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    10.11.2016

    L’esercizio del diritto di recesso tra ius variandi e clausole di indicizzazione nel settore delle comunicazioni elettroniche: la giurisprudenza della CGUE


    […] una modifica delle tariffe di una prestazione di servizi relativi alle reti o di servizi di comunicazione elettronica, derivante dall’applicazione di una clausola di adeguamento delle tariffe contenuta nelle condizioni generali di contratto applicate da un’impresa che fornisce tali servizi, […] qualora preveda un tale adeguamento in base a un indice oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico, non costituisce una «modifica delle condizioni contrattuali» che, ai sensi di tale disposizione, conferisce all’abbonato il diritto di recedere dal contratto senza penali.”.

    - Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta Sezione, sentenza 26 novembre 2015, causa C-326/14 -

    1. La fattispecie

    Un’associazione di consumatori austriaca (di seguito, l’“Associazione”) intentava un procedimento inibitorio nei confronti di una delle più grandi imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica per far espungere dalle condizioni generali di contratto praticate una clausola c.d. di indicizzazione - che escludeva il diritto di recesso in via straordinaria a fronte di modifiche tariffarie attuate in base alla clausola di indicizzazione stessa - per presunta violazione dell’art. 20 della direttiva n. 22/2002 CE[1] (di seguito, la “Direttiva”).

     

    Le condizioni generali di contratto stabilivano infatti che, nel caso in cui nelle disposizioni relative alle tariffe fosse stata prevista un’indicizzazione, l’operatore avrebbe avuto il diritto di incrementare o diminuire le tariffe per l’anno di calendario successivo, in misura corrispondente all’aumento o alla diminuzione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo.

     

    Tali condizioni generali di contratto escludevano, inoltre, espressamente il diritto di recesso in capo al consumatore in quanto le modifiche tariffarie sarebbero state fondate su un indice concordato.

     

     

    1. La questione pregiudiziale

    La Corte di Cassazione austriaca rimetteva la questione giuridica al giudice europeo, formulando la seguente questione pregiudiziale: “se il diritto di recedere dal contratto, senza penali, all’atto della notifica di modifiche delle condizioni contrattuali, conferito all’abbonato dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2002/22, debba essere riconosciuto anche nel caso in cui un adeguamento delle tariffe discenda dalle condizioni contrattuali le quali prevedono, già al momento della conclusione del contratto, che possa verificarsi in futuro un adeguamento delle tariffe (in aumento o in diminuzione) in misura corrispondente alle variazioni di un indice oggettivo dei prezzi al consumo, che rappresenta l’andamento del valore monetario”.

     

    In via preliminare, occorre ricordare che la Direttiva mira a istituire un quadro normativo armonizzato che garantisca, nel settore della comunicazione elettronica, la prestazione di un servizio universale, ossia la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali ad un prezzo ragionevole. Secondo l’articolo 1, paragrafo 1, della Direttiva, uno degli scopi della medesima consiste nel garantire la disponibilità, in tutta l’Unione Europea, di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelta effettive.

     

    In tale contesto, l’articolo 20, paragrafo 1, lettera d), della Direttiva prevede che il contratto indichi  in modo chiaro, dettagliato e facilmente comprensibile, il dettaglio dei prezzi e delle tariffe vigenti, comprese le modalità secondo le quali possono essere ottenute informazioni aggiornate in merito alle tariffe applicabili e ai costi di manutenzione. Inoltre, ai sensi del paragrafo 4 del medesimo articolo: “gli abbonati hanno il diritto di recedere dal contratto, senza penali, all'atto della notifica di proposte di modifiche delle condizioni contrattuali. Gli abbonati sono informati con adeguato preavviso, non inferiore a un mese, di tali eventuali modifiche e sono informati nel contempo del loro diritto di recedere dal contratto, senza penali, qualora non accettino le nuove condizioni”.

     

     

    1. La decisione della CGUE

    Secondo i giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’interesse perseguito dalla Direttiva non è tanto quello di consentire al contraente (sia esso consumatore o professionista) di opporsi a una qualsiasi modifica delle condizioni contrattuali attuata dall’operatore, bensì quello di garantire al contraente la possibilità di ricevere fin dall’inizio – i.e. dalla stipulazione del contratto – ogni informazione utile e necessaria per avere consapevolezza dei termini e delle condizioni contrattuali e di poter reagire, mediante il recesso, a modifiche di quanto in precedenza concordato.

     

    Ciò che vuol essere evitato non è la modifica del contratto, bensì la modifica ‘‘a sorpresa’’ del contratto.

     

    Con riferimento alle clausole di indicizzazione del prezzo o della tariffa, quindi, ciò che conta è che esse siano predeterminate e rese note al contraente fin dal momento della stipulazione del contratto, nel rispetto dei principi di trasparenza e chiarezza enunciati al considerando 49 della Direttiva.

     

    Pertanto, se l’operatore ha posto in essere tutto quanto necessario a garantire un’adeguata informazione del contraente in fase di sottoscrizione del contratto, non vi è necessità di riconoscere al contraente medesimo  alcun diritto di recesso  in quanto lo stesso era consapevole fin dall’inizio di sottoscrivere un contratto che prevedeva tariffe determinato, ma suscettibili di variazioni sulla base di un indice predeterminato e conosciuto.

     

    La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha quindi escluso che la modifica della tariffa o del prezzo del servizio derivante dall’applicazione di una c.d. clausola di indicizzazione contenuta, fin dall’inizio, nelle condizioni generali di contratto possa costituire una ‘‘modifica delle condizioni contrattuali’’ ai sensi dell’art. 20 della Direttiva, e ha pertanto deciso che in tale fattispecie l’abbonato non è legittimato al recesso.

     

     

     

    Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto.

     

     

     

    Per ulteriori informazioni contattare Francesca Angelilli, francesca.angelilli@advant-nctm.com

     

     

     

    [1] “Gli Stati Membri provvedono affinchè gli abbonati abbiano il diritto di recedere dal contratto, senza penali, all’atto della notifica di modifiche delle condizioni contrattuali proposte dalle imprese che forniscono reti e/o servizi di comunicazione elettronica. Gli abbonati sono informati con adeguato preavviso, non inferiore a un mese, di tali eventuali modifiche e, al contempo, sono informati del diritto di recedere dal contratto, senza penali, se non accettano le nuove condizioni. Gli Stati Membri provvedono affinchè le autorità nazionali di regolamentazione possano specificare la forma di tali notifiche”.

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