Un recente provvedimento dell’Autorità Portuale di Genova porta a interrogarsi sui confini di discrezionalità che l’Autorità ha in relazione alla “concessione portuale” ed ai servizi offerti dal terminalista.
Il fatto è il seguente: un operatore terminalista, titolare di concessione con scopo movimentazione merci e regolare autorizzazione ex art. 16 L.84/94 svolge prevalentemente attività di riparazione, stoccaggio e movimentazione di container vuoti, oltre che, in misura ridotta, la movimentazione di container pieni. L'Autorità Portuale di Genova, a un certo punto, ha concesso il rinnovo della concessione eliminando lo scopo di movimentazione merci e ha revocato l’autorizzazione ex art. 16 L.84/94 sulla base delle considerazioni che: i) l'attività di riparazione, stoccaggio e movimentazione di container vuoti non può essere considerata quale attività rientrante nel ciclo delle operazioni portuali; ii) la movimentazione di container pieni veniva effettuata dal terminalista in questione in misura eccessivamente ridotta e/o non veniva effettuata per nulla; iii) la movimentazione di container “vuoti” non può essere considerata quale movimentazione di merci ai sensi dell’art. 16 L.84/94.
Il Provvedimento dell'Autorità Portuale di Genova appena menzionato rappresenta un precedente unico e insolito.
Difatti, da un lato, è la prima volta, a memoria di chi scrive, che un'Autorità Portuale ritiene che i contenitori “vuoti” non facciano parte del ciclo delle operazioni portuali. Peraltro, nella realtà portuale italiana, le imprese che effettuano riparazione, movimentazione e stoccaggio di container vuoti sono operatori terminalisti che all’interno delle proprie attività, trattano anche dei “vuoti”. D’altra parte, è di immediata percezione lo stretto collegamento funzionale tra il porto e le operazioni sui container “pieni” e l’attività relativa ai “vuoti”, per l’appunto funzionale e strettamente collegata alla prima.
Detto ciò, si deve prendere atto di tale orientamento da parte dell’Autorità Portuale di Genova, che potrebbe avere un considerevole impatto sul mercato dei servizi portuali. Se infatti l’attività dei “vuoti” non è più considerata quale parte del ciclo portuale, non è più riservata alle imprese terminaliste, ma qualunque altra impresa estranea alla organizzazione portuale potrà svolgerla e quindi mettersi in concorrenza con gli operatori portuali autorizzati.
In secondo luogo, l’Autorità Portuale di Genova ha ritenuto di poter entrare nel merito della specifica attività svolta dall’operatore terminalista nella concessione portuale. Valutando che l’operatore in questione non effettuava attività di movimentazione di container pieni (o la effettuava in misura marginale), l’Autorità Portuale ha ritenuto di poter revocare l’autorizzazione ex art. 16 L. 84/94.
Anche in relazione a questo profilo, il provvedimento dell’Autorità Portuale risulta peculiare. Tanto più, se si considera il fatto che l’operatore portuale pareva che svolgesse prevalentemente la movimentazione dei “vuoti”, ma stava iniziando a svolgere anche l’attività di movimentazione dei “pieni”(peraltro, lo sviluppo di tale attività era rallentato da alcuni limiti imposti dalla stessa Autorità Portuale, quali, ad esempio l’altezza del tiro cui potevano essere stoccati i container). Inoltre, è opportuno notare che l’Autorità Portuale di Genova ha ritenuto che la movimentazione di container “vuoti” non è da considerarsi quale attività di movimentazione di merci ai sensi dell’art. 16 L. 84/94.
Con la revoca dell’autorizzazione ex art. 16 L. 84/94 e l’eliminazione dello scopo di movimentazione merci nella concessione, l’Autorità Portuale ha sostanzialmente ridotto l’offerta di servizi di terminal che l’impresa voleva fornire al mercato.
Il provvedimento dell’Autorità Portuale di Genova mostra come alcune Autorità Portuali, abbandonando la loro tipica funzione di gestore del porto, ritengono di poter entrare nel merito delle attività svolte dai singoli operatori portuali. In quest’ottica, la concessione portuale non è immutabile, ma può essere modificata da parte dell’Autorità Portuale, anche sotto il profilo dei servizi offerti dall’operatore portuale.
Questa impostazione naturalmente porta con sé delle criticità, soprattutto con riferimento alle regole nazionali e comunitarie in tema di libertà d’impresa e, in particolare, con riferimento alla normativa antitrust. Difatti, quale gestore di un’infrastruttura essenziale, l’Autorità Portuale ha normalmente il compito di regolarne il funzionamento e il corretto utilizzo, curando gli investimenti necessari al buon funzionamento del porto. Rimane l’interrogativo se per promuovere l’efficienza e il corretto funzionamento del porto l’Autorità Portuale possa intervenire anche nel merito dell’attività svolta dal terminalista. L’Autorità Portuale di Genova ha risposto di sì a questo interrogativo. Al contrario, una lettura “forte” dei diritti di libertà di impresa potrebbe giustificare l’affermazione che gli operatori portuali, una volta ottenuta la concessione, dovrebbero essere liberi di sviluppare la propria attività come meglio credono, secondo le proprie capacità commerciali e in relazione alle tipologie di domanda di servizi portuali presenti nel mercato. Il Trattato UE tutela questi interessi e, in particolare, stabilisce che non può essere limitato o escluso l’accesso a un mercato, anche quando tale accesso sia potenziale e non attuale (cioè quando, come nel caso di specie, l’operatore portuale non effettua in modo completo una certa attività, ma si sta organizzando per svilupparla ed espandersi in tale attività).
Il provvedimento è stato impugnato e attualmente è in corso una causa. Vi terremo aggiornati in relazione agli sviluppi della vicenda.