Tratto da Diritto Bancario
Il caso dei fondi immobiliari. Commento a CTP di Milano, 18 aprile 2017, n. 3681/22/2017.
La Commissione Tributaria di Milano ha recentemente rigettato il tentativo della Agenzia delle Entrate di riqualificare – in base all’art. 20 del D.pr. n. 131/1986 (Testo unico in materia di imposta di registro) – il trasferimento di immobili ad un fondo immobiliare, contestuale al trasferimento di un ramo aziendale ad una società partecipata dal fondo medesimo, in una cessione unitaria di azienda, eseguita dallo stesso trasferente a favore del fondo. Secondo la Commissione (sentenza n. 3681/22/2017 - presidente Giucastro, relatore Miceli), ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’articolo 20 consente unicamente di tassare il singolo atto in base ai relativi effetti giuridici propri, ma non di contestare l’elusività del comportamento tenuto, né di tassare gli atti da registrare in base agli effetti economici altrimenti prodotti.
La decisione è di rilievo, e ridimensiona una tendenza oramai ricorrente dei verificatori – specie in tema di imposte d’atto – a rileggere in chiave puramente “sostanzialistica” i comportamenti (anche del tutto lineari) dei contribuenti, al fatidico scopo del recupero del gettito. Secondo la recente Commissione tributaria provinciale di Milano, le Entrate non possono infatti riqualificare in uno – come cessione d’azienda immobiliare unitaria a favore del fondo trasferitario – l’atto di conferimento di azienda, seguito dalla cessione della totalità delle quote e il trasferimento degli immobili realizzato, a propria volta, tramite distinto atto, allorché non sia provata una manipolazione ed alterazione dello schema negoziale e degli atti distinti sottostanti. Né potrebbe, l’Agenzia, riqualificare l’oggetto del trasferimento quale unica azienda, allorché la parte immobiliare risulti – in valore – nettamente prevalente rispetto al comparto aziendale oggetto di distinto trasferimento.
(...)
ne deriva che:
- fino a che non sia dimostrato che gli atti registrati contengano elementi che ne mutino la natura intrinseca rispetto al nomen iuris (come potrebbe essere, ad esempio, nel contratto di comodato in cui si rilevi la presenza di un corrispettivo, a dispetto del fatto che la esistenza stessa di un corrispettivo sia del tutto confliggente rispetto alla natura giuridica propria del comodato, tipicamente gratuito), allora l’art. 20 non può trovare applicazione in termini di riqualificazione degli atti ai fini impositivi, nemmeno ove si vogliano operare ricostruzioni rispetto alla natura economica degli effetti da ultimo raggiunti tramite quegli atti;
- laddove invece la indagine, ai fini impositivi, sugli effetti economici ultimi raggiunti, voglia deviare rispetto agli effetti giuridici propri degli atti registrati, allora occorrerà casomai ipotizzare la applicazione di norma diversa dall’art. 20 in materia di imposta di registro, ossia dell’art. 10bis già citato in materia di anti-abuso, fermo tuttavia l’onere – in capo alla Amministrazione finanziaria – di tenere in considerazione tutte le tutele ivi previste a favore del contribuente e delle operazioni economiche da questo intraprese.