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    10.03.2022

    Crisi Ucraina: come impattano le “sanzioni SWIFT” sui contratti commerciali soggetti a legge italiana


    [NOTA IMPORTANTE: il presente documento è aggiornato al giorno 10 marzo 2022; dal momento che il conflitto in corso -iniziato con l’invasione da parte dell’esercito russo del territorio ucraino tra il 23 e 24 febbraio scorso- e la situazione geopolitica che ne consegue, sono in continua evoluzione, le considerazioni di cui al presente documento devono ritenersi preliminari e soggette ad aggiornamenti e approfondimenti]

     

     

    1. INTRODUZIONE

    La Russia, il 21 febbraio 2022, ha riconosciuto l’indipendenza delle regioni separatiste di Donetsk e di Luhansk nell’area del Donbass dell’Ucraina orientale e, nella notte tra il 23 e 24 febbraio 2022, ha dato avvio ad un’operazione militare nel territorio ucraino.

     

    In risposta a tali avvenimenti, (anche) l’Unione Europea ha disposto una serie di sanzioni economiche e finanziarie[1] volte a colpire la Russia[2], le due regioni separatiste citate e molteplici persone fisiche e giuridiche parte dei (o vicine ai) vertici politici russi.

     

    Lo scenario sopra sinteticamente delineato comporta rilevanti implicazioni per tutti e ciò anche in una prospettiva economico-finanziaria e giuridica.

     

    Stante la natura eccezionale della drammatica situazione internazionale di questi giorni e il complesso quadro giuridico, ci si è interrogati su quali possano essere le conseguenze delle predette misure sanzionatorie sui rapporti commerciali in essere con entità (siano esse persone fisiche o giuridiche) russe[3].

     

    Il presente documento ha ad oggetto la rilevanza che le Sanzioni SWIFT (come di seguito definite) potrebbero assumere all’interno del quadro normativo italiano di riferimento, nell’ottica di iniziare ad immaginare, per quanto la situazione sia in continua evoluzione, possibili rimedi manutentivi dei contratti regolati dalla legge italiana e in essere prima dell’adozione delle predette Sanzioni SWIFT.

     

     

    1. IL SISTEMA BANCARIO SWIFT

    Il sistema che fa capo alla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (o SWIFT) è stato creato nel 1973 per fornire un metodo standardizzato e sicuro per effettuare pagamenti all’estero.

     

    In particolare, lo SWIFT è un consorzio internazionale di banche con sede in Belgio che collega attraverso una rete informatica circa 11.000 istituzioni finanziarie in oltre 200 paesi di tutto il mondo.

     

    In buona sostanza, il sistema SWIFT è una rete di messaggistica che consente alle banche di scambiarsi informazioni per via elettronica.

     

    SWIFT utilizza una combinazione alfanumerica - il c.d. codice BIC - che consente di identificare in maniera precisa l’istituto bancario del mittente del pagamento e del destinatario in caso di bonifici internazionali e identifica il paese di provenienza del pagamento evitando di confondere banche situate in paesi diversi e rendendo più semplici e veloci i pagamenti.

     

    Poiché lo SWIFT comunica solo l’identità del mittente e del beneficiario, ma non serve a effettuare la transazione, esso rappresenta un metodo di gestione dei pagamenti internazionali estremamente sicuro, consentendo lo scambio di istruzioni standardizzate fra enti finanziari così riducendo i possibili errori fra banche a livello di trasferimenti internazionali di denaro.

     

    Le alternative a SWIFT

     

    SWIFT rappresenta oggi il sistema internazionale più diffuso, ma non l’unico.

     

    In particolare, la Cina e la Russia hanno realizzato negli ultimi anni dei sistemi alternativi, sebbene (molto) meno integrati nell’economia internazionale rispetto a SWIFT.

     

    Il sistema cinese è il CIPS (Cross-Border Interbank Payment System)[4], gestito dalla People’s Bank of China e basato sulla valuta cinese; è supportato da circa 1.280 istituti finanziari del mondo, fra cui, alcuni giapponesi, russi e africani oltre che da talune banche occidentali.

     

    Il principale limite del CIPS riguarda proprio l’uso della valuta cinese rispetto al dollaro statunitense, che invece è centrale per SWIFT e che dunque non ha la stessa valenza nominale negli scambi commerciali internazionali.

     

    Per avere una portata internazionale, CIPS ha siglato un accordo con SWIFT nel 2016 in modo che anche le banche che non hanno una partecipazione diretta in CIPS potessero completare le loro operazioni.

     

    Il sistema della Russia, chiamato SPFS (System for Transfer of Financial Messages)[5], è invece usato prevalentemente sul mercato interno russo, dove nel 2021 ha rappresentato il 20% delle operazioni.

     

    Vi partecipano 400 banche e nel tempo hanno aderito anche banche straniere di alcuni Stati tra i quali si annoverano anche Armenia, Bielorussia, Germania, Kazakistan, Kirghizistan e Svizzera.

     

     

    1. LE SANZIONI SWIFT

    Nel quadro delle sanzioni contro l’operazione militare russa dell’Ucraina vagliate dai principali Paesi occidentali, l’Unione Europea (insieme a -fra gli altri- USA, UK e Canada) ha adottato talune misure restrittive tra cui quelle volte a escludere alcune delle principali banche russe dal sistema SWIFT (le “Sanzioni SWIFT”)[6].

     

    Nel dettaglio, in data 1 marzo 2022, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato il Regolamento (UE) 345/2022 (il “Regolamento”) che modifica il Regolamento (UE) n. 833/2014 concernente misure restrittive in relazione all’annessione da parte della Russia della Crimea e di Sebastobili del 2014.

     

    Con tale Regolamento, il Consiglio dell’Unione Europea ha, tra l’altro, vietato di:

    (i) prestare servizi specializzati di messaggistica finanziaria, utilizzati per scambiare dati finanziari (SWIFT), alle seguenti sette banche russe[7]: Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Bank Rossiya, Sovcombank, VNESHECONOMBANK (VEB) e VTB BANK[8]. Da notare che tale divieto trova applicazione anche con riferimento a persone giuridiche, entità od organismi stabiliti in Russia i cui diritti di proprietà siano direttamente o indirettamente detenuti per oltre il 50% dalle suddette banche;

    (ii) investire, partecipare o contribuire in altro modo a progetti futuri co-finanziati dal Fondo Russo per gli investimenti diretti - RDIF [9]; e di

    (iii) vendere, fornire, trasferire o esportare banconote denominate in euro alla Russia o a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia, ivi compresi il governo russo e la banca centrale russa, o per un uso in Russia[10].

    Fatta eccezione per il divieto sub (i), che entrerà in vigore il decimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'UE del Regolamento (i.e. il 12 marzo 2022), i divieti sub (ii) e (iii) sono entrati in vigore il giorno di pubblicazione del predetto Regolamento (i.e. il 2 marzo u.s.).

     

    In definitiva – condannando con fermezza l'aggressione militare della Russia nei confronti dell'Ucraina[11] – l’obiettivo delle predette sanzioni adottate dal Consiglio dell’Unione Europea e, in particolare, l’esclusione di importanti banche russe dal SWIFT, risulta essere quello di paralizzare finanziariamente la Russia pregiudicandone in modo rilevante la capacità di operare commercialmente a livello mondiale.

     

     

    1. GLI ISTITUTI DEL CODICE CIVILE

    Come accennato, l’adozione da parte, inter alia, dell’Unione Europea delle Sanzioni SWIFT comporta la necessità di approfondire quale sia la portata dell’impatto di tali provvedimenti sui rapporti giuridici in essere tra operatori economici italiani e russi.

     

    Le Sanzioni SWIFT, così come le eventuali ulteriori misure straordinarie e urgenti che dovessero essere adottate dall’Unione Europea e/o dal Governo Italiano per fronteggiare la crisi ucraina, potrebbero infatti assumere rilevanza in relazione all’esecuzione dei contratti commerciali e all’adempimento delle relative obbligazioni, ivi incluse, in particolare, quelle di pagamento.

     

    In tale contesto, ferme le specifiche clausole previste di volta in volta dal contratto rilevante e attesa la assoggettabilità dello stesso alla legge italiana, gli istituti giuridici che potrebbero assumere rilevanza sono quelli della forza maggiore e del factum principis.

     

    Il codice civile italiano non fornisce una definizione vera e propria di forza maggiore, seppure contempli alcuni istituti la cui applicazione presuppone il verificarsi di situazioni riconducibili a tale concetto ossia eventi naturali e umani che, una volta che si sono verificati, per la loro impetuosità, sono sostanzialmente non superabili con lo sforzo che si può legittimamente richiedere al debitore.

     

    In particolare le due caratteristiche che un evento deve presentare per essere considerato di forza maggiore sono la straordinarietà e l’imprevedibilità[12], rientrando dunque in tale categoria solo quell’evento che impedisce la regolare esecuzione del contratto e rende, inoltre, inefficace qualsiasi azione dell’obbligato diretta ad eliminarlo, fermo sempre restando che l’accadimento impediente non deve essere dipeso da azioni od omissioni dirette o indirette del debitore medesimo.

     

    Nell’ipotesi in cui si verifichi un evento qualificabile come forza maggiore nei termini sopra descritti, ferma l’opportunità di una valutazione caso per caso al fine di attivare il rimedio maggiormente opportuno anche alla luce del (conte)testo contrattuale rilevante[13], si dovrà fare riferimento, inter alia, all’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore[14].

     

    L’impossibilità sopravvenuta

     

    Per impossibilità sopravvenuta si intende quella situazione impeditiva dell’adempimento non prevedibile al momento del sorgere del rapporto obbligatorio e non superabile con lo sforzo che può essere legittimamente richiesto al debitore.

     

    L’impossibilità sopravvenuta può essere[15]:

    • definitiva, per tale intendendosi quella determinata da un impedimento irreversibile, ovvero quella di cui si ignora se potrà venire meno; essa estingue automaticamente l’obbligazione (art. 1256, comma 1, c.c.); o
    • temporanea, per tale intendendosi quella determinata da un impedimento di natura transitoria. L’impossibilità temporanea determina 1) l’estinzione dell’obbligazione solo quando perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla; ovvero negli altri casi, 2) l’impossibilità temporanea, semplicemente esonera il debitore dalla c.d. responsabilità per ritardo nell’adempimento che però dovrà essere effettuato non appena venuta meno la causa che lo impediva (art. 1256, comma 2, c.c.); e

     

    • totale, per tale intendendosi quella che preclude integralmente il soddisfacimento dell’interesse creditorio; essa, se definitiva, importa l’estinzione dell’obbligazione (art. 1256, comma 1, c.c.); o
    • parziale, per tale intendendosi quella che preclude solo in parte il soddisfacimento dell’interesse creditorio; essa, se definitiva, importa l’estinzione dell’obbligazione per la parte divenuta impossibile, con la conseguenza che il debitore dovrà effettuare la parte della prestazione rimasta possibile, senza che il creditore possa rifiutare l’adempimento parziale (art. 1258, comma 1, c.c.).

    Il factum principis

     

    Nell’ambito della forza maggiore rientra altresì il c.d. factum principis o impossibilità giuridica, per tale intendendosi quella situazione impeditiva della prestazione determinatasi per il sopravvenire di una norma o di un provvedimento della pubblica autorità che non può essere in alcun modo superata per quanti sforzi il debitore ponga in essere[16].

     

    Rientrano in quest’ambito gli ordini o i divieti o i provvedimenti dell’autorità (legislativa, amministrativa, giudiziaria) sopravvenuti rispetto a un dato regolamento contrattuale, motivati da interessi generali, che rendono impossibile la prestazione, a prescindere dalla condotta tenuta dalla parte obbligata.

     

    In estrema sintesi, si tratta di circostanze che operano quali esimenti della responsabilità della parte debitrice.

     

    Secondo la giurisprudenza di legittimità[17], tale ipotesi di esonero della responsabilità non opera “automaticamente”, atteso che sul debitore grava comunque l’onere di provare che l'ordine o il divieto dell'autorità sia stato determinante nella causazione dell’inadempimento e che sia configurabile come un fatto totalmente estraneo alla volontà dell'obbligato e ad ogni suo obbligo di ordinaria diligenza[18].

     

    Difatti, di fronte all’intervento dell’autorità, il debitore non deve restare inerte, né porsi in condizione di soggiacervi senza rimedio, ma deve, nei limiti dell’ordinaria diligenza, sperimentare ed esaurire tutte le possibilità che gli si offrono per superare la situazione che si frappone all’adempimento dell’obbligazione.

     

    Fermo quanto precede, trattandosi di un’ipotesi di impossibilità, trovano poi applicazione le norme sull’impossibilità sopravvenuta sopra richiamate.

     

     

    1. CONCLUSIONI

    Alla luce di quanto precede, ove il sinallagma contrattuale sia alterato in considerazione di provvedimenti legislativi – quali ad esempio le sanzioni adottate dall’Unione Europea, tra cui in particolare le Sanzioni SWIFT – verrebbe in rilievo la fattispecie della c.d. impossibilità sopravvenuta (ma non del factum principis).

     

    Mentre -in linea di principio- è inevitabile la risoluzione per factum principis di contratti commerciali aventi ad oggetto l’importazione in Russia di beni c.d. dual use per sopravvenuta impossibilità[19], le Sanzioni SWIFT pongono non pochi problemi interpretativi relativamente alle obbligazioni pecuniarie che, in quanto tali, non divengono (o non dovrebbero diventare) mai impossibili, non essendo esposte a una materiale o giuridica oggettiva impossibilità, ma solo a una soggettiva inattuabilità, connessa all’indisponibilità dei meccanismi di pagamento di cui al sistema SWIFT da parte del debitore[20].

     

    Ed invero, come si è più volte visto nel contesto della pandemia da Covid 19, il concetto di impossibilità della prestazione non dovrebbe ricomprende la c.d. impotenza finanziaria atteso che il denaro è un bene generico, fungibile e imperituro (genus numquam perit)[21]. Ne deriva, che la maggiore difficoltà del debitore di procurarsi la provvista finanziaria, non dovrebbe costituire ex se una impossibilità di adempiere la prestazione essendo la stessa sempre possibile[22].

     

    Il debitore non potrebbe dunque invocare tale circostanza al fine di estinguere la sua obbligazione.

     

    Fermo quanto precede, le sanzioni imposte (anche) dall’Unione Europea a talune banche Russe[23], tra cui in particolare le Sanzioni SWIFT, potrebbero però aprire un nuovo scenario in cui persino i pagamenti dovrebbero essere considerati - secondo un’interpretazione evolutiva che tenga conto dell’impatto operativo delle menzionate sanzioni - impossibili[24] facendo venire meno la responsabilità da parte del debitore in relazione alle relative obbligazioni di pagamento.

     

    In ogni caso si tratterebbe comunque di una impossibilità temporanea in quanto determinata da un impedimento di natura, auspicabilmente, transitoria[25].

     

    In tale contesto, risulta quindi necessario comprendere - caso per caso - se le Sanzioni SWIFT debbano essere considerate, da un punto di vista anche operativo, a) una impossibilità (quantomeno temporanea) sopravvenuta che esime il debitore da responsabilità ovvero b) un evento che determina solo una maggiore difficoltà del pagamento. In quest’ottica, bisognerà quindi valutare se e quali possano essere gli eventuali e legittimi strumenti a disposizione delle parti (e segnatamente del debitore) alternativi all’utilizzo del circuito di pagamento tramite SWIFT.

     

    In particolare, dal momento che la conservazione del contratto rappresenta la soluzione preferibile[26] rispetto al suo scioglimento, l’attenzione deve volgere all’individuazione di eventuali possibili sforzi “manutentivi” dello stesso volti, in ogni caso, a non pregiudicare l’equilibrio sinallagmatico in termini di tempo e risorse.

     

    In via preliminare e ferma una valutazione in concreto[27], al fine di attivare lo strumento maggiormente opportuno o anche solo percorribile alla luce del contesto e del rapporto contrattuale rilevante, risultano -allo stato- almeno i seguenti possibili rimedi (rectius sforzi):

    • rivolgersi a istituiti bancari che adottino circuiti alternativi, come quello cinese (CIPS) o russo (SFPS): tale soluzione sconta le forti limitazioni operative dei sistemi stessi che sono ancora in fase di espansione essendo adottati da un limitato numero di istituti finanziari;
    • ove possibile[28], fare ricorso a performance bond, garanzie a prima richiesta e/o letter of credit emessi da istituti bancari del circuito SWIFT e/o, eventualmente, da banche che utilizzano circuiti di pagamento differenti da SWIFT: in tale ipotesi la principale difficoltà potrebbe essere che l’istituto bancario di riferimento non sia disposto a garantire la prestazione in ragione della situazione geopolitica attuale;
    • fare ricorso a cripto-valute[29]: i principali rischi connessi a tale metodo di pagamento sono sicuramente la fluttuazione del valore di mercato delle monete virtuali e la scarsa regolamentazione, da un punto di vista giuridico-finanziario, del settore di riferimento (con rilevanti conseguenze anche sulla tracciabilità dei fondi per i soggetti obbligati in caso di richiesta di cambio in valuta corrente exLgs. n. 231/2007).

    Purtuttavia, in considerazione del carattere eccezionale della crisi ucraina e della continua evoluzione delle sanzioni via via adottate nei confronti della Russia, è irrinunciabile una valutazione ratione temporis e caso per caso dei singoli rapporti commerciali impattati dalle Sanzioni SWIFT.

     

     

     

    Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Paolo Gallarati, Filippo Federici, Martina Da Re e Valentina Molinari

     

     

     

     

     

    [1] Una panoramica preliminare in merito alle sanzioni imposte e in via di imposizione nei confronti della Russia, con particolare focus sulle sanzioni adottate dall’Unione Europea e da alcuni altri paesi tra cui gli Stati Uniti, si rinvia alla nota “Crisi Ucraina: le misure sanzionatorie” del 7 marzo 2022, disponibile al seguente sito web https://www.advant-nctm.com/news/articoli/crisi-ucraina-le-misure-sanzionatorie.

     

    [2] E, con il pacchetto di sanzioni supplementari adottato dal Consiglio dell’UE il 9 marzo 2022 in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’UE, anche a Bielorussia: https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/restrictive-measures-against-belarus/belarus-timeline/

     

    [3] Le considerazioni di cui al presente documento devono considerarsi rilevanti per Russia e Bielorussia in ragione di quando indicato nella nota 2 che precede.

     

    [4] Qui di seguito il link al sito di CIPS: https://www.cips.com.cn/cipsen/7052/7057/index.html

     

    [5] Qui il link alla pagina rilevante della Bank of Russia: https://www.cbr.ru/eng/psystem/fin_msg_transfer_system/

     

    [6] Per una panoramica preliminare in merito alle varie sanzioni imposte e in via di imposizione nei confronti della Russia, si rinvia sempre al memorandum “Crisi Ucraina: le misure sanzionatorie” cit.

     

    [7] Le misure supplementari di cui alla nota 2 limitano, fra l’altro, la prestazione di servizi specializzati di messaggistica finanziaria (SWIFT) a tre banche bielorusse.

     

    [8] Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1 del Regolamento (UE) 345/2022, è inserito il seguente articolo 5-nonies nel Regolamento (UE) n. 833/2014 ai sensi del quale: “A partire dal 12 marzo 2022 è vietato prestare servizi specializzati di messaggistica finanziaria, utilizzati per scambiare dati finanziari, alle persone giuridiche, alle entità o agli organismi elencati nell'allegato XIV o a persone giuridiche, entità od organismi stabiliti in Russia i cui diritti di proprietà siano direttamente o indirettamente detenuti per oltre il 50 % da un'entità elencata nell'allegato XIV”.

     

    [9] Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1 del Regolamento (UE) 345/2022, all’articolo 2-sexies del Regolamento (UE) n. 833/2014 sono inseriti i seguenti paragrafi: “3. È vietato investire, partecipare o contribuire in altro modo a progetti cofinanziati dal Fondo russo per gli investimenti diretti. 4. In deroga al paragrafo 3, le autorità competenti possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, una partecipazione all'investimento o un contributo a progetti cofinanziati dal Fondo russo per gli investimenti diretti, dopo aver accertato che tale partecipazione o contributo sono dovuti in forza di contratti conclusi prima del 2 marzo 2022 o di contratti accessori necessari per l'esecuzione di tali contratti”.

     

    [10] Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1 del Regolamento (UE) 34/2022, è inserito il seguente articolo 5-decies nel Regolamento (UE) n. 833/2014 ai sensi del quale: “1. È vietato vendere, fornire, trasferire o esportare banconote denominate in euro alla Russia o a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia, ivi compresi il governo russo e la banca centrale russa, o per un uso in Russia.

    1. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica alla vendita, alla fornitura, al trasferimento o all'esportazione di banconote denominate in euro se la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione sono necessari per: a) uso personale da parte di persone fisiche che si recano in Russia o dei loro familiari più stretti che li accompagnano; o b) scopi ufficiali di missioni diplomatiche o consolari od organizzazioni internazionali in Russia che godono di immunità in virtù del diritto internazionale”.

    [11] In questi termini si è espressa la Commissione Europea: ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/stronger-europe-world/eu-solidarity-ukraine_it

     

    [12] Cfr. Cass. Civ., 25 maggio 2007, n. 12235, in cui la Corte di Cassazione ha fornito una precisa descrizione di entrambi i termini. In particolare: la straordinarietà, secondo la Suprema Corte, ha carattere obiettivo, nel senso che deve trattarsi di un evento anomalo, misurabile e quantificabile sulla base di elementi quali la sua intensità e dimensione. Per contro, l’imprevedibilità ha natura soggettiva, in quanto riguarda la capacità conoscitiva e la diligenza della parte contraente. La valutazione di tale caratteristica deve avvenire, però, in modo totalmente obiettivo, prendendo a modello il comportamento di una persona media, che versi nelle stesse condizioni.

     

    [13] Il limite posto alla responsabilità del debitore dall’art. 1218 c.c. non è costituito dalla impossibilità “oggettiva ed assoluta” della prestazione cosi come teorizzata, già sotto il vigore del codice civile del 1865, quanto piuttosto da una impossibilità oggettiva, ma al tempo stessa non assoluta bensì relativa. In questi precipui termini F. Realmonte in Caso fortuito e forza maggiore, Wki, 1988 il quale sostiene anche che occorre avere riguardo al singolo contratto per conoscere le obbligazioni ad esso riconducibili per valutare in concreto fin dove possa spingersi lo sforzo richiesto al debitore per rimuovere eventuali ostacoli sopravvenuti (e frapposti da altri) all’esatto adempimento. Sul punto si veda anche L. Mengoni, La responsabilità contrattuale, Jus – Rivista di scienze giuridiche, 1986, pp. 87 e ss. secondo il quale a sopravvenienza dell’impossibilità va valutata “alla stregua del regolamento contrattuale in funzione del quale l’obbligazione si è costituita. Perciò in un medesimo tipo di rapporto l’intensità del vincolo obbligatorio, cioè la misura dell’impegno assunto dal debitore per soddisfare l’interesse del creditore, può essere diversa a seconda delle circostanze individuali in cui la promessa è stata fatta”.

     

    [14] Ci si riferisce in particolare agli istituti di cui agli artt. 1218 “Responsabilità del debitore”, 1256 “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea”, 1258 “Impossibilità parziale”, 1463 “Impossibilità totale” e 1467 “Contratto con prestazioni corrispettive” c.c.. In particolare, l’istituto dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (cfr. art. 1467 c.c.) consente la risoluzione di contratti il cui equilibrio sia modificato da avvenimenti sopravvenuti – straordinari e non ragionevolmente prevedibili al momento della conclusione del contratto – che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale e che rendono una delle prestazioni sottese al contratto eccessivamente onerosa o oggettivamente svilita nel proprio valore e/o nella propria utilità.

     

    [15] In questi termini si veda A. Torrente e P. Schlesinger, Manuale di Diritto privato, Diciannovesima edizione, 2009, Giuffrè, pp. 450 e ss.

     

    [16] Così A. Torrente e P. Schlesinger, op.cit., pp. 402 e ss.

     

    [17] Cfr. Cass. Civ., 30 aprile 2012, n. 6594, in De Jure.

     

    [18] Cfr. Cass. Civ., 8 giugno 2018, n. 14915, in De Jure, secondo la quale: “Nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare l'impossibilità sopravvenuta con riferimento ad un ordine o divieto dell'autorità amministrativa (factum principis) sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità”. Conformemente si vedano anche Cass. Civ., 10 giugno 2016, n. 11914 e Cass. Civ., 28 novembre 1998, n. 12093.

     

    [19] Sul punto si rinvia sempre alla panoramica preliminare “Crisi Ucraina: le misure sanzionatorie”, op.cit.

     

    [20] Sull'irrilevanza della condizione soggettiva di impotenza finanziaria del debitore e della causa, pur anche a questi non imputabile, si veda la Relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile la quale prevede che: “non può, agli effetti liberatori, essere presa in considerazione l'impossibilità di adempiere l'obbligazione, originata da cause inerenti alla persona del debitore o alla sua economia, che non siano obiettivamente collegate alla prestazione dovuta”. Sul punto si rinvia alla Relazione Tematica n. 56 della Corte Suprema di Cassazione, 8 luglio 2020 “Novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”. In termini più dubitativi si veda invece: P. Perlingieri, Commento all’art. 1256 c.c., in Commentario del Codice Civile, A. Scialoja e G. Branca (a cura di), 1975, Zanichelli, Bologna, p. 484.

     

    [21] Sul punto si veda la Relazione Tematica n. 56 della Corte Suprema di Cassazione, op. cit.. Nello stesso senso anche C. M. Bianca, in Diritto Civile, IV, L'obbligazione, Milano, 143 ss. secondo il quale “nelle obbligazioni di somme, del resto, la prestazione è sempre possibile in ragione della normale convertibilità in denaro di tutti i beni presenti e futuri. La norma-cardine dell’art. 2740 c.c., nel prevedere che il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, trova il proprio respiro applicativo nella possibilità di far trasformare in denaro il valore dei beni del debitore attraverso il procedimento di espropriazione forzata”.

     

    [22] Cfr. Cass. Civ., 15 novembre 2013, n. 25777 in De Jure che in motivazione osserva come: “Giova rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'impossibilità che, ai sensi dell'art. 1256 estingue l'obbligazione, è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e non si identifica, pertanto, con una semplice difficoltà di adempiere e cioè con una qualsiasi causa che renda più oneroso l'adempimento ma consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l'adempimento; il che, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit, può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato, e non già una somma di denaro”.

     

    [23] E bielorusse, si veda nota 2 che precede.

     

    [24] Quale risultato di una valutazione relativistica (cfr. nota n. 13 che precede) da effettuarsi caso per caso.

     

    [25] Sul punto, come anticipato, l'art. 1256 c.c., al secondo comma, prevede che se l'impossibilità è temporanea il debitore non è responsabile del ritardo ma che lo stesso è comunque tenuto all'adempimento della prestazione fino al momento in cui "in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione, ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla". Ne consegue che, venuta meno la causa impeditiva, il debitore sarà comunque tenuto ad eseguire la prestazione. Tuttavia, è verosimile che, in una situazione di criticità come quella descritta nell’introduzione, il prolungato stato di impossibilità potrebbe far venir meno l’obbligo del debitore a eseguire la prestazione ovvero l’interesse del creditore a conseguirla e, conseguentemente, portare all'estinzione dell'obbligazione stessa.

     

    [26] Ai sensi del principio di conservazione del contratto di cui all’art. 1372 c.c., richiamato e stressato anche dalla Corte di Cassazione nella Relazione Tematica n. 56, op.cit., per estendere il rimedio manutentivo di cui all’art. 1467 c.c. anche alla parte oberata dalla sopravvenienza con la diretta conseguenza che anch’essa sarebbe dotata del potere d’invocare la riduzione a equità del contratto squilibrato che spetterebbe, nei contratti onerosi, solo a controparte.

     

    [27] Da un punto di vista meramente operativo, risulta in primo luogo opportuno:

    1. assicurarsi che il contratto sia regolato da legge italiana (diversamente bisognerebbe far riferimento alla diversa legge applicabile);
    2. verificare eventuali specifiche clausole contrattuali volte a disciplinare situazioni quanto meno analoghe;
    • indagare se il debitore o il creditore sia intestatario esclusivamente di conti correnti presso le summenzionate sette banche Russe destinatarie delle Sanzioni SWIFT;
    1. accertare che il creditore abbia comunque interesse ad ottenere la prestazione nonostante gli inevitabili ritardi nei pagamenti determinati dalle Sanzioni SWIFT.

    [28] Con il c.d. terzo pacchetto di sanzioni dell’UE è stata anche vietata l’assistenza finanziaria per il commercio con la Russia o per gli investimenti in essa, ad eccezione di impegni di finanziamento vincolanti preventivi, del commercio di prodotti alimentari o per scopi agricoli, medici o umanitari. Sul punto si rinvia sempre a “Crisi Ucraina: le misure sanzionatorie”, op.cit..

     

    [29] Tale “soluzione” è già stata largamente e recentemente adottata anche per finanziare gli aiuti umanitari in Afghanistan. In relazione alle cripto valute, oltre ai rischi sopra indicati, si raccomanda particolare cautela vista e considerata anche la sempre maggiore attenzione riservata alle stesse da parte dei paesi occidentali e la precisazione dell’UE di ieri 9 marzo 2022 - contemporanea all’adozione di un pacchetto di sanzioni che, fra l’altro, estende la portata delle Sanzioni SWIFT ad alcune importanti banche bielorusse, divieto di esportazione di tecnologia navale in Russia, aggiunta di ulteriori 160 soggetti (oligarchi e alti dirigenti governativi russi e bielorussi) – secondo la quale le cripto valute e in generale tutti i cripto assets sono interessati dalle precedenti sanzioni comminate dall’UE.

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