Nel precedente numero dello Shipping & Transport Bulletin abbiamo fatto riferimento alla recen- te apertura di un’indagine, da parte della Commissione Europea, su presunti aiuti di Stato resi dall’Autorità Portuale di Anversa a favore di PSA Antwerp e Antwerp Gateway (i due maggiori operatori di terminal container del porto di Anversa).
Visto il grande interesse registrato in merito alla notizia, precisiamo che, in sintesi, la condotta
«anomala» dell’Autorità Portuale si è sostanziata (i) nella revisione in riduzione e con effetti re- troattivi degli obiettivi di traffico declinati nel programma stesso (con conseguente riduzione del- la quantificazione della penale a carico del terminalista); e (ii) nella rinuncia all’incasso della pena- le comunque ridotta a seguito di quanto supra (i).
Come visto, nel caso di specie la Commissione ha prospettato la violazione dell’art. 107 TFUE1, equiparando la rinuncia della parte pubblica al pagamento dovuto da una parte privata alla da- zione tout court di un beneficio economico a favore del privato. La ritenuta ingiustificabilità del beneficio e l’effetto distorsivo che ne deriva in danno delle dinamiche concorrenziali fa scattare la violazione (ed infatti non a caso la denuncia è partita da una impresa concorrente).
Come noto, la giustificazione oggettiva di qualsiasi beneficio selettivamente concesso ad una im- presa, passa attraverso la verifica, da parte della Commissione, del rispetto del cd. «principio dell’investitore privato». Non vi sarà aiuto pubblico quando il comportamento dello Stato risulti analogo a quello che, in condizioni simili, sarebbe stato tenuto dall’operatore privato nelle nor- mali condizioni di una economia di mercato.
1 Ai sensi dell’art. 107 TFUE «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».
Insomma, la Commissione dovrà appurare se e in che termini le valutazioni economiche poste al- la base della revisione retroattiva degli obiettivi di traffico delle imprese terminalistiche (e la rela- tiva riduzione della penale) posta in essere dall’Autorità Portuale di Anversa sarebbero state ef- fettuate anche da un investitore privato secondo le regole del mercato, e non discendano invece da considerazioni di altra natura, in potenziale contrasto con l’interesse generale.
Come accennavamo nel nostro precedente contributo, la decisione che sarà presa dalla Commis- sione è destinata ad avere più di un effetto, non solo nel cluster portuale Europeo, ma anche in quello nazionale.
Infatti, nell’ordinamento italiano, gli articoli 18, co. 9, della L. 84/1994 e 47 del codice della navi- gazione non ricollegano al mancato rispetto del programma di attività il semplice pagamento di una penale.
In particolare l’art. 18, L. 84/1994 prevede la ben più grave sanzione della revoca dell’atto con- cessorio, mentre l’art. 47 cod. nav. stabilisce la decadenza per cattivo uso o mancato adempi- mento degli obblighi derivanti dalla concessione; sicché, ricorrendone i presupposti (ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di traffico), la mancata disposizione della revoca della concessione o della decadenza dalla stessa potrebbe costituire un aiuto di Stato sanzionabile.
Non si tratta di una questione di poco conto: infatti, sebbene annualmente le Autorità Portuali procedano ad una verifica dei dati di traffico dei terminalisti, finora non risulta che il mancato ri- spetto degli obiettivi del programma di attività sia mai stato oggetto di sanzione.
In effetti, come emerge dalla prassi, possono esservi ragioni oggettive suscettibili di giustificare il mancato rispetto degli obiettivi declinati nel programma di attività, come una inaspettata e rile- vante contrazione dei traffici causata da una crisi generalizzata del settore.
In particolare, una limitazione alle strutture operative del bene concesso dovute alla mancata realizzazione di interventi da parte della locale Autorità Portuale (per esempio mancata effettua- zione di dragaggi) è stata ritenuta dalla prassi amministrativa quale causa giustificatrice del man- cato raggiungimento dei volumi di traffico declinato nel piano di impresa dell’operatore termina- lista.
E’ evidente, però, che una pronuncia della Commissione Europea, cui faccia seguito la possibilità di considerare la mancata revoca o decadenza dalla concessione come un vero e proprio aiuto di Stato, determinerebbe un giro di vite nei controlli delle Autorità Portuali, e ben più a rischio sa- rebbe la posizione dei concessionari inadempienti agli obblighi del piano industriale.
Siamo di fronte ad un futuro ove le concessioni si revocheranno o saranno dichiarate decadute per inadempimento? La mancanza di un sistema che comporti il pagamento di penali (come av- viene nei porti USA) renderà l’istituto della revoca o della decadenza il solo strumento per rispet- tare la consegna europea, con le ovvie complicazioni sottese ad una omogenea applicazione del principio.
In Italia, infatti, è sufficiente guidare per cento chilometri per trovare un porto che applica una di- sciplina che è diametralmente opposta a quella del porto da cui si proviene.
Ancora una volta, quindi, la città senza mare di Bruxelles rappresenta una opportunità per alli- neare l’industry italiana del terminalismo portuale ai principi del diritto comunitario.