Il metodo adottato in Corea del Sud per arginare la diffusione del virus COVID-19 dimostra che, tra le altre misure, è necessario garantire l’isolamento - fino al termine dell’emergenza – dei soggetti positivi con sintomi lievi, delle persone in quarantena che possono contagiare i familiari nonché dei tanti lavoratori esposti quotidianamente al rischio contagio (come medici ed infermieri).
Sono quindi indispensabili strutture che, pur garantendo le suddette condizioni di isolamento, siano tali da consentire, nel rispetto delle prescrizioni delle autorità sanitarie, l’assistenza a tali soggetti.
Per tale motivo, con il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 (il “Decreto Cura Italia”) è stato, tra l’altro, attribuito ai Prefetti, su proposta del Dipartimento di protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territoriale competente, il potere di requisire in uso[1] beni immobili.
La requisizione è il provvedimento contingibile ed urgente preordinato a ovviare a situazioni per le quali non sia altrimenti possibile trovare una soluzione con le misure ordinarie.
I Prefetti possono requisire in uso:
Il provvedimento del Prefetto deve essere motivato dalla necessità di disporre temporaneamente di beni immobili per far fronte ad improrogabili esigenze connesse con l'emergenza sanitaria del COVID-19. Le strutture alberghiere e gli immobili così requisiti possono essere infatti utilizzati per ospitare le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare e delle relative procedure indennitarie, qualora, una vola dimessi i pazienti in fase acuta, non sia possibile per gli stessi il confinamento al proprio domicilio.
Ne consegue che, sulla base delle disposizioni del Decreto Cura Italia, soltanto gli alberghi e gli immobili dotati dei requisiti strutturali minimi per garantire la sorveglianza sanitaria dei pazienti COVID-19 sono requisibili e che, in più, tale requisizione può essere disposta solo per l’uso degli stessi (quindi per un tempo limitato) e non anche per acquisirne la proprietà.
I proprietari degli alberghi e degli immobili, quindi, potenzialmente requisibili potrebbero avviare sin da subito verifiche sulla conformità degli stessi rispetto ai requisiti minimi strutturali richiesti dalla normativa vigente per la requisizione. Ciò in quanto, nel periodo “post quarantena”, potrebbero essere necessari – immediatamente- immobili pronti all’uso.
Per le requisizioni dei beni immobili è prevista la corresponsione di una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione[2].
L'indennità di requisizione è liquidata nello stesso decreto del Prefetto, che ai fini della stima si avvale dell'Agenzia delle entrate, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% del valore corrente di mercato dell'immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe.
È considerato, quindi, quale elemento di partenza per la commisurazione dello 0, 42%, il valore di mercato attuale e non quello del bene al 31 dicembre 2019 (come invece previsto per la requisizione dei beni mobili e dei presidi sanitari).
Il Decreto Cura Italia si preoccupa di definire le tempistiche di corresponsione della suindicata indennità, prevedendo che:
L’articolo 6 del D.L. n. 18/2020 in commento prevede che “in ogni caso di contestazione, anche in sede giurisdizionale, non può essere sospesa l'esecutorietà dei provvedimenti di requisizione di cui al presente articolo, come previsto dall'articolo 458 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66”, recante il Codice dell’Ordinamento Militare.
In tal modo si è inteso attribuire alle requisizioni in uso e in proprietà disciplinate dall’art. 6 del Decreto Cura Italia un valore analogo alle requisizioni in periodo di guerra, di mobilitazione generale o di grave crisi internazionale. Tale equiparazione ha come principale conseguenza il fatto che l’esecutorietà dei provvedimenti di requisizione in oggetto non potrà venir meno neanche in caso di contestazione in sede giurisdizionale.
Sebbene il Decreto Cura Italia si occupi di disciplinare soltanto i casi di requisizione imposti con atti del Prefetto, i privati interessati, anche in considerazione della debole tutela giurisdizionale di cui si è detto, potrebbero avviare un iter differente.
In particolare, i proprietari di alberghi o immobili dotati dei requisiti strutturali di cui si è detto, potrebbero proporre al Prefetto di sottoscrivere accordi integrativi della requisizione, ai sensi dell’art. 11, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Quest'ultima norma espressamente così statuisce:
"In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo”.
L'art. 10 citato dalla predetta disposizione stabilisce che:
"I soggetti di cui all'articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell'articolo 9 hanno diritto:
a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall'articolo 24;
b) di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento".
Nell’ambito del procedimento di requisizione, quindi, i privati interessati potrebbero proporre la sottoscrizione di un accordo integrativo avente ad oggetto contenuti negoziabili con l’autorità coinvolta.
Il riferimento all'art. 10 per l'applicazione del modulo dell'accordo integrativo del provvedimento conferisce infatti una specifica valenza al potere amministrativo di stipulare una convenzione con gli interessati, valorizzando l'apporto di questi ultimi.
Si ritiene, tuttavia, che l’intesa possa essere soltanto integrativa del provvedimento di requisizione e non possa sostituirlo, visto che tale modalità può essere adottata soltanto “nei casi previsti dalla legge”.
L’accordo ha carattere vincolante, salva la possibilità di recesso da parte della pubblica amministrazione per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (art. 11, comma 4, legge 7 agosto 1990, n. 241).
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto.
Per ulteriori informazioni si prega di contattare il vostro professionista di riferimento ovvero di scrivere ai seguenti indirizzi: Dipartimento amministrativo: Marco Monaco, Giuliano Berruti, Francesca Bonino - Dipartimento immobiliare: Luigi Croce, Christian Mocellin, Rosemarie Serrato, Antonio Tola, Bruno Fondacaro, Vito Bisceglie.
[1] Per quanto non diversamente definito si rinvia a quanto sopra indicato con riferimento alle caratteristiche della requisizione in uso.
[2] In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata.
[3] Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020 ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza.
[4] E sempre nei limiti di cui al comma 2 del medesimo art. 6 del Decreto Cura Italia.