Il Tribunale di Padova (15 giugno 2017) ha ritenuto che, nella procedura di cui al d.lgs. n. 270 del 1999, il termine triennale di decadenza previsto dall’articolo 69-bis l.fall. decorre dalla data di dichiarazione dell’insolvenza e non dall’autorizzazione al piano di cessione dei beni aziendali
Il caso
Il Commissario Straordinario ha convenuto in giudizio una banca, chiedendo la revoca delle rimesse in conto corrente e dei versamenti solutori eseguiti a favore della banca nel periodo sospetto.
La convenuta ha eccepito in via preliminare l’intervenuta prescrizione o decadenza delle stesse domande, posto che l’azione era stata instaurata trascorsi più di tre anni dalla dichiarazione di insolvenza e, quindi, oltre il termine previsto dall’art. 69-bis l.fall.
La procedura ha replicato che, nel caso dell’amministrazione straordinaria, il termine decorre non dalla dichiarazione di insolvenza, come avviene per il fallimento, bensì dall’autorizzazione al piano di cessione dei beni aziendali, atteso che, ai sensi dell’art. 49 d.lgs. 270/1999, l’autorizzazione è condizione per poter esercitare l’azione revocatoria.
Le questioni
Esiste un tema di coordinamento della legge fallimentare con la disciplina dell’amministrazione straordinaria. In particolare, l’art. 49 del d.lgs. 270/1999 stabilisce che le azioni revocatorie possono essere proposte dal Commissario Straordinario “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”.
Il richiamo è di carattere generale e non viene specificato se debba intendersi comprensivo dell’art. 69-bis l.fall., ciò di cui peraltro non si dubita seriamente.
Le incertezze riguardano invece la decorrenza del termine.
Da un lato, è stato rilevato che il dies a quo per l’esperimento delle azioni revocatorie non può decorrere prima del momento in cui effettivamente interviene l’autorizzazione che ne costituisce condizione necessaria.
Dall’altro, è stata invocata la disposizione del secondo comma dello stesso art. 49, ai sensi della quale “i termini stabiliti dalle disposizioni indicate nel comma 1 si computano a decorrere dalla dichiarazione dello stato di insolvenza”.
La decisione
Il Tribunale di Padova, sottolineando l’importanza di privilegiare l’interesse dei terzi a non essere soggetti sine die al possibile esercizio di azioni revocatorie, ha ritenuto che il termine triennale di cui all’articolo 69-bis l.fall. decorre dalla data di dichiarazione dell’insolvenza. Ciò richiamando una propria precedente decisione n. 2851 del 2015, nonché altra del Tribunale di Napoli 27 marzo 2014.
Commento
Le argomentazioni a sostegno dei due contrapposti orientamenti fanno leva su ulteriori aspetti.
Da un lato, si rileva che si determinerebbe un’ingiustificabile disparità di trattamento tra la posizione del Curatore fallimentare e quella del Commissario Straordinario, che disporrebbe di fatto di un termine inferiore per proporre le azioni revocatorie.
Dall’altro, si fa rilevare come questa compressione temporale è ampiamente giustificata dal fatto che, altrimenti, i terzi sarebbero sottoposti al rischio di revocatoria entro limiti di tempo ampi ed indeterminabili, essendo incerto se e quando il Ministero decida di autorizzare l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali.
Nel difficile bilanciamento tra i contrapposti interessi della procedura e dei terzi, sembra preferibile accordare un favor a questi ultimi. Vengono in gioco esigenze di certezza nei traffici giuridici, che ispirano la stessa disposizione dell’art. 69-bis l.fall. e che inducono a rifiutare un’interpretazione che esporrebbe i terzi al rischio revocatoria per un tempo indefinito.
Inoltre, va sottolineato che si tratta qui di decadenza e non di prescrizione, motivo per cui non assume determinante rilievo l’argomento che fa leva sul momento a partire dal quale può essere fatto valere il diritto.
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