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    29.06.2015

    Quali vincoli alla gestione dell’impresa in pendenza di adempimento del concordato preventivo con continuità aziendale?


    Il Giudice Delegato del Tribunale di Monza si è pronunciato sull’istanza promossa dall’amministratore di una società che, dopo l’omologazione del concordato con continuità aziendale, chiedeva di essere autorizzato ex art. 167 l.fall. al compimento di atti di straordinaria amministrazione.

     

    Il caso

    L’amministratore e legale rappresentante di una società in concordato preventivo con continuità aziendale chiedeva al Giudice Delegato di essere autorizzato ex art. 167 l.fall. a compiere atti di straordinaria amministrazione nell’interesse della società.

     

    In particolare, la società fornitrice in concordato doveva provvedere al rilascio di una fideiussione bancaria a prima richiesta a titolo di performance bond. L’amministratore si era quindi rivolto a due istituti di credito, i quali avevano subordinato l’emissione della garanzia all’accoglimento da parte del Tribunale – se richiesta – di apposita autorizzazione.

     

    Le questioni

    La pubblicazione del decreto di omologazione determina la chiusura della procedura di concordato preventivo, alla quale fa seguito la fase esecutiva, disciplinata per il concordato preventivo con continuità aziendale unicamente dalle norme generali degli artt. 185 e 186 l.fall.: il Commissario Giudiziale deve sorvegliare l’adempimento del concordato, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione, e il concordato può essere risolto in caso di inadempimento.

     

    Il Tribunale di Monza è stato chiamato a chiarire se ed in che limiti permangano le attribuzioni del Giudice Delegato e del Commissario Giudiziale dopo l’omologazione del concordato e, in particolare:

    1. il potere autorizzativo del Giudice Delegato ex 167 l.fall. per gli atti di straordinaria amministrazione;
    2. il dovere di sorveglianza del Commissario Giudiziale sull’adempimento del concordato.

     

     

    La decisione

    a) Con riferimento alla prima questione, va innanzitutto osservato che dopo l’omologazione il debitore torna in bonis e quindi il debitore riacquista la piena disponibilità nella gestione del suo patrimonio.

     

    Questo effetto – come evidenziato dal Tribunale di Monza – si coglie appieno proprio nei concordati con continuità aziendale diretta, nei quali l’attività di impresa continua sotto la direzione e controllo dello stesso imprenditore, il quale può compiere qualsiasi tipo di atto senza necessità di autorizzazione, con l’unico limite di indirizzare l’attività alla realizzazione del piano.

     

    Il Tribunale di Monza ha quindi ritenuto di non doversi pronunciare sul merito della richiesta di autorizzazione al compimento dell’atto.

     

    b) Con riferimento alla seconda questione, il Tribunale rileva come il concordato con continuità aziendale deve prevedere un obbligo del debitore di pagare ai creditori una percentuale certa di soddisfazione dei loro crediti ed implica comunque un dovere di controllo da parte del Commissario in relazione all’adempimento della proposta.

     

    Poiché il pagamento dei creditori deriva dai flussi di cassa generati dalla continuazione dell’attività d’impresa, il controllo del Commissario non può limitarsi al momento in cui è previsto il pagamento dei creditori, ma deve estendersi anche al periodo precedente e riguardare il rispetto delle previsioni del piano, in quanto un andamento della gestione disallineato, in negativo, dalle relative previsioni, avrebbe, naturalmente, conseguenze dirette ed immediate sull’adempimento della proposta.

     

    Il Tribunale afferma, quindi, che il Commissario deve verificare che l’andamento economico della società sia in linea con quanto previsto dal piano omologato, che non vengano compiuti atti gestionali estranei alle previsioni del piano che rendano probabile, se non certo, il futuro inadempimento della proposta.

     

     

     

    Il commento

    Sembra di intendere che, secondo il Tribunale di Monza, il compimento di atti esorbitanti rispetto al piano e tali da pregiudicare l’esecuzione della proposta, qualora il Commissario Giudiziale riferisca al Giudice Delegato ex art. 185 l.fall. un “fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori”, possa innescare una possibile risoluzione del concordato, attraverso una informativa ai creditori, ai quali solo spetta promuovere la relativa istanza.

     

    Un tema ulteriore, non affrontato dal Tribunale, è quello delle altre conseguenze di atti non previsti dal piano ed estranei alle finalità di esecuzione della proposta. Fermo che nessuna forma di invalidità degli atti è prevista dalla legge, si dovrebbe ritenere che:

    • gli atti, in quanto non posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, non possono beneficiare dell’esenzione dall’azione revocatoria prevista dall’art. 67, terzo comma, lett. e), l.fall. e dalle ulteriori forme di protezione previste dalla legge;
    • delle eventuali conseguenze pregiudizievoli per i creditori rispondono gli amministratori secondo le regole ordinarie che disciplinano la loro responsabilità.

    Soffermandoci invece sul tema più generale dei vincoli a cui può essere soggetto il debitore, in pendenza di adempimento della proposta, esso si configura diversamente per quanto riguarda (α) l’attribuzione ai creditori delle somme o dei beni che il debitore ha promesso con la proposta, che costituiscono la vera e propria obbligazione assunta dal debitore e (β) la realizzazione delle operazioni e degli atti previsti dal piano concordatario, che rappresentano solo il mezzo per poter adempiere la proposta.

     

    (α) Per quanto riguarda l’attribuzione ai creditori delle somme o dei beni che il debitore ha promesso con la proposta, il vincolo è rigido ma disponibile, nel senso che, in caso di inadempimento alle prestazioni promesse, nell’entità ed alle scadenze previste, ciascuno dei creditori può chiedere la risoluzione del concordato, se l’inadempimento non è di scarsa importanza (art. 186 l.fall.) (la legittimazione alla risoluzione spetta esclusivamente ai creditori, mentre il Tribunale o il Pubblico Ministero non hanno alcun potere di rilevare d’ufficio l’inadempimento).

     

    (β) Per quanto riguarda la realizzazione delle operazioni e degli atti previsti dal piano concordatario, il vincolo è relativo, nel senso che:

    • il debitore deve attenersi al piano nei suoi aspetti caratterizzanti e, pertanto, non potrebbe compiere atti che si pongano in contrasto ed in contraddizione con la realizzazione del piano concordatario e comunque siano tali da far prospettare come probabile il futuro inadempimento della proposta;
    • in particolare, nel caso del concordato con cessione dei beni ai creditori (che costituisce la forma largamente più seguita), tutti i beni costituenti l’attivo concordatario devono essere liquidati: peraltro, la liquidazione dei beni è specificamente disciplinata dall’art. 182 l.fall. che la affida al liquidatore giudiziale;
    • nel caso del concordato con continuità aziendale, all’opposto, nessuna attività di liquidazione è prevista o necessaria, in quanto il debitore conserva i propri beni per potere proseguire l’attività di impresa, dal cui svolgimento ricava le risorse per adempiere alla proposta concordataria;
    • nel concordato con continuità aziendale, è evidente peraltro che le attività di gestione di impresa che il debitore può compiere una volta tornato in bonis non possono essere in alcun modo predeterminate o vincolate, salvo che la proposta concordataria contenga puntuali previsioni che impegnino il debitore ad alcune specifiche attività;
    • nel concordato c.d. “misto” in cui sono previste congiuntamente la prosecuzione dell’attività di impresa ed atti di liquidazione di specifici beni, si deve ritenere che questi ultimi siano vincolanti per il debitore.

    Ne risulta che il tema del mancato rispetto del piano concordatario può porsi in termini differenti rispetto all’omissione di atti previsti dal piano, oppure viceversa al compimento di atti non previsti. In ogni caso, si tratta di un tema che va apprezzato con riferimento alle conseguenze che possono derivare per il debitore dal mancato adempimento della proposta concordataria, posto che il piano e le attività in esso previste – una volta che è intervenuta l’omologazione e si passa alla fase di attuazione ed esecuzione del concordato – rilevano esclusivamente in funzione dell’adempimento della proposta da parte del debitore.

     

    Tutto quanto precede va poi inteso alla luce di un dato certo e cioè che qualsiasi vincolo a porre in essere le operazioni e degli atti previsti dal piano concordatario viene meno nel momento in cui ed in tanto in quanto la proposta è integralmente adempiuta (ovvero tutti i creditori concordatari sono stati comunque soddisfatti).

     

     

     

     

     

    Per ulteriori informazioni:

     

    Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com Per ricevere la nostra newsletter restructuring scrivete a: restructuring@advant-nctm.com

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