La Corte di Cassazione 13 giugno 2016, n. 12120 ha ribadito la fallibilità di una società a responsabilità limitata che si dimostri essere socia di una società di fatto insolvente
Il caso
Il Tribunale di Firenze ha dichiarato il fallimento in estensione di una società di fatto tra una società a responsabilità limitata (già dichiarata fallita), una persona fisica ed un’altra società a responsabilità limitata, quali soci illimitatamente responsabili. La Corte d’Appello ha revocato la dichiarazione di fallimento della società di fatto ribadendo il principio della responsabilità limitata nelle società di capitali, con la conseguente non estensibilità ad essa di un fallimento in qualità di socio illimitatamente responsabile. Il Curatore ha proposto ricorso per cassazione.
La questione
Il tema sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione attiene alla fallibilità di una società a responsabilità limitata in qualità di socio illimitatamente responsabile di una società di fatto.
La decisione della Corte
In primo luogo, la Corte di Cassazione si è espressa a favore della fallibilità di una società a responsabilità limitata, che si dimostri essere socia di una società di fatto insolvente, precisando che la partecipazione della società ad una società di persone, anche di fatto, non esige il necessario rispetto dell’art. 2361, co. 2, c.c., dettato per le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell’organo amministrativo, il quale non richiede – almeno allorché l’assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell’oggetto sociale – la previa autorizzazione dei soci, ai sensi dell’art. 2479, co. 2, n. 5, c.c. In secondo luogo, la Suprema Corte ha affermato che l’utilizzo strumentale di una o più società di fatto, al fine di una diversificazione e delimitazione degli investimenti e delle responsabilità di chi le progetta, le dirige e le governa, anche con un sistema di direzione coordinato, di per sé non genera un abuso. Il beneficio della responsabilità limitata non è perduto dal singolo per il solo fatto di avere violato i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società dominate, nell’interesse contrario a quello delle società stesse, posto che il rimedio previsto è l’azione di responsabilità risarcitoria ex art. 2497 c.c. La dichiarazione di fallimento non è pertanto la prima risposta all’abuso dello schema societario. Essa richiede invece un rigoroso accertamento dei presupposti organizzativi ed essenziali del contratto di società. Sulla base di tali presupposti, la Cassazione ha dunque cassato la decisione della Corte d’Appello di Firenze ed ha rinviato ai giudici di merito i quali saranno chiamati ad accertare l’affectio societatis tra la società a responsabilità limitata e gli altri soci, ed inoltre che la società di fatto esprima una sua autonoma e propria insolvenza da verificare muovendo – quale indizio – da quella di uno o più dei suoi soci ovvero del socio cui era inizialmente imputabile l’attività economica, ma senza alcun automatico esaurimento in essa della prova richiesta dall’art. 5 l.fall.
Commento
La Cassazione è intervenuta sul tema tradizionale della super-società di fatto, fenomeno a cui si assiste quando una o più società di capitali sono utlizzate per frammentare e segregare attività e patrimoni, nell’ambito di un’unica attività di impresa. La Corte richiama espressamente la propria precedente decisione n. 1095 del 21 gennaio 2016, la quale – partendo dal presupposto dell’ammissibiltà della partecipazione di una s.r.l. in una società personale – ha concluso per la fallibilità della società di fatto, cui la s.r.l. abbia partecipato, previo rigoroso accertamento dei relativi presupposti (patrimonio e attività comune, effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite dei soggetti interessati, vincolo di collaborazione tra i soci) e la sua situazione di insolvenza. Quanto al fenomeno delle super società di fatto, viene in questa sede ribadito che se l’imprenditore si serve di società strumentali in maniera conforme alla legge e a tutela dell’affidamento generato nei soggetti terzi, è corretto e doveroso che egli si giovi del beneficio della responsabilità limitata. Viceversa, se opera nell’interesse imprenditoriale contrario a quello delle società utilizzate ed in violazione dei principi di corretta gestione (rendendole meri veicoli strumentali all’interesse proprio od altrui), deve diventare responsabile in via diretta per il pregiudizio patrimoniale provocato alle controllate ed ai loro creditori. Da questo punto di vista, occorre poi verificare in fatto se si sia in presenza di una vera e propria super-società di fatto (con la conseguenza dell’estensione di responsabilità ai soci a questo titolo ed inolte della dichiarazione di fallimento), oppure se, in caso contrario, la reposanbilità resti confinata all’azione risarcitoria ex art. 2497 c.c.
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parere professionale. Per ulteriori informazioni contattare Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com
Per ricevere la nostra newsletter restructuring scrivete a: restructuring@advant-nctm.com