La straordinaria situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 sta inevitabilmente incidendo in maniera significativa anche sul mercato dell’arte[1], ponendo nuove sfide a tutti gli operatori del settore e, in modo particolare, alle gallerie d’arte.
In un momento come quello attuale di distanziamento sociale, infatti, le gallerie d’arte si trovano a dover ripensare il modo di relazionarsi con il pubblico e il proprio tradizionale business, individuando nuovi canali di vendita a distanza di opere d’arte, essendo espressamente consentite – anche nel contesto di emergenza sanitaria – tali modalità di svolgimento dell’attività economica[2].
Con la crisi globale derivante dall’emergenza sanitaria mondiale, dunque, il processo di trasformazione digitale dell’attività commerciale delle gallerie d’arte che ha caratterizzato il 2019 – come evidenziato dall’Art Basel e dall'UBS Global Art Market Report 2020 – risulta quanto mai urgente e non più procastinabile[3].
Diverse le risposte approntate per fronteggiare l’attuale situazione emergenziale, soprattutto incentrate sulla ricerca di nuove strategie di marketing e di innovative modalità di audience engagement e networking.
Alcuni galleristi hanno allestito spazi espositivi virtuali, come la galleria Massimo De Carlo con il progetto VSpace[4] o la galleria Deoadato Arte[5]; altri hanno aperto sui propri siti web delle online viewing room mediante le quali presentare i propri programmi e i propri artisti al pubblico internazionale, strategia messa in campo dal David Zwirner[6], da Gagosian[7] e dalle gallerie italiane Continua[8] e Raffaella Cortese[9]; altre gallerie hanno lanciato delle piattaforme di virtual reality, come la galleria svizzera Hauser & Wirth[10]; altre invece si sono concentrate su progetti espositivi virtuali e sullo story telling degli artisti rappresentati e delle opere in vendita sui propri profili social[11] o hanno spostato la propria rete relazionale ed espositiva sul web e sui social network, creando digital community al fine di dare continuità alle relazioni con i collezionisti e il pubblico[12].
Tra i business model adottati vi è anche il ricorso ad apposite piattaforme di e-commerce di opere d’arte per gestire le proprie vendite online, come Artsy[13], Artspace e Artprice, piattaforme leader del mercato dell’arte, o a marketplace virtuali come Kooness o Invaluable, mediante i quali consentire l’accessibilità virtuale delle opere messe in vendita, facilitare gli scambi commerciali e allargare la domanda raggiungendo nuovi potenziali acquirenti, soprattutto stranieri, proprio tramite il web.
Nessuna galleria, tuttavia, ha spostato completamente online la propria rete commerciale, creando veri e propri portali di e-commerce. Il gallerista si è quindi evoluto implementando “vetrine” online e aggiornando il proprio “registro” interlocutorio sfruttando il web e in alcuni casi anche la sempre maggiore diffusione dei social network, il tutto però proseguendo nell’affermazione del proprio storico ruolo all’interno del sistema dell’arte: la galleria quale luogo di scambio culturale in cui il rapporto privilegiato con l’artista e con il collezionista è incentrato sulla conoscenza personale, sulla fiducia, sulla reciproca considerazione di affidabilità e sul frequente ricorso a modalità informali di conclusione degli accordi, come l’oralità e la stretta di mano[14].
Questo nuovo sistema richiede ulteriori e diversi accorgimenti (anche legali) da parte del gallerista, obblighi di informazione articolati e di stipulazione di contratti scritti, trovando applicazione a tali tipologie di compravendita la disciplina dei contratti “a distanza”.
Seppure il rapporto con la propria clientela resti personale e venga condotto tramite e-mail o telefonate, l’attività professionale svolta inter absentes deve qualificarsi come attività fuori dei locali commerciali, importando l’attivazione di una serie di misure volte a tutelare la formazione di un consenso consapevole da parte dell’acquirente.
Dal punto di vista giuridico, infatti, il legislatore europeo e, successivamente, il legislatore nazionale sono intervenuti approntando una normativa finalizzata a tutelare principalmente l’acquirente, ritenuto la parte contrattualmente più debole in tali tipologie di rapporti contrattuali, specialmente nel caso in cui l’acquirente sia un consumatore, ossia una persona fisica che acquista i beni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata[15].
In tali casi, la materia è disciplinata in maniera dettagliata dal Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante “Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229” (di seguito, il “Codice del Consumo”) e per quanto concerne il commercio elettronico al Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (richiamato dall’articolo 68 del Codice del Consumo).
Con specifico riferimento al settore qui di interesse, la disciplina dettata dal Codice del Consumo per la vendita “a distanza” trova applicazione, infatti, in tutti i casi in cui le operazioni di vendita di opere d’arte vengono concluse senza la presenza fisica e simultanea del professionista-gallerista e dell’acquirente, ovvero mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza (ad esempio utilizzando telefono e e-mail)[16].
Al fine di contenere l’asimmetria informativa insita nella relazione professionista-consumatore e di colmare i gap percettivi e informativi derivanti dall’impossibilità di incontrare di persona il gallerista, di ricevere direttamente da lui informazioni sull’opera e di essere rassicurati circa l’autenticità e la provenienza della stessa, di visionare dal vivo l’opera – circostanza, quest’ultima, che assume particolare rilevanza nel mercato dell’arte in ragione della necessità di verificare le caratteristiche e l’effettivo stato di conservazione del bene – il Codice del Consumo pone in capo ai professionisti stringenti obblighi informativi e di forma, i quali si pongono in netto contrasto con le prassi tipiche del mercato dell’arte caratterizzate, fra l’altro, da informalità e dall’assenza di particolari forme regolamentate delle transazioni commerciali[17].
In particolare, l’articolo 49 del Codice del Consumo impone al professionista che vende beni mobili a distanza o fuori dei locali commerciali di fornire al consumatore, prima della conclusione di un contratto, una serie di informazioni inerenti: i) le caratteristiche principali dei beni; ii) l’identità del professionista e il suo indirizzo; iii) il prezzo dei beni comprensivo di eventuali tasse ed imposte; iv) le modalità di pagamento, le spese di consegna e le relative modalità; v) l’esistenza del diritto di recesso, le modalità, i tempi di restituzione dei beni e i costi che l’acquirente dovrà sostenere[18].
Si tratta di informazioni che rivestono un’importanza fondamentale nel mercato dell’arte soprattutto nell’ottica di consentire all’acquirente di porre in essere un acquisto pienamente consapevole: conoscere nel dettaglio le caratteristiche essenziali dell’opera d’arte, soprattutto mediante descrizione fotografica o video, permette di ricreare a distanza l’esperienza del contatto diretto con l’opera stessa, passaggio quest’ultimo decisivo nel processo di acquisizione di un’opera d’arte.
Tale specifico obbligo informativo assume altresì centralità rispetto al tema delle garanzie cui è tenuto il venditore.
Nel contesto della compravendita a distanza di un’opera d’arte con un soggetto consumatore, infatti, si ritrova la medesima garanzia legale di conformità prevista dagli articoli 128 e ss. del Codice del Consumo per qualsiasi tipologia di contratto stipulato con un consumatore.
Il gallerista è pertanto gravato ex lege dall’obbligo di consegnare “beni conformi al contratto”, ovvero beni che presentano le qualità e le caratteristiche espressamente pattuite e che corrispondono alla descrizione fatta dal venditore[19].
Tanto più precisa, chiara e completa è la descrizione dell’opera d’arte posta in essere dal gallerista nel corso delle trattative e della formazione del contratto a distanza – anche attraverso la trasmissione all’acquirente di documentazione cartacea, video e fotografica – tanto minore sarà la possibilità per il gallerista di essere ritenuto responsabile nei confronti dell’acquirente per difetto di conformità al contratto dell’opera venduta[20].
Gli stringenti ed estesi obblighi di informazione precontrattuale sin qui delineati sono posti in capo ai professionisti esclusivamente nell’esercizio di attività commerciale a distanza e, pertanto, con riferimento al settore dell’arte, impongono ai galleristi di strutturare ed organizzare la propria attività commerciale a distanza in modo da prevedere idonee modalità di trasmissione – in maniera chiara, comprensibile e completa – delle suddette informazioni, e di formalizzare i rapporti con gli acquirenti.
Le suindicate informazioni, infatti, per espressa previsione normativa, devono essere confermate per iscritto o su supporto duraturo al momento della conclusione del contratto, a formarne parte integrante, e non possono essere modificate se non con accordo espresso anche dell’acquirente (articoli 50 e 51 del Codice del Consumo).
E così, alla stretta di mano tra il gallerista e il collezionista si sostituisce la stipulazione di un accordo scritto, mediante il quale i rapporti tra tali parti si formalizzano allo scopo di favorire la trattativa a distanza e di concludere la vendita di un’opera d’arte in maniera trasparente, informata e responsabile.
Nel mercato dell’arte, inoltre, alla consegna della documentazione informativa e di copia dell’accordo scritto all’acquirente-consumatore si affianca la consegna della documentazione attestante l'autenticità o almeno la probabile attribuzione e la provenienza dell’opera oggetto di compravendita, che, come noto, ai sensi dell’articolo 64 del Codice dei Beni Culturali (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) costituisce un obbligo per chiunque eserciti l'attività di vendita al pubblico e/o di esposizione a fini di commercio di opere di pittura, scultura, grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od archeologico[21].
Pare opportuno precisare che la regolamentazione dei rapporti con gli acquirenti – mediante la registrazione delle transazioni in modo sicuro e verificabile e la segregazione e conservazione delle informazioni inerenti l’opera venduta e il soggetto acquirente – garantisce altresì il rispetto della nuova normativa in materia di antiriciclaggio da parte delle gallerie, che impone proprio (anche) a tali operatori del mercato dell’arte di dotarsi di una serie di presidi e procedure di carattere preventivo, tra i quali la verifica adeguata della clientela, al fine di mitigare e gestire i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo e di incorrere in responsabilità[22] e di evitare danni sul piano reputazionale. Doppio, dunque, il vantaggio per le gallerie d’arte derivante dal rispetto degli obblighi informativi sopra indicati.
Si precisa che le disposizioni sin qui richiamate hanno carattere imperativo, per cui qualsiasi pattuizione volta a derogarvi in senso più sfavorevole al consumatore è colpita da nullità di protezione ai sensi dell’articolo 66-ter del Codice del Consumo e determina altresì l’applicazione di pesanti sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Ufficio Sanzioni delle Camere di Commercio[23].
Il ricorso a canali di vendita a distanza determina, tra le altre cose, anche la necessità di procedere alla riproduzione (eventualmente sul web o in un catalogo) delle immagini delle opere poste in vendita.
Al fine di consentire una più corretta e puntuale informazione dei potenziali acquirenti in merito alle caratteristiche delle opere e al loro status di conservazione è indispensabile descrivere le opere anche attraverso la loro raffigurazione fotografica.
Posto che, secondo il dettato normativo dell’articolo 13 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (di seguito, la “Legge sul diritto d’autore”), il diritto di riproduzione è un diritto esclusivo spettante all’autore dell’opera, per la lecita utilizzazione dell’immagine dell’opera all’interno di cataloghi di mostre o d’asta è sempre necessaria l’autorizzazione del titolare del diritto stesso, essendo la riproduzione fotografica di un’opera d’arte all’interno di un catalogo una forma di utilizzazione economica dell’opera stessa.
Tuttavia, tale operazione, posta in essere con la mera finalità di descrivere opere che non possono essere visionate ed esaminate di persona e di agevolarne così la vendita a distanza, non rientra nell’eccezione di cui all’articolo 70, comma 1-bis, della Legge sul diritto d’autore[24].
Facendo leva sul principio dell’esaurimento dell’esclusiva per lo sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno spettante all’autore della stessa, autorevole dottrina italiana[25] – anche alla luce del dettato normativo dell’articolo 68-bis della Legge sul diritto d’autore che consente gli atti di riproduzione temporanei e transitori, privi di rilievo economico ed eseguiti all'unico scopo di consentire un utilizzo legittimo dell’opera stessa – ha sostenuto la possibilità per un proprietario di un’opera d’arte (o del suo mandatario) di compiere atti di riproduzione temporanei per la sola finalità di rivendita dell’opera acquistata senza dover necessariamente ottenere l’autorizzazione dell’autore o dei titolari del diritto di riproduzione.
Porgendo lo sguardo al diritto extraterritoriale, gli assunti di cui sopra non sembrano essere ammessi nell’ordinamento francese, nel quale, ai sensi dell’articolo L. 122-5 del Code de la propriété intellectuelle, è prevista una sola eccezione alla regola della preliminare autorizzazione del titolare del diritto di riproduzione, ovvero nel caso di riproduzioni, in tutto o in parte, di opere d'arte grafiche o plastiche destinate a figurare in cataloghi di una vendita giudiziaria effettuata in Francia e messi a disposizione del pubblico prima della vendita al solo scopo di descrivere le opere. Da tale eccezione sono dunque esclusi i cataloghi pubblicati da case d'aste private[26].
Secondo la normativa del Regno Unito, invece, ai sensi dell’articolo 63 del Copyright Design and Patent Act del 1988, non costituisce violazione del diritto d'autore la riproduzione di un’opera d’arte allo scopo di pubblicizzarne e promuoverne la vendita[27].
Tale chiarezza normativa non si rinviene negli Stati Uniti, dove risulta dibattuta l’estendibilità del principio del “fair use” di cui all’articolo 107 dell’U.S. Copyright Act del 1976 ai casi di utilizzo “descrittivo” di riproduzioni fotografiche di opere d'arte all’interno di un catalogo di un'asta o di una mostra in galleria di cui all’articolo 109, lettera c, della medesima normativa[28]. Il dibattito, infatti, si divide tra coloro che ritengono fondamentale consentire – per evitare di compromettere le vendite, soprattutto a distanza – tale utilizzo descrittivo delle riproduzioni fotografiche senza la preliminare autorizzazione del titolare del diritto medesimo, e coloro che ritengono invece necessario ottenere il previo consenso del titolare del diritto di riproduzione delle opere, soprattutto nel caso di riproduzione sulle copertine e sulle prime pagine dei cataloghi o per finalità puramente commerciali, ovvero di pubblicità, marketing e promozione di aste e mostre in galleria.
Altro discorso bisognerebbe invece riservare al caso di utilizzo della riproduzione dell’opera per finalità di promozione di altre opere, di una vendita o di un vernissage. Il tema, evidentemente, va dunque approfondito di volta in volta in relazione alle singole fattispecie concrete.
Considerato il carattere internazionale del mercato dell’arte, nel caso di negoziazione di contratti a distanza transfrontalieri – ovvero nell’ambito di un contratto di vendita tra un professionista stabilito in Italia e un consumatore che risiede in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un Paese extraeuropeo – il gallerista, in qualità di professionista, è tenuto ad operare con particolari cautele nel rispetto della normativa imperativa posta dal legislatore comunitario e internazionale a tutela dei clienti consumatori esteri. In particolare, in tali ipotesi, il gallerista potrebbe specificare, in caso di determinazione unilaterale (anche) di questi aspetti, che tale scelta non pregiudica i diritti inderogabili riconosciuti ai consumatori dalla normativa loro applicabile.
Le innumerevoli iniziative che le gallerie d’arte hanno messo in campo per fronteggiare la complessa situazione economica e finanziaria legata al COVID-19 dimostrano che, in un contesto emergenziale quale quello attuale, è possibile e necessario ricominciare dall’arte.
Il processo di trasformazione a favore del digitale e, in generale, dello scritto a discapito della tradizionale oralità, può dunque costituire – anche guardando oltre l’attuale contesto di emergenza – una strategia “vincente” per tali attori del mercato dell’arte, soprattutto nella misura in cui questi orienteranno la propria attività commerciale “a distanza” verso una maggiore professionalizzazione, responsabilità, trasparenza e sicurezza[29] che consentiranno di mantenere le gallerie d’arte quali irrinunciabili luoghi di inclusione sociale per la diffusione della cultura[30].
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare il vostro professionista di riferimento ovvero di scrivere ai seguenti professionisti: Alessandra Donati, Filippo Federici, Eliana Romanelli.
[1] Per una panoramica in merito agli interventi implementati a livello nazionale a sostegno della cultura si rimanda alla nota del “ARTE | During the Exhibition the Gallery Will Be Closed: l’ArTeam di Nctm in soccorso di artisti e galleristi” del dipartimento di Corporate & Commercial.
[2] Prima, dal DPCM dell’11 marzo 2020 a valere sino al 13 marzo 2020 e, poi, dal DPCM del 10 aprile 2020 a valere dal 14 aprile 2020 sino al, per il momento, 3 maggio 2020. Con specifico riferimento allo svolgimento di attività commerciali a distanza e mediante e-commerce, si rimanda alle FAQ del Governo.
[3] Si rimanda all’articolo di B. Boucher, "Galleries’ digital transformation accelerates".
[4] Cfr. https://www.exibart.com/opening/intervista-a-massimo-de-carlo-che-oggi-inaugura-vspace/ .
[5] Cfr. https://www.deodato.com/deodato_arte_italy/blog/post/varese-gallery-virtual-tour/.
[6] Cfr. https://www.davidzwirner.com/viewing-room.
[7] Cfr. https://gagosianviewingroom.com.
[8] Cfr. https://www.galleriacontinua.com/viewing-room/42.
[9] Cfr. https://raffaellacortese.com/viewing-room/.
[10] Si veda l’iniziativa HWVR della galleria Hauser and Wirth raccontata nell’articolo di E. Kinsella, "Why Hauser & Wirth Is Investing Big in a Virtual Reality Tool That Can Plan Shows, Calculate Fair Logistics, and Even Host Residencies".
[11] Cfr. https://www.exibart.com/progetti-e-iniziative/il-covid-19-aguzza-le-gallerie-i-progetti-online-di-crac-noero-e-poleschi/; https://partners.artsy.net/resource/ncontemporary-covid-19-response/.
[12] Si rimanda all’articolo di N. Freeman, "The New Bootstrapping: Faced With Closures, Galleries Are Forced to Finally Build Out Online Viewing Rooms—Often From Scratch".
[13] Cfr. https://partners.artsy.net. Si rimanda altresì all’articolo "Success Story: Mark Moore Fine Art. How Mark Moore transformed his brick-and-mortar space into a thriving online gallery".
[14] Si veda F. Poli, "Il sistema dell’arte contemporanea", Editori Laterza, Roma-Bari, 2017, pp. 57 e ss.; A. Donati, "I contratti degli artisti. Nuovi modelli di trattativa", Giappichelli, Torino, 2012, pp. 15 e ss.
[15] Si veda la definizione di “consumatore” di cui all’articolo 3 del Codice del Consumo, ai sensi del quale per consumatore si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
[16] Si vedano le definizioni di “contratto a distanza” e di “contratto negoziato fuori dai locali commerciali” di cui all’articolo 45, comma 1, lett. g) e lett. h) del Codice del Consumo.
[17] A riprova di questi usi, si rimanda alla virtuosa iniziativa di Responsible Art Market - RAM, che ha la finalità di accrescere la consapevolezza dei rischi legati alle operazioni commerciali concluse nel mercato dell’arte, fornendo delle linee guida pratiche per operare nel mercato dell’arte in maniera responsabile (cfr. http://responsibleartmarket.org).
[18] Nel caso di contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali trova applicazione la disciplina del diritto di recesso riconosciuto al consumatore dall’articolo 52 del Codice del Consumo, ai sensi del quale il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni dalla ricezione in consegna del bene acquistato, ovvero di un anno se non è stato adeguatamente adempiuto l’obbligo informativo da parte del professionista, per recedere dal contratto con efficacia ex tunc, senza dover fornire alcuna motivazione, e restituire il bene acquistato.
[19] Si veda G. De Cristofaro, "La tutela degli acquirenti di opere d’arte contemporanea non autentiche tra codice civile, codice del consumo e codice dei beni culturali", in AA.VV., "L’opera d’arte nel mercato. Principi e regole", Giappichelli, Torino, 2019, pp. 85 e ss.
[20] Nel caso di beni che presentano difetti di conformità al momento dell’acquisto opera la garanzia legale di conformità, secondo la quale il venditore è responsabile nei confronti del consumatore, il quale, senza addebito di spese, avrà il diritto a richiedere il ripristino del bene (nella forma della riparazione o sostituzione) o, alternativamente, la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto, con restituzione della somma pagata a fronte della restituzione del bene acquistato (articolo 130 del Codice del Consumo).
[21] Sulla norma in questione si rimanda a A. Donati, "Autentiche, archivi e cataloghi: gerarchie tra diritto e mercato", in AA.VV., "L’archivio d’artista. Tra dimensione privata e interesse pubblico", 2013, pp. 4 ss. (cfr. http://www.opencare.it/it/155/); e ad A. Donati, "Autenticità, “authenticité”, “authenticity” dell’opera d’arte. Diritto, mercato, prassi virtuose", in Riv. dir. civ., 2015, pp. 987 ss.
[22] Con il recepimento della V Direttiva Antiriciclaggio (Direttiva 2018/43/UE) ad opera del Decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125, sono stati inclusi tra i soggetti obbligati ad implementare sistemi di prevenzione in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo anche gli operatori del mercato dell’arte, ed in particolare le gallerie e le case d’asta, ovvero, come menzionato dalla stessa legge, “b) i soggetti che esercitano attività di commercio di cose antiche, i soggetti che esercitano il commercio di opere d’arte o che agiscono in qualità di intermediari nel commercio delle medesime opere, anche quando tale attività è effettuata da gallerie d’arte o case d’asta di cui all’articolo 115 TULPS qualora il valore dell’operazione, anche se frazionata o di operazioni collegate sia pari o superiore a 10.000 euro; c) i soggetti che conservano o commerciano opere d’arte ovvero che agiscono da intermediari nel commercio delle stesse, qualora tale attività è effettuata all’interno di porti franchi e il valore dell’operazione, anche se frazionata, o di operazioni collegate sia pari o superiore a 10.000 euro”.
[23] Tali sanzioni amministrative sono irrogate – ex art. 12 del Codice del Consumo - dall'autorità competente ai sensi della Legge 24 novembre 1981, n. 689.
[24] Ai sensi dall’articolo 70, comma 1-bis, della Legge sul diritto d’autore “È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete Internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma”.
[25] Si veda L. C. Ubertazzi, Commento all’art. 13 della legge d’autore, in "Commentario breve alle leggi sulla proprietà̀ intellettuale e concorrenza", WKI – Cedam, VII Edizione, p. 1543 secondo cui, in base al principio dell’esaurimento, l’“acquirente” sarebbe “libero di effettuare tutte le riproduzioni necessarie a rivendere l’esemplare dell’opera medio tempore acquistato: e che così ad esempio le case d’asta” potrebbero “realizzare cataloghi pubblicitari contenti i dipinti posti in vendita”. L’Autore sul punto rimanda a A. M. Gambino, "Le trasmissioni telematiche del bene immateriale", in AIDA, 1997, pp. 507-508.
[26] Si rimanda al sito dell’"ADAGP Société des Auteurs dans les Arts Graphiques et Plastiques" (cfr. https://www.adagp.fr/fr/droit-auteur/droits-patrimoniaux/exceptions-au-droit-patrimoniaux
[27] Cfr. http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1988/48/contents.
[28] Cfr. https://www.copyright.gov/title17/.
[29] Si rimanda all’articolo di E. Karmann, "Mercato dell’arte e cyber-crimini: quanto siamo preparati (e al sicuro)?".
[30] Si rimanda agli articoli di C. Masturzo, "Il futuro delle gallerie d’arte", e di A. Cohen, "Will Online Viewing Rooms Increase Price Transparency at Galleries?".