Poter disporre di una efficiente connessione ferroviaria è, per qualsiasi impresa terminalista, una delle principali condizioni per mantenersi sul mercato sei servizi portuali. Fatta questa (fin troppo banale) affermazione è senz’altro interessante notare che tale concetto è condiviso dalla giurisprudenza nazionale.
Con l’interessante sentenza n. 564 del 5 novembre 2014[1], il TAR del Friuli Venezia Giulia si è pronunciato sulla legittimità di una delibera del Comitato Portuale dell’Autorità Portuale di Trieste, con la quale l’ente ha assentito ad un terminalista un’area demaniale corrispondente ad aree del parco ferroviario portuale, circostanza che avrebbe comportato limitazioni alla fruizione generalizzata dell’infrastruttura.
Oltre a censure intrinseche all’atto v’è da notare che la ricorrente (una delle imprese incise da detto provvedimento) ha dedotto la violazione, in particolare, dell’art. 106 del TFUE[2], in quanto il provvedimento impugnato avrebbe determinato una restrizione della concorrenza dei servizi terminalistici portuali nel porto di Trieste.
Lo anticipiamo subito: il TAR ha accolto il ricorso, ritenendo «fondata e decisiva» la violazione della libera concorrenza, principio basilare dell’ordinamento comunitario e nazionale, perché la concessione attribuisce un vantaggio competitivo ad una impresa nell’utilizzo di opere e infrastrutture (ferroviarie) di interesse pubblico, favorendola ingiustificatamente.
Per arrivare a tale conclusione il giudice amministrativo ha fissato e ribadito alcuni principi da tenere ben presenti.
Sotto un primo profilo, il TAR ritiene sussistere la legittimazione al ricorso della società ricorrente, pur in mancanza di un atto formale di concessione (ad essere impugnata, nel caso di specie, è la delibera prodromica del comitato portuale), in quanto l’assenso dell’Autorità Portuale alla concessione è suscettibile ex se di lederne gli interessi. Infatti, poiché la decisione di stipulare la concessione è accompagnata da tutti gli elementi essenziali del futuro provvedimento concessorio, la stipula formale della concessione ne costituisce un atto meramente consequenziale e, quindi, non decisivo ai fini della realizzazione della violazione.
In secondo luogo, il giudice ribadisce quanto già la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare in altre pronunce (e visto il rilevante numero di episodi in senso contrario, coglie nel segno), ovvero la necessità che l’affidamento di una concessione demaniale, che attribuisca un uso esclusivo al concessionario, sia preceduto da una procedura comparativa ad evidenza pubblica.
Infine, con riferimento alla disciplina della concorrenza, ad avviso del TAR, «l’area del parco ferroviario per sua natura deve non solo essere a disposizione di tutti gli operatori, ma questi devono essere messi in condizione di parità e non discriminati in alcun modo». L’assentimento della concessione che prevede un utilizzo privilegiato delle infrastrutture ferroviarie si sostanzia, quindi, «in un decisivo vantaggio competitivo rispetto agli altri operatori», nei confronti dei quali produce effetti discriminatori.
A ben vedere, questo ultimo principio è caratterizzato da una valenza tale da renderlo estensibile anche ad altri casi in cui entrino in gioco le infrastrutture portuali – in particolare quelle ferroviarie – ed i principi di concorrenza in relazione all’accesso alle medesime, ad esempio quando le stesse siano oggetto di provvedimenti (o attività) dell’amministrazione che abbiano un carattere selettivo e discriminatorio.
In tal senso, appare ragionevole ritenere che, nei casi in cui l’Autorità portuale effettui selettivamente dei lavori di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria a favore di un terminalista, escludendo gli altri da tale beneficio, si determini un’alterazione dei rapporti tra competitor in violazione dei principi posti a tutela della concorrenza. L’amministrazione pubblica finirebbe così per privilegiare ingiustamente un’impresa, assicurandole un vantaggio commerciale difficilmente recuperabile dai concorrenti, attese le esigenze di celerità ed efficienza richieste dal mercato, che solo un’adeguata dotazione logistica può assicurare.
L’esperienza pratica non manca di presentare casi in cui i principi enunciati dal TAR Friuli Venezia Giulia nel caso richiamato dovrebbero trovare puntuale applicazione colpendo quelle situazioni dove a godere dell’uso della connessione ferroviaria sia uno solo dei terminalisti mentre gli altri debbano ricorrere ad alternative - spesso molto meno competitive - ovvero rinunciare a determinati traffici a favore dei competitor che sono stati beneficiati dalle scelte della Pubblica Amministrazione.
[1] TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 5 novembre 2014, n. 564.
[2] In specie, il comma 1 dell’art. 106 TFUE stabilisce che: «Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi».