L’Unione europea ha assunto da anni la leadership nella difesa dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. Il trasporto marittimo europeo, oltre alle norme dettate dall’IMO[1], ha parimenti da tempo ricevuto un impianto regolatorio teso a ridurne l’impatto ambientale[2].
Nel corso del 2019 la Commissione europea (la “Commissione”) ha presentato al Parlamento Europeo il cd. “European Green Deal”, ossia una serie di iniziative e proposte che hanno l’obiettivo di far raggiungere all’Europa la neutralità climatica entro il 2050[3].
Nell’ambito del Green Deal, il 14 luglio dello scorso anno, la Commissione ha quindi adottato il cd. “Pacchetto clima Fit for 55” (“Fit for 55”)[4], vale a dire una serie di proposte che indirizzano le politiche dell’UE in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo tale da ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Trattasi di un pacchetto di proposte che interessano tutti i settori dell’economia e che mirano a modificare, accelerandola, la traiettoria della de-carbonizzazione in Europa, agendo essenzialmente sulla leva economica e fiscale.
2.Il Pacchetto Fit for 55 e le proposte per il settore dello shipping
Tra le proposte di cui sopra, quattro in particolare riguardano direttamente lo shipping (sia quello internazionale sia quello intra-europeo).Il Pacchetto Fit for 55 e le proposte per il settore dello shipping
a. L’inclusione del trasporto marittimo nel cd. “Emissions Trading System” (“EU-ETS” o “Sistema ETS”), il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE
Il Sistema ETS o sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione è stato introdotto dalla Direttiva 2003/87/CE[5] ed è regolamentato dal principio cd. “cap&trade”el in forza del quale viene fissato dall’UE un limite alla quantità di emissione di alcuni gas serra – ad esempio, la CO2 – che gli impianti possono emettere in atmosfera. Il Fit for 55, propone in questo senso di estendere l’applicazione dell’EU-ETS anche al trasporto marittimo e, in particolare, alle navi aventi stazza lorda uguale o superiore alle 5.000 tsl di qualsiasi bandiera.
Le imprese di navigazione, secondo questa proposta, dovrebbero quindi acquistare quote di emissioni dall’UE per utilizzarle a copertura della propria quota-parte di emissioni per l’anno di riferimento (potendo eventualmente anche venderle ad altri soggetti interessati), oppure per utilizzarle l’anno successivo. Dette quote, in sostanza, dovrebbero essere acquistate dalle compagnie armatoriali (i) con riferimento alla totalità delle proprie emissioni in caso di viaggi tra porti dello Spazio Economico Europeo (“SEE”) e delle soste nei porti del SEE e (ii) per la metà delle stesse nell’ipotesi di viaggi internazionali per le tratte in partenza o in arrivo da e nei porti del SEE.
L’Autorità di bandiera controllerebbe, quindi, le compagnie di navigazione delle quali è responsabile e quelle non conformi dovrebbero ricevere un’ammenda per ogni tonnellata di CO2 equivalente per cui non presentino quote di copertura, da aggiungere al costo delle quote acquistate.
La proposta, da ultimo, prevederebbe anche che le navi dovrebbero acquistare le citate quote secondo una specifica cadenza temporale pari al 20% delle proprie emissioni a partire dal 2023, aumentando annualmente fino alla piena copertura nel 2026.
b. L’imposizione di requisiti di intensità dei gas serra sui carburanti di uso marittimo, attraverso l’iniziativa cd. “FuelEu Maritime”
La proposta FuelEU Maritime sui carburanti sostenibili per i trasporti marittimi, invece, si propone di introdurre nuovi obblighi per le navi[6] in arrivo o in partenza dai porti dell’Unione – a prescindere dallo Stato di bandiera – limitando il tenore di gas a effetto serra dell’energia che esse usano e rivedendo progressivamente, al ribasso, i limiti in questione.
La proposta, inoltre, prende come riferimento il 100% dell’intensità di GHG dell’energia usata nei viaggi tra i porti del SEE ed il 50% dell’intensità di GHG dell’energia usata nei viaggi internazionali per le tratte in partenza o in arrivo nei porti del SEE e precisa che i combustibili utilizzati dalle navi devono diminuire la loro intensità di gas serra di una certa percentuale rispetto al 2020 (assunto come riferimento) a partire dal 2025, con aumento su base quinquennale fino al 2050.
c. La revisione della cd. “Energy Taxation Directive” (“ETD”), che propone la rimozione delle esenzioni fiscali previste per i combustibili fossili impiegati nel trasporto marittimo
Si tratta della proposta di revisione della Direttiva ETD[7]che porterebbe all’eliminazione dell’esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti marini oggi prevista dall’articolo 14 della medesima Direttiva; esenzione che, allo stato, rifletterebbe la prassi internazionale di consentire alle navi di rifornirsi nei porti in regime duty-free, legata all’esigenza di favorire il più possibile la libera circolazione delle merci. La proposta in esame, riguarderebbe quindi tutti i combustibili venduti nel SEE, ivi inclusi i fuel usati per i viaggi all’interno del SEE medesimo e l’elettricità fornita alle navi in porto.
In termini pratici, questa proposta prevede che – seppur con un periodo di transizione di 10 anni – a partire dal 1° gennaio 2023 saranno tassati il fuel pesante, il gasolio marino, il GNL ed il GPL (questi ultimi due con aliquote ridotte fino al 2033). Gli Stati membri avranno, quindi, la possibilità di estendere le tasse ai bunker venduti per viaggi internazionali.
d. L’adozione di un nuovo regolamento per la realizzazione di un’infrastruttura per i fuel alternativi (cd. “Alternative Fuels Infrastructure Deployment” o “AFID”).
Trattasi della proposta di regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi[8] che vuol assicurare la realizzazione nell’UE di infrastrutture indispensabili per la ricarica ed il rifornimento di mezzi di trasporto più green, incluse le navi, per fornire la sicurezza a lungo termine necessaria agli investimenti nella tecnologia dei combustibili alternativi e dei mezzi di trasporto, terrestri e navali, che utilizzino tali combustibili.
Nella proposta, risultano incluse l’infrastruttura per la distribuzione del GNL nei porti e quella per la fornitura da terra dell’energia elettrica alle navi in sosta nei porti (il cd. “cold-ironing”). Inoltre, viene precisato che i porti dovranno provvedere alla fornitura alle navi porta container ed alle navi passeggeri di elettricità dalla rete elettrica di terra ed i porti cd. “Core” dovranno dotarsi di adeguati punti di rifornimento di GNL per le navi. Il tutto con una time-line che vede il 1° gennaio 2025 come data entro la quale dovranno essere disponibili un numero sufficiente di punti di rifornimento di GNL ed il 1° gennaio 2030 come data a partire dalla quale dovrà essere disponibile un minimo stabilito di fornitura di elettricità dalla rete di terra.
Secondo le prime stime di specifici studi di settore, sia la proposta relativa all’ETS sia l’iniziativa FuelEU Maritime andrebbero a impattare su poco meno del 70% delle emissioni annue di CO2 dovute ai trasporti marittimi legati al SEE, ivi comprese le parti dei viaggi internazionali da e verso i porti del SEE medesimo.
Per quanto riguarda l’inserimento del trasporto marittimo nell’EU-ETS, se da un lato il regime delle quote mira ad una riduzione delle emissioni attraverso la leva economica – secondo il principio del “chi più inquina più paga” – combinata con una progressiva diminuzione delle quote stesse disponibili (che in conseguenza saliranno di prezzo), dall’altro lato, v’è il tema che le imprese di navigazione, a causa di un quadro tecnologico ed infrastrutturale indipendente dalla propria volontà[9], potrebbero non avere la possibilità di modificare il proprio piano energetico ed essere, per contro, soggette al mero pagamento delle quote. Ciò con un conseguente sensibile aumento dei costi del trasporto, senza un reale beneficio in termini di riduzione delle emissioni – almeno nel breve periodo. Risulterebbe di conseguenza molto difficile per le imprese armatoriali riuscire a far fronte agli investimenti necessari ad una reale transizione energetica, peraltro a fronte di un impatto negativo anche sulla competitività di tali imprese e degli altri operatori marittimo-portuali europei, quali i terminal portuali.
L’iniziativa FuelEU Maritime, invece, potrebbe essere in linea di principio favorevole per il trasporto marittimo, nella misura intende favorire l’adozione di combustibili alternativi a quelli derivati dal petrolio, imponendo l’utilizzo nelle flotte di percentuali via via crescenti di energia a basso o zero contenuto di carbonio.
Ciò che, tuttavia, parrebbe destare qualche perplessità riguarda la tempistica proposta dalla Commissione, che presuppone uno sviluppo delle fonti a basso contenuto di carbonio attualmente non prevedibile[10]. Se da un lato, infatti, l’incentivazione può rappresentare un valido supporto per accelerare il processo, dall’altro, l’obbligo di raggiungere prefissate quote di “fuel alternativi” in assenza di certezze tecnologiche e di approvvigionamento risulterebbe, ancora una volta, “punitiva” nei confronti di un comparto che si vedrebbe sostanzialmente comminare delle sanzioni per “colpe” talvolta non proprie, con ulteriori aggravi economici a detrimento dello sviluppo e del rinnovo delle flotte.
Sulle ultime due proposte, in primo luogo, si osserva che l’ipotizzata revisione della ETD porterebbe all’eliminazione dell’esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti marini (tuttora, invece, prevista), aprendo così alla strada all’introduzione di accise sui combustibili navali, con potenziali ricadute pesanti sui costi delle imprese di navigazione e quindi del trasporto marittimo globalmente inteso. Ciò che, al contrario, sarebbe opportuno, è invece l’estensione dell’esenzione anche al GNL in linea, peraltro, con gli obiettivi dell’iniziativa EU Fuel Maritime e dell’AFID.
Da ultimo, l’iniziativa volta all’adozione del Regolamento AFID, potrebbe avere dei risvolti positivi per il settore dello shipping posto che la disponibilità di un’adeguata rete di distribuzione dei fuel alternativi è prodromica ad una effettiva – seppur progressiva – de-carbonizzazione dello shipping.
In questo senso – pur partendo dal presupposto che tale rete di distribuzione sia strettamente legata alla scelta delle tipologie di fuel alternativi che si renderanno disponibili sul mercato e che questo richiederà un’attenta riflessione e programmazione in tal senso – sarebbe essenziale che la realizzazione della rete di distribuzione del GNL, quantunque sia un fuel di transizione, sia accelerata il più possibile. Ciò per consentire alle navi di poter usufruire quanto prima su larga scala di questo combustibile. Il tutto sarebbe possibile mediante un’adeguata ed efficiente interfaccia tra le strutture di fornitura della corrente elettrica di terra per le navi all’ormeggio nei porti e l’installazione a bordo degli impianti di “cold ironing”. Così come dovrebbe essere reso economicamente comparabile il costo della corrente elettrica prelevata da terra con quello della corrente elettrica autoprodotta a bordo dalla nave, che oggi risulta significativamente inferiore.
Il quadro sopra descritto si riferisce in sostanza a possibili soluzioni che, prima di poter essere adottate, dovranno essere discusse con il Parlamento Europeo e con gli Stati membri, ma che, comunque, potrebbero segnare l’avvio di politiche più “aggressive” sulle emissioni e sulla de-carbonizzazione del settore dei trasporti marittimi. Ciò, come abbiamo visto, anche tramite l’imposizione di misure unilaterali sulla navigazione internazionale in potenziale contrasto con le misure adottate dall’IMO, che è l’organismo regolatore preposto al traffico marittimo internazionale.
La vera “battaglia” si giocherà senz’altro a Bruxelles, dove le autorità competenti a livello nazionale, così come gli stakeholders interessati, cercheranno verosimilmente di spiegare all’Europa che iniziative come quelle qui esposte, più che condivisibili nelle loro finalità, devono comunque tenere conto anche degli interessi e delle esigenze del nostro settore. Ciò al fine di evitare l’adozione di soluzioni che comportino il rischio di innescare un processo estremamente penalizzante per il settore marittimo-portuale nel nostro Paese. Il tutto, nel caso, con anche la conseguente alterazione del livello di concorrenza tra le imprese di trasporto operanti in Europa e con l’Europa e le altre imprese globali che, non scalando porti europei, sfuggirebbero alle nuove e più restrittive regole, rischiando di ridurre in modo significativo anche i flussi di traffico e le attività portuali nel continente europeo e, in particolare, nel nostro Paese.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Simone Gaggero, partner ADVANT Nctm, e Luca Brandimarte di Assarmatori.
[1] Si pensi, in primo luogo, all’adozione della Convenzione Internazionale per la Prevenzione dell'Inquinamento causato dalle Navi (MARPOL) del 1973 che: (i) nel 1997, ha visto l’aggiunta dell’Allegato VI dedicato alla prevenzione dell’inquinamento atmosferico provocato dalle navi; (ii) nel 2011 ha introdotto un capitolo che riguarda le misure tecniche e operative obbligatorie per il miglioramento dell’efficienza energetica, volte a ridurre le emissioni di gas serra da parte delle navi. Ulteriori misure, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, sono state poi definite dall’IMO – a partire dal 2013 – nell’ambito del cd. “Energy Efficiency Design Index” (EEDI) per tutte le nuove navi ed il cd. “Ship Energy Efficiency Management Plan” (SEEMP) per tutte le navi in esercizio. A queste, a partire dal 2023, si aggiungeranno nuove misure che: (a) richiederanno a tutte le navi esistenti di calcolare il loro indice di efficienza energetica (EEXI – “Energy Efficiency Existing Ship Index”), che dovrà essere conforme ad una specifica base-line identificata dall’IMO medesima in funzione della tipologia di nave, di guisa che se la nave non soddisferà i requisiti dovranno essere adottate specifiche soluzioni tecniche atte a migliorarne l’efficienza energetica ed a riportare l’EEXI al valore previsto; (b) richiederanno alle navi di fornire, annualmente, il loro indicatore di intensità di carbonio (CII – “Carbon Intensity Indicator”) ed il rating CII. Il tutto nell’ottica di raggiungere, per il 2030, la riduzione di almeno il 40% dell’intensità di carbonio e, per il 2050, la riduzione di almeno il 70% dell’intensità di carbonio e del 50% del valore assoluto delle emissioni di gas serra, con l’obiettivo dichiarato di “emissioni zero il prima possibile, entro la fine di questo secolo”.
[2] Si possono altresì citare, ad esempio, gli interventi nel settore dei combustibili ed in quello della demolizione delle navi. Dal 1° gennaio 2010, infatti, tutte le navi, di tutte le bandiere, ormeggiate nei porti dell’Unione europea devono utilizzare combustibili con tenore di zolfo non superiore allo 0,1% e, dal 31 dicembre 2014, è in vigore il Regolamento (UE) 1257/2013 sul riciclaggio delle navi che si applica a tutte le navi di stazza lorda uguale o superiore alle 500 tonnellate battenti bandiera di uno Stato membro dell’UE ed alle navi con bandiera di paesi terzi che fanno scalo in un porto dell’Unione.
[3] Cfr. Comunicazione della Commissione europea dell’11.12.2019, COM(2019) 640 final.
[4] Cfr. Comunicazione della Commissione europea del 14.07.2021, COM(2021) 550 final, dal titolo: “Pronti per il 55%: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica”.
[5] Successivamente modificato dalla Direttiva (UE) 2018/410.
[6] Sempre aventi stazza lorda uguale o superiore alle 5.000 tsl.
[7] Cfr. Direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.
[8] Il tutto nell’ottica di migliorare quanto già previsto dalla Direttiva (UE) 2014/94 sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi.
News e approfondimenti[9] La nave, infatti, è solo l’utilizzatore di un fuel alternativo che prima di tutto deve esistere ed essere prodotto e distribuito.
[10] Ciò sul presupposto che le fonti energetiche a minor contenuto di carbonio sarebbero al momento costituite dal solo GNL, che sì consente una drastica riduzione delle emissioni di ossidi di zolfo e di azoto e di particolati, ma che ha anche un effetto significativo, seppur più limitato – fino al 20%, se si osservano particolari condizioni – sulle emissioni di CO2. Al momento, infatti, non esistono all’atto pratico fonti energetiche “a zero contenuto di carbonio” disponibili per le navi e gli studi di settore prevedono che non ve ne saranno ancora per diversi anni.