Lo scorso 16 febbraio il Parlamento europeo ha inoltrato alla Commissione alcune raccomandazioni (A8-0005/2017) concernenti norme di diritto civile sulla robotica. Il Parlamento ha inteso sensibilizzare la Commissione sulla necessità di verificare l'idoneità delle attuali norme di diritto civile a disciplinare le situazioni che necessariamente sempre di più prenderanno vita per effetto dell'attività svolta dalle macchine aventi un'intelligenza artificiale, in generale, e dai robot, in particolare.
Siamo, infatti, certamente alle porte di una nuova rivoluzione industriale e, pertanto, gli ordinamenti giuridici, a maggior ragione quello europeo, devono aggiornarsi per tempo al fine di non farsi trovare inadeguati. La Commissione è libera di seguire i suggerimenti del Parlamento, ma, qualora non li seguisse - evento che, peraltro, accade poco frequentemente - deve motivarne il motivo. È ben possibile, quindi, già in questa fase iniziale dell'iter legislativo comunitario, commentare il contenuto del documento parlamentare, avendo una ragionevole aspettativa di un provvedimento finale in linea con quanto suggerito.
Una simulazione dell'intelletto umano L'intelligenza artificiale (IA) può essere, in buona sostanza, definita come una simulazione dell'intelletto umano da parte di un computer o altre macchine, come, tra le altre, i robot. L'evoluzione tecnologica sta portando alla creazione di macchine autonome ed intelligenti sicuramente pronte a prendere decisioni in modo indipendente dagli umani creatori o utilizzatori tanto da potere un giorno - si pensa - persino superare le nostre capacità intellettive. Alcuni Stati (Giappone, Corea del Sud, Cina) hanno già iniziato ad elaborare una disciplina normativa diretta a regolare questo sviluppo economico. Nel Regno Unito, la questione di un'opera creata da un computer veniva già disciplinata nel Copyright Act del 1988. Deve conseguentemente considerarsi corretta la preoccupazione del Parlamento europeo di sollecitare i lavori per far nascere una medesima disciplina anche in Europa. Il documento del Parlamento si occupa, in realtà, di diversi aspetti del diritto e in particolare dell'impatto sull'attività lavorativa delle macchine dotate di IA, del fondamentale tema dell'attribuzione della responsabilità derivante dagli atti compiuti da tali macchine e, infine, di un argomento apparentemente di minor importanza, ma di fatto estremamente attuale e cioè l'applicabilità delle norme di diritto d'autore al mondo della IA.
Il nodo del diritto d'autore In altre parole, il Parlamento pone il problema se un robot possa essere considerato autore di un'opera dell'ingegno, divenendone titolare dei relativi diritti di utilizzazione economica e, inoltre, se possa essere ritenuto direttamente responsabile nel caso in cui tali opere risultino, poi, plagio di opere create da terzi.
La questione, lungi dall'essere solo teorica, si pone concretamente poiché è attesa per la fine dell'anno la pubblicazione del primo album di musica pop interamente creato da un robot.
Nel prossimo futuro, vedremo, quindi, libri, film ed opere dell'arte figurativa create da macchine con IA. In relazione al primo degli anzidetti argomenti, il Parlamento invita la Commissione ad elaborare criteri per definire una «creazione intellettuale propria» da parte della macchina, suggerendo - sembra - sostanzialmente la creazione di un nuovo genus di soggetto giuridico titolare di proprietà intellettuale: il soggetto elettronico. Tale impostazione appare peraltro, quantomeno apparentemente, in contrasto con la nostra normativa (articoli 6 e seguenti della legge 633/1941), secondo cui l'autore può solo essere un umano, poiché l'opera è un'espressione del lavoro intellettuale, lavoro che, però, forse, in una nuova interpretazione innovativa potrebbe anche esser stato eseguito da un robot.
La soluzione prospettata, se in linea astratta condivisibile sul piano del diritto morale d'autore (articoli 20 e seguenti della legge.633/1941), lascia diversi dubbi sul piano di quello patrimoniale (articoli 12 e seguenti della legge633/1941) non essendo possibile che il "soggetto elettronico" riceva i ricavi derivanti dallo sfruttamento dell'opera. La responsabilità a chi sfrutta la creazione Con riferimento, invece, alla questione della responsabilità per plagio, non potendo davvero immaginare un giudizio in cui viene chiamata a rispondere una macchina, nel silenzio del Parlamento sul punto dedicato alla proprietà intellettuale, si può immaginare che la stessa venga attribuita a chi sfrutta commercialmente la creazione, il quale dovrà premurarsi di verificare che quest'ultima non leda diritti di terzi. Un'altra soluzione - meno convincente - può essere quella di attribuire diritti e responsabilità al soggetto che ha predisposto le funzioni della macchina.