Le ricadute della Brexit sulle procedure di insolvenza transfrontaliera dipenderanno in buona parte dalle misure che verranno successivamente adottate, ma non riguarderanno comunque gli “schemes of arrangement” di diritto inglese
Premessa
Comprendere e orientarsi nell’ambito delle procedure di insolvenza transfrontaliera richiede una profonda conoscenza dei diversi sistemi nazionali, ognuno dei quali è soggetto a principi e regole diverse in materia di giurisdizione e riconoscimento dei procedimenti stranieri. Creditori e debitori guardano, naturalmente, al sistema più favorevole e, in tale quadro, quello del Regno Unito è notoriamente un sistema favorevole ai creditori. Le fonti che, in quel sistema, regolano la giurisdizione e il riconoscimento delle procedure di insolvenza transfrontaliere sono il Regolamento CE n. 1346/2000 e la Legge Modello dell’UNCITRAL (“Legge Modello”), che è stata recepita dal Cross Border Insolvency Regulations 2006 (“CBIR 2006”).
Il quadro europeo e internazionale delle procedure di insolvenza
La caratteristica principale del Regolamento n. 1346/2000 è quella di consentire l’apertura, nello Stato Membro in cui si trova il centro degli interessi principali (COMI) del debitore, del procedimento di insolvenza (principale), a fronte della contemporanea possibilità di aprire, in ogni altro stato membro in cui il debitore ha una sede, altre procedure (secondarie), secondo le regole locali.
Il nuovo Regolamento UE n. 2015/848, che è una sorta di “restyling” del precedente Regolamento CE n. 1346/2000, troverà applicazione a tutte le procedure di insolvenza aperte a partire dal 26 giugno 2017. Esso introduce, tra altro, diversi cambiamenti in tema di giurisdizione e forum shopping, procedure secondarie, pubblicità delle procedure e insolvenza di gruppo.
La Legge Modello – la quale, al pari delle predette fonti comunitarie, non ha quale obiettivo l’armonizzazione tra i diversi Paesi della disciplina dell’insolvenza sotto il profilo del diritto sostanziale – promuove invece il riconoscimento dei procedimenti stranieri e la cooperazione tra le diverse giurisdizioni. In tale contesto, una delle finalità principali è quella di prevedere procedure semplificate per il riconoscimento e la nomina di un rappresentante della procedura straniera.
Il principale effetto di tale riconoscimento è l’assistenza – necessaria per un equo e ordinato svolgimento dell’insolvenza transfrontaliera – alle procedure straniere: secondo la Legge Modello, i tribunali locali devono cooperare “nella misura massima possibile” con quelli stranieri e con i rappresentati da questi nominati. Ad oggi la Legge Modello è stata recepita da 20 Paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Giappone e Australia.
Tanto il Regolamento n. 1346/2000 quanto la Legge Modello presentano vantaggi e svantaggi: il primo garantisce un riconoscimento automatico, ma è limitato ai Paesi dell’Unione Europea (ma che cosa accade se il Regno Unito esce dall’Unione…?), mentre il secondo ha una portata molto più ristretta per quanto riguarda gli effetti del riconoscimento automatico ma non è limitato ai Paesi dell’Unione Europea.
Le conseguenze della Brexit: inquadramento generale
Poco cambierà nel breve periodo, stante il disposto dell’art. 50 del Trattato di Lisbona e, in particolare, il processo dallo stesso previsto prima che il Regno Unito possa uscire dall’Unione Europea.
Nel medio-lungo periodo, quando tale processo sarà completato, le conseguenze della Brexit dipenderanno in gran parte dai termini di uscita che saranno negoziati. In ogni caso, si può immaginare che:
La perdita del riconoscimento automatico per le procedure di insolvenza del Regno Unito
Posto che il Regolamento n. 1346/2000 non potrà più applicarsi – a meno che non vengano raggiunti accordi bilaterali con ogni singolo Paese dell’Unione Europea (o con la stessa Unione Europea) – le procedure di insolvenza del Regno Unito non troveranno automatico riconoscimento nell’Unione Europea.
Da un punto di vista pratico, ciò significa che i curatori delle procedure di insolvenza del Regno Unito dovranno affidarsi alle leggi dello Stato Membro in cui chiedono il riconoscimento, con risultati che potrebbero essere differenti a seconda della giurisdizione. Lo stesso potrebbe essere anche per le procedure di insolvenza pendenti nel Regno Unito, sulla base del Regolamento CE n. 1346/2000.
Tutto dipenderà dai contenuti degli accordi di transizione (se ve ne saranno) che potrebbero essere raggiunti tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Al riguardo, due sono gli scenari che possono immaginarsi:
La perdita del riconoscimento automatico per le procedure straniere di insolvenza
Dall’altra parte, il Regno Unito non sarà tenuto al riconoscimento automatico delle procedure di insolvenza degli altri Stati Membri dell’Unione Europea, e le sue corti potranno decidere discrezionalmente se avviare una procedura di insolvenza in relazione a imprese di diritto straniero non aventi il loro COMI nel Regno Unito. Al riguardo, bisogna aggiungere che, se è vero che la CIBR 2006 potrebbe aiutare il curatore straniero a ottenere riconoscimento e assistenza dalle corti del Regno Unito, è altrettanto vero – e qui l’aspetto problematico – che soltanto alcuni Paesi UE hanno adottato la Legge Modello (cioè Grecia, Polonia, Romania e Slovenia). Nessuna assistenza potrebbe essere offerta dall’Insolvency Act 1914 (poi modificato e integrato nel 1986), dal momento che nessuno degli attuali Paesi Membri dell’Unione Europea può essere considerato un “relevant country or territory” secondo la Sezione 426 dello stesso, quantomeno nel significato dei tempi passati quando tale definizione si riferiva ai Paesi strettamente legati all’Impero britannico.
Schemes of arrangement
Uno strumento utilizzabile sia per le imprese nazionali che per quelle straniere, che non pare possa essere interessato dalle conseguenze della Brexit, in quanto non ricade nell’ambito applicativo dei Regolamenti n. 1346/2000 e n. 2015/848, sono gli “schemes of arrangement”.
Le corti del Regno Unito – fin tanto che sussiste una “sufficiente connessione” con il loro Paese – sono inclini a omologare “schemes of arrangement” riguardanti imprese straniere, allorché ritengano che lo scheme è in grado di essere portato in esecuzione nella giurisdizione in cui si trovano gli asset dell’impresa debitrice: a tale riguardo, gli effetti della Brexit su altre fonti comunitarie in materia di riconoscimento e scelta della legge applicabile, devono essere tenuti a mente.
Conclusioni
Attualmente, il percorso mediante il quale la Brexit verrà portata a termine e l’impatto reale che essa avrà sulle procedure di insolvenza transfrontaliera nell’ambito del Regolamento CE n. 1346/2000 non sono prevedibili.
I benefici che il Regolamento prevede in termini di riduzione dell’incertezza, della complessità, dei costi e dei risultati per i creditori sono ben noti: tali benefici erano assicurati sia in termini di apertura della giurisdizione del Regno Unito alle procedure di insolvenza straniere sia in termini di riconoscimento delle stesse nell’ambito dell’Unione Europea.
Senza un meccanismo alternativo che consenta di preservare tutto ciò, è verosimile che – a parte forse gli schemes of arrangements – la reputazione del Regno Unito di essere un attraente sistema per i creditori in tema di insolvenza transfrontaliera, possa essere intaccata.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale. Per ulteriori informazioni contattare Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
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