Il Tribunale di Milano con decisione del 17 settembre 2015 ha stabilito che l’escussione di una fideiussione nelle more della decisione su un’istanza di sospensione o scioglimento determina il venir meno delle condizioni per la concessione del provvedimento richiesto.
Il caso
Una società ha presentato motivata istanza di sospensione e quindi di scioglimento dei contratti pendenti aventi ad oggetto un finanziamento statale per l’investimento in una impresa straniera nonché, secondo lo schema tipico dei finanziamenti concessi da SIMEST S.p.A., della collegata fideiussione rilasciata da un istituto di credito in favore di SIMEST S.p.A. e del contratto di costituzione di pegno da parte della società in favore della banca a garanzia del credito di regresso di cui alla fideiussione.
Dopo l’iniziale istanza di sospensione e dopo che il Tribunale aveva fissato il contraddittorio tra le parti, senza però provvedere sulla sospensione richiesta, SIMEST S.p.A. ha escusso la fideiussione. La società debitrice ha contestato l’escussione, intervenuta nonostante le previe diffide e, una volta presentata la proposta ed il piano di concordato, ha formulato richiesta di autorizzazione allo scioglimento dei contratti.
Il Giudice Delegato ha concesso l’autorizzazione allo scioglimento.
La banca ha proposto reclamo al Tribunale contestando l’applicabilità alla fattispecie della disciplina sui contratti pendenti nel concordato.
Le questioni
Diverse incertezze riguardano, come noto, l’individuazione dell’ambito di applicazione della disciplina dell’art. 169-bis l.fall. in tema di scioglimento ovvero sospensione di contratti in corso di esecuzione.
Nel caso di specie si è posta una questione peculiare, in relazione alla sopravvenienza di fatti nella pendenza dell’istanza presentata dal debitore.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale di Milano ha accolto il reclamo proposto dalla banca, affermando in sintesi (i) che l’escussione della fideiussione determina il venir meno della pendenza del contratto, intendendosi per pendenza rilevante ai fini dell’art. 169-bis l.fall. la condizione di bilaterale e almeno parziale inesecuzione degli obblighi contrattuali e (ii) che l’eventuale provvedimento di sospensione e/o scioglimento non potrebbe far retroagire i propri effetti al momento di presentazione della relativa istanza, bensì potrebbe disporre solamente pro futuro.
Nel caso in cui, come avvenuto nel caso di specie, un debitore depositi istanza di autorizzazione alla sospensione ovvero allo scioglimento di un contratto pendente e, medio tempore, intervenga una situazione di integrale adempimento ovvero esaurimento degli effetti del contratto da parte di uno dei due contraenti, discende il venir meno della pendenza del contratto ai sensi dell’art. 169-bis l.fall., con conseguente impossibilità del Tribunale di pronunciarsi, dal momento che il deposito in sé dell’istanza non produce alcun effetto, per così dire, “conservativo” dello status di pendenza del contratto.
Commento
La pronuncia in esame – in una fattispecie in cui era applicabile l’art. 169-bis l.fall. nella formulazione antecedente alle recenti modifiche del d.l. n. 83/2015 – segue l’orientamento maggioritario, recepito nella disciplina oggi vigente, in tema di determinazione del momento di efficacia del provvedimento del Tribunale. Sotto questo aspetto la riforma ha senz’altro compiuto un determinante apporto in termini di certezza del diritto nelle procedure concordatarie, ma non ha affrontato il tema specifico che si è posto nella decisione qui esaminata.
La soluzione offerta dal Tribunale di Milano può destare qualche perplessità, se si considera che viene così concesso alla controparte del debitore concordatario di frustrare unilateralmente gli effetti del provvedimento che viene richiesto al Tribunale di pronunciare.
Per ulteriori informazioni:Fabio Marelli, fabio.marelli@advant-nctm.com