degli Enti
    L’espresso consenso (o dissenso), trasmesso dagli Enti titolari di crediti fiscali e contributivi destinatari di proposta di trattamento, prima del decorso del termine di 90 giorni indicato dall’art. 63, c…
    Approfondisci
    Concordato semplificato: efficacia preclusiva della relazione negativa dell’esperto
    La Corte ha confermato il rigetto dell’omologa del concordato semplificato, a causa della relazione finale negativa dell’Esperto, ritenendo che la relazione positiva sia requisito imprescindibile per l’omo…
    Approfondisci
    Accordi di ristrutturazione - Vale l'accettazione tardiva degli Enti
    L’adesione degli Enti titolari di crediti fiscali e contributivi, destinatari di proposta di trattamento, vale quale adesione consensuale spontanea, sebbene intervenuta oltre il termine di novanta giorni i…
    Approfondisci