Il punto sulle differenti interpretazioni circa il rango del debito per la rifusione delle spese di lite a carico del debitore in concordato preventivo, nei giudizi in corso alla data della domanda di ammissione alla procedura.
La questione
Ai sensi dell’art. 184 l.fall., il concordato è obbligatorio (e quindi le regole del concorso si applicano) ai creditori anteriori alla domanda di ammissione alla procedura. Il tema che si pone in generale è quindi quello di stabilire, nei rapporti e nelle situazioni in corso di svolgimento alla data della domanda, se il credito debba considerarsi soggetto al concorso e quindi alla falcidia concordataria: in tal caso, si tratterà ulteriormente di valutarne la natura privilegiata (ai sensi dell’art. 2751-bis c.c.) ovvero chirografaria; in caso contrario, il piano deve prevedere il pagamento integrale del credito fuori dal concorso.
In particolare, la situazione che prendiamo in considerazione è quella di un giudizio già pendente alla data della domanda di concordato, che però si conclude con un provvedimento che condanna il debitore soccombente a rifondere alla parte vittoriosa le spese di lite, pronunciato quando la procedura è in corso.
Le differenti interpretazioni
Le due differenti soluzioni proposte partono entrambe da un presupposto generalmente condiviso: l’attribuzione del rango concorsuale del credito ovvero della sua natura di credito sottratto al concorso (spesso definito “prededucibile”) dipende dall’anteriorità ovvero alla posteriorità del c.d. “fatto genetico” del credito rispetto alla pubblicazione presso il registro delle imprese del deposito della domanda concordataria.
Le interpretazioni sono però discordi nella concreta individuazione dell’evento a cui ricondurre il “fatto genetico” del credito.
I sostenitori del rango concorsuale del credito per la rifusione delle spese di lite individuano il “fatto genetico” proprio nel diritto, preesistente alla procedura concorsuale, fatto valere in un giudizio iniziato anteriormente alla domanda di concordato preventivo. Dal momento che le spese di lite sono accessori di un diritto di credito che andrà soddisfatto con rango concorsuale, in virtù del principio accessorium sequitur principale, subiranno anch’esse la medesima collocazione (cfr. Trib. Reggio Emilia, 6 febbraio 2013), fatta salva e impregiudicata naturalmente l’attribuzione del privilegio come per legge.
In dottrina, i sostenitori del rango “prededucibile” del credito per la rifusione delle spese di lite (Cosentino, Giorgetti, Manfredi) ritengono invece che il “fatto genetico” del credito sia costituito esclusivamente dalla pronuncia giudiziale con la quale le spese di lite vengono liquidate e poste a carico del debitore concordatario, in relazione anche all’attività di assistenza concretamente posta in essere dal legale della parte vittoriosa, dopo la domanda di concordato.
Il commento
La questione è oggettivamente incerta, in quanto entrambe le opzioni interpretative – in netta contrapposizione l’una nei confronti dell’altra – adducono a sostegno argomentazioni che sono ugualmente ragionevoli e sostenibili.
Una preferenza sembra potersi esprimere per l’attribuzione del rango concorsuale al credito, in considerazione del fatto che (i) dovrebbe prevalere la natura accessoria del credito per la rifusione delle spese legali rispetto al diritto fatto valere in giudizio, e che (ii) se è vero che il credito sorge concretamente nel momento in cui viene emessa la pronuncia giudiziale di condanna, è vero altresì che la responsabilità per le spese nasce già (se non dall’inadempimento che costringe il creditore ad agire per la tutela del proprio diritto, almeno) dalla proposizione della domanda giudiziale che poi sfocia nella condanna alle spese. In quest’ultimo senso, la fattispecie sembra presentare alcuni caratteri assimilabili a quella che vede – nell’interpretazione corrente – il credito di regresso del fideiussore nei confronti del debitore concordatario considerato credito concorsuale, in quanto l’obbligazione di garanzia è anteriore alla domanda di concordato, anche se il credito del fideiussore sorge effettivamente solo a seguito dell’escussione e del pagamento da parte del garante, che invece interviene in corso di procedura.
I sostenitori della tesi opposta fanno leva anche sui principi in tema di prededucibilità dei crediti, di cui all’art. 111, secondo comma, l.fall. per i crediti sorti “in occasione o in funzione” di una procedura concorsuale. Secondo Cass. 24 gennaio 2014, n. 1513, in applicazione di tale criterio la prededuzione può essere riconosciuta se si tratta di attività (i) posta in essere dagli organi della procedura, oppure (ii) posta in essere dal debitore, ma effettivamente funzionale alle esigenze ed alle finalità della procedura. Pur trattandosi di norma applicabile solo in caso di fallimento e quindi di insuccesso del concordato, non si può escludere un’applicazione estensiva, con il riconoscimento della natura non concorsuale del credito nel concordato, in casi specifici in cui il piano preveda la gestione di determinate controversie come effettivamente funzionali alla proposta del debitore.
Certamente, va considerato che la soluzione da ritenere preferibile – in un senso o nell’altro – incide sulla propensione delle parti a proseguire e coltivare giudizi in corso per il riconoscimento (o la contestazione) di crediti, in specie chirografari: il creditore rischia di incorrere in ulteriori spese in misura anche superiore alla stessa percentuale recuperabile del credito contestato, mentre al contrario il debitore (e la massa dei creditori) rischiano di essere gravati integralmente di oneri sproporzionati in relazione all’effettiva incidenza (in moneta concordataria) dello stesso credito litigioso.
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Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
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