La giurisprudenza limita la responsabilità dell'intermediario per i danni dei consulenti. Nel corso degli anni ha acquisito rilevanza la responsabilizzazione dei clienti.
Negli ultimi anni si sta registrando, nel panorama giurisprudenziale relativo alle controversie promosse da clienti danneggiati da condotte illecite di promotori o dipendenti di intermediari finanziari, una sempre maggiore attenzione alle condotte concrete poste in essere proprio dai soggetti lesi, al fine di valutarne la complessiva incidenza nella produzione del danno per il quale i medesimi agiscono in giudizio, anche e soprattutto nei confronti delle banche che, come noto, rispondono in solido per gli illeciti dei loro consulenti o dipendenti.
Esclusione di responsabilità
Anche la giurisprudenza di legittimità della Cassazione è ormai costante nell'affermare che la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa laddove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore. Tali condotte agevolatrici, ovviamente, sono state nel tempo individuate e graduate nella loro gravità, nel senso che talora rilevano in termini di concorso di colpa del danneggiato, con conseguente riduzione in diversa misura del risarcimento, mentre nei casi più eclatanti sono state considerate idonee ad escludere in radice il nesso di occasionalità necessaria, presupposto essenziale per la condanna dell'intermediario finanziario al risarcimento del danno a favore dei clienti (ferma naturalmente la condanna del consulente finanziario in caso di accertamento di sue condotte illecite). Tuttavia, trattandosi in definitiva di accertamenti fattuali, la rilevanza delle condotte anomale del soggetto danneggiato è stata oggetto di accertamenti non sempre uniformi da parte dei tribunali, con conseguenti pronunce spesso contrastanti.
I limiti della Cassazione
In tale scenario appare quindi di particolare rilevanza la recente ordinanza della Cassazione n. 11240 del 29 aprile 2025, che ha integralmente ribaltato una sentenza con cui la Corte di Appello di Salerno aveva condannato non solo i consulenti finanziari ma anche le banche loro preponenti. La Cassazione ha infatti ritenuto che la sentenza di appello fosse meritevole di integrale riforma nella parte in cui aveva considerato priva di rilevanza l'avvenuta consegna, da parte del cliente ai consulenti finanziari, dei codici personali necessari per operare on line sul conto corrente, codici personali che erano stati abusivamente utilizzati dai consulenti per appropriarsi di somme depositate sul conto del cliente. Tale elemento, infatti, è stato ritenuto dalla Cassazione decisivo, trattandosi di condotta gravemente negligente da parte del cliente e per questo idonea non solo ad integrare un profilo di concorso di colpa del danneggiato, ma ancor prima ad escludere la responsabilità delle banche per i danni subiti dal cliente che aveva agito in giudizio. La Cassazione ha in particolare richiamato una propria precedente pronuncia del 2016, affermando definitivamente il principio secondo cui "nell'ipotesi di abusiva utilizzazione delle credenziali informatiche del correntista ad opera di terzi la responsabilità dell'istituto di credito resta esclusa nell'ipotesi in cui emerga che — come nel caso ora in esame — l'evento dannoso risulti discendere da trascuratezza, errore o frode del correntista o da forza maggiore".
Rileva la consapevolezza
La Suprema Corte ha quindi contestato nello specifico la sentenza della Corte di Appello, proprio per avere quest'ultima negato in radice rilevanza alla condotta del cliente. A tale riguardo i giudici di appello avevano ritenuto che il modesto livello di preparazione del cliente valesse ad escludere la coscienza in capo a quest'ultimo del difetto di diligenza insito nell'avvenuta e dichiarata consegna dei codici personali per operare sul proprio conto. Ad avviso della Cassazione, invece, proprio la consapevolezza di avere scarse o nulle capacità nella gestione di un conto online avrebbe dovuto indurre il cliente, nell'ottica di una basilare ed elementare diligenza, o a non prevedere per il proprio contratto simili forme di operatività oppure, comunque, a non cedere a nessuno quelle credenziali personali la cui disponibilità avrebbe consentito a terzi di operare sul conto anche all'insaputa del cliente stesso. Si tratta quindi di un precedente importante che si pone in un percorso già chiaramente tracciato, per quanto ancora non univoco, volto a definire anche in capo alla clientela precisi obblighi e doveri di diligenza, la cui violazione o, comunque, omessa considerazione, diventa rilevante ed in taluni casi decisiva ai fini dell'esclusione della responsabilità degli intermediari finanziari per i danni causati da condotte illegittime dei propri consulenti o dipendenti. La strada quindi è della maggiore responsabilizzazione anche dei clienti, sia nella scelta delle modalità operative più congeniali alle proprie conoscenze, sia nell'utilizzo quanto meno dell'ordinaria diligenza nella gestione dei propri rapporti patrimoniali.
Contributo a cura di Benedetta Musco Carbonaro, pubblicato nel numero di agosto di Private - Magazine del Private Banking.