Torniamo su un argomento molto discusso al momento e che abbiamo già avuto modo di trattare nei nostri precedenti numeri[1]: la legge annuale sulla concorrenza.
La legge annuale sulla concorrenza per l’anno 2021 ha subito una piccola battuta d’arresto nella sua approvazione, dovuta alla necessità di dare priorità alla normativa emergenziale legata alla diffusione del COVID-19.
Questo ha però permesso agli addetti del settore di esprimere i propri pareri sul disegno di legge (“DDL Concorrenza”) attualmente ancora in discussione al Senato e confrontarsi sui temi più rilevanti in maniera più dettagliata.
Soffermandoci solamente sugli aspetti portuali più rilevanti del DDL Concorrenza[2] notiamo nella bozza in discussione quanto segue:
i)l’eliminazione di un qualsivoglia riferimento ad un regolamento sulle concessioni e conseguente devoluzione della determinazione dei criteri per l’assentimento delle concessioni direttamente alle singole Autorità di Sistema Portuale
ii) la mancata introduzione di un criterio oggettivo per la determinazione del canone demaniale;l’eliminazione di un qualsivoglia riferimento ad un regolamento sulle concessioni e conseguente devoluzione della determinazione dei criteri per l’assentimento delle concessioni direttamente alle singole Autorità di Sistema Portuale;
iii) la previsione dell’indennizzo da parte del newcomer in favore dell’incumbent per gli investimenti effettuati;
iv) la limitazione della previsione di cui all’art. 18, co. 7 della L. n. 84/1994 ai soli porti minori;
v) alcuni mancati interventi da tanto attesi ed auspicati in ambito di: (a) finanziamenti degli investimenti dei concessionari e (b) rafforzamento delle procedure di controllo del rispetto dei piani d’impresa.
Analizziamo ora i singoli punti in modo più approfondito.
Da un lato, tale eliminazione rispecchia la situazione di fatto e sembra quasi un arrendersi del legislatore davanti all’evidenza. Essendo passati trent’anni dall’approvazione della Legge. n. 84/1994 senza che sia stato emanato il relativo regolamento per il rilascio delle concessioni, le Autorità Portuali, prima, e le Autorità di Sistema Portuale, poi, si sono negli anni adeguate a questa lacuna normativa ed hanno individuato delle proprie regole e/o prassi per il rilascio delle concessioni.
Dall’altro lato, questa era un’ottima occasione per determinare finalmente dei parametri oggettivi comuni a tutte le Autorità di Sistema Portuale.
L’adozione di un regolamento avrebbe consentito agli aspiranti concessionari di “giocare secondo le medesime regole” in tutti i porti italiani, evitando così di subire distorsioni concorrenziali. Ad oggi, infatti, non esistendo un regolamento che detti dei criteri validi per tutti, ogni Autorità di Sistema Portuale è libera di adottare delle proprie regole per individuare il concorrente “più meritevole”. Purtroppo tali regole non sempre individuano criteri certi, chiari, trasparenti e non discriminatori.
Assieme all’eliminazione del regolamento per il rilascio delle concessioni, non sono stati previsti dei criteri prederminati, oggettivi e trasparenti per determinare i canoni demaniali.
Tale compito viene nuovamente demandato alle singole Autorità di Sistema Portuale. Tale impostazione perpetua quindi l’attuale situazione presente nei porti nazionali, dove il canone demaniale era, è e – a questo punto verosimilmente – rimarrà un elemento di potenziale distorsione della concorrenza, sia nel singolo porto che tra i diversi porti nazionali.
La situazione attuale – anche se in alcuni casi palesemente distorsiva della concorrenza – viene inoltre cristallizzata dalla previsione del comma 2, dell’art. 18, L. n. 84/1994 (nella versione proposta dal DDL Concorrenza), il quale statuisce che “Sono fatti salvi, fino alla scadenza del titolo concessorio, i canoni stabiliti dalle Autorità di sistema portuale relativi a concessioni già assentite alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Si ritiene – come già detto anche per il precedente punto – che sia necessario prevedere delle “regole del gioco uguali per tutti”, anche per quanto riguarda i canoni demaniali, che siano comuni a tutti i porti nazionali, al fine di evitare situazioni abusive e/o distorsive della concorrenza.
Il comma 1, dell’art. 18 della L. n. 84/1994 (nella versione proposta dal DDL Concorrenza) afferma che “Gli avvisi indicano altresì gli elementi riguardanti il trattamento di fine concessione, anche in relazione agli eventuali indennizzi da riconoscere al concessionario uscente”.
La previsione di tale indenizzo è assolutamente in linea con la disciplina elaborata a suo tempo dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti con la Delibera n. 57/2018.
Come già nella disciplina elaborata dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti, rimane tutt’ora un’indeterminatezza su quale sia l’oggetto di tale “indenizzo”. L’indenizzo fa riferimento agli investimenti infrastrutturali e o e/o anche agli investimenti per le sovrastrutture e gli equipment?
Inoltre non si comprendono i limiti di tale indenizzo, devono compensare solo la parte non amortizzata degli investimenti o anche altro?
A nostro avviso tale previsione rimane troppo generica e foriera di possibili abusi. Sarebbe infatti stato opportuno prevedere dei criteri predeterminati, oggettivi e trasparenti per determinare l’entità di tale indenizzo.
Il DDL Concorrenza accoglie la proposta dell’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”)[3] la quale proponeva “in un’ottica di sviluppo e crescita del settore portuale, che il comma 7 dell’art. 18, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sia riformulato, prevedendo un’applicazione del divieto di cumulo di concessione per la medesima attività solo per i porti di ridotte dimensioni, al cui interno è più facile che si creino situazioni di potere di mercato, e/o per quelle tipologie di attività che prevedono dinamiche concorrenziali limitate al singolo porto”.
In realtà, a nostro parere, l’esperienza (anche recente) dimostra come quanto affermato dall’AGCM non rispecchi la realtà dei fatti. A prescindere dalle dimensioni di un porto, infatti, è evidente come gli spazi all’interno di un unico scalo siano limitati, come limitato è il numero di operatori che vi possono accedere. Con l’abolizione del divieto di doppia concessione si rischierebbe dunque di creare delle posizioni dominanti che potrebbero essere foriere di abusi. Questo sia nei porti di dimensioni minori sia in quelli sede di Autorità di Sistema Portuale.
Si ricorda poi che, negli anni, l’art. 18, co. 7 della Legge n. 84/1994 è sempre stato interpretato in modo da garantire che le Autorità di Sistema Portuale agissero nel “rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti”[4].
Si tratta, poi, di una norma– come abbiamo evidenziato - che secondo la giurisprudenza[5], potrebbe essere “amministrata” dalle Autorità di Sistema Portuale nella prospettiva di assicurare la concorrenza all’interno di un porto (posto che è appunto la concorrenza il “bene” che tale norma vuole garantire), nell’ambito però di uno scenario sempre rivolto verso “l’incremento dei traffici e la produttività del porto”, come prevede l’art. 18, comma 6, della Legge n. 84/1994.
L’occasione ci pare essere stata nuovamente “sprecata” non essendoci stati i tanto auspicati interventi in materia di (a) finanziamento e/o bancabilità degli investimenti dei concessionari e (b) procedure di controllo del rispetto dei piani d’impresa.
Per quanto riguarda la questione dei finanziamenti, in più occasioni gli addetti del settore hanno sottolineato la difficoltà di ottenere finanziamenti dai lenders a causa di una regolamentazione poco chiara della decadenza (si pensi ad esempio al caso della decadenza per cattivo uso della concessione[6]).
Il DDL Concorrenza avrebbe potuto essere l’occasione giusta per regolamentare meglio la procedura di decadenza, in modo da rassicurare i lenders e gli stessi concessionari, eliminando la totale discrezionalità dell’Autorità di Sistema Portuale in tale decisione.
Sul secondo punto, già l’AGCM aveva suggerito l’effettiva implementazione dei procedimenti volti alla verifica dell’adempimento degli impegni assunti (in primis attraverso i propri piani di impresa) dai concessionari in sede di richiesta e rilascio della concessione. Seppur già previsti dall’art. 18, comma 8, della Legge n. 84/1994, gli accertamenti circa l’effettivo rispetto dei piani d’impresa di fatto non sempre vengono effettuati.
Non può negarsi come la verifica dell’effettivo adempimento - da parte del concessionario - dei propri impegni sia essenziale per scorgere eventuali inefficienze nell’uso delle aree demaniali. Infatti, considerata la limitatezza delle aree demaniali, è interesse pubblico generale che le concessioni siano affidate a soggetti in grado di garantirne un uso proficuo ed efficiente.
Il DDL Concorrenza avrebbe potuto dare nuovo impulso a questa tematica importante. Sarebbe stato poi opportuno evidenziare come nel rispetto del piano d’impresa sia importante verificare non tanto l’effettuazione degli investimenti – i quali sono sicuramente importanti e propedeutici al rispetto degli obbiettivi di traffico – ma l’effettiva attrazione e sviluppo del traffico. Infatti, è il traffico che genera la tassa portuale e la tassa di ancoraggio, sostenendo così, unitamente al pagamento del canone, le Autorità di Sistema Portuale ed il complessivo sistema del trasporto.
Tutto quanto sopra, naturalmente, senza dimenticare che le concessioni rappresentano comunque dei contratti, in forza dei quali entrambe le parti sono tenute a rispettare i propri impegni (dunque non solo il concessionario, ma anche l’ente concedente, ad esempio in termini di realizzazione di interventi previsti nell’atto di concessione, sui quali il concessionario potrebbe aver fatto legittimo affidamento nell’elaborazione del proprio piano d’impresa).
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Nel mese di febbraio ci sono state diverse audizioni al Senato relative al DDL Concorrenza a cui hanno partecipato diversi rappresentanti dei player del settore marittimo e portuale. Alcuni dei partecipanti alle audizioni hanno espresso le stesse perplessità e preoccuppazioni di cui sopra. Ci auspichiamo che le Camere, nell’approvazione della legge sulla concorrenza, tengano conto di quanto espresso dai vari player del settore marittimo e portuale.
Torneremo ad analizzare la versione definitiva della legge una volta approvata, per comprendere quali saranno gli effetti sul settore marittimo portuale.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Alberto Torrazza e Ekaterina Aksenova.
[1] Vds. Shipping and Transport Bulletin di aprile-Giugno 2021
[2] L’art. 3 del DDL Concorrenza prevede la sostituzione dell’art. 18 della l. 84/1994 con la seguente versione:
“Art. 3. (Concessione delle aree demaniali portuali) - 1. L’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è sostituito dal seguente:
Art. 18. – (Concessione di aree e banchine)
[3]https://www.agcm.it/dotcmsCustom/getDominoAttach?urlStr=192.168.14.10:8080/C12563290035806C/0/914911A1FF8A4336C12586A1004C2060/$File/AS1730.pdf
[4] Cfr. TAR Liguria, sez. II, 24 maggio 2012, n. 747
[5] Cfr. Ordinanza del Tribunale di Genova del 18 settembre 2009
[6] L’art. 47 del cod. nav. prevede infatti che: “L'amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario: […omissis…] b) per non uso continuato durante il periodo fissato a questo effetto nell'atto di concessione, o per cattivo uso; […omissis…]”.