Sulle pagine del nostro Shipping&Transport Bulletin [1] ci siamo già diffusamente occupati delle nuove linee guida dettate dall’allora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (oggi ribattezzato Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili) per il rilascio delle concessioni per l’esercizio del servizio di rimorchio portuale.
Tali linee guida (contenute segnatamente nella circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 11 del 19.03.2019) hanno visto la loro prima applicazione col bando di gara pubblicato a febbraio di quest’anno dalla Capitaneria di Porto di Savona per l’affidamento del servizio in parola nel porto e nella rada di Savona e Vado Ligure per i prossimi quindici anni.
Alla luce del bando savonese ed in attesa che vengano pubblicati i bandi di gara per gli altri porti italiani in cui le concessioni per il servizio di rimorchio sono in scadenza (o sono già scadute, salvo essere state prorogate fino all’individuazione del nuovo concessionario), vale a nostro avviso le pena svolgere ancora qualche riflessione sul tema del rimorchio portuale.
In questo articolo, in particolare, prenderemo in esame le conseguenze derivanti dall’avvenuta modifica dell’art. 14 della Legge 28 gennaio 1994, n. 84 (la “Legge Portuale”), che ha di fatto ampliato la nozione di rimorchio portuale, mentre nell’articolo che segue in questo numero del nostro Shipping&Transport Bulletin andremo ad approfondire il tema dell’applicabilità delle norme unionali in materia di aiuti di stato al servizio di rimorchio.
La Legge 1° dicembre 2016, n. 230 ha modificato l’art. 14 della Legge Portuale aggiungendovi il comma 1 quater. Ai sensi di tale comma, “Ai fini della prestazione dei servizi tecnico-nautici di cui al comma 1-bis [2], per porti o per altri luoghi d'approdo o di transito delle navi si intendono anche le strutture di ormeggio presso le quali si svolgono operazioni di imbarco o sbarco di merci e passeggeri, come banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri, navi o galleggianti di stoccaggio temporaneo e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzate anche nell'ambito di specchi acquei esterni alle difese foranee”.
Questa modifica non è di poco conto - a livello pratico - se si tiene in considerazione quanto previsto dall’art. 101 Cod. Nav., in forza del quale “Il servizio di rimorchio nei porti e negli altri luoghi di approdo o di transito delle navi addette alla navigazione marittima, non può essere esercitato senza concessione, fatta dal capo del compartimento, secondo le norme del regolamento”.
Dal combinato disposto delle due disposizioni sopra riportate emerge un dato chiaro: posto che anche - ad esempio - le piattaforme off-shore o i campi boe devono essere considerati quali luoghi di approdo o di transito delle navi e che, in tali luoghi, il servizio di rimorchio non può essere esercitato senza concessione, è evidente come solo i soggetti concessionari possano regolarmente prestare il servizio in parola presso le piattaforme off-shore o i predetti campi boe.
Se il servizio di rimorchio venisse prestato da un soggetto non concessionario, si avrebbe verosimilmente una fattispecie di esercizio abusivo di tale servizio (prevista e punita dall’art. 1171 Cod. Nav.).
Dunque, il servizio di rimorchio ad un determinato punto di approdo o di transito delle navi ben potrebbe non essere obbligatorio, ma - qualora lo fosse o qualora, comunque, si rendesse necessario ricorrere a tale servizio - questo potrebbe essere svolto soltanto da un soggetto concessionario [3] (come tale - potremmo dire - “conosciuto” allo Stato e dallo Stato già ritenuto idoneo a svolgere tale servizio per garantire l’interesse pubblico alla sicurezza della navigazione).
Quanto precede non può a nostro parere che riflettersi anche sull’ambito territoriale (rectius: sull’assetto) del servizio di rimorchio che le Capitanerie di Porto andranno a porre a gara in porti in prossimità dei quali siano effettivamente presenti, ad esempio, piattaforme off-shore o campi boe.
Ciò nel senso che - essendo previsto per legge che solo il concessionario del servizio possa operare presso i predetti punti di approdo o di transito delle navi - tali punti dovranno essere ricompresi nell’ambito territoriale della concessione posta a gara.
Questa ci parrebbe la soluzione più semplice ed anche più in linea con le citate linee guida che regolano l’affidamento delle concessioni, laddove si individua l’affidamento ad un unico soggetto quale soluzione più efficiente (anche, peraltro, alla luce del principio di economicità del servizio).
Diversamente - senza considerare l’ipotesi icto oculi illecita del soggetto non concessionario che svolge quindi il servizio sine titulo - si avrebbe come minimo una distorsione della concorrenza. Potrebbe infatti concretizzarsi uno scenario in cui, per esempio, l’impresa già concessionaria del servizio in un determinato porto presti altresì un servizio di rimorchio ad una vicina piattaforma off-shore sulla base di un contratto privatistico concluso col gestore di tale piattaforma. Qualora il servizio alla piattaforma off-shore non dovesse essere incuso nell’ambito della concessione posta a gara (ed il predetto contratto privatistico dovesse quindi “sopravvivere”) il concessionario uscente si troverebbe in un’evidente posizione di vantaggio rispetto ai propri competitors (basti pensare, ad esempio, in termini di possibili economie di scala).
Per tale ragione riterremmo in sostanza che (i) l’ambito delle concessioni messe a gara debba comprendere gli eventuali punti di approdo o di transito delle navi (quali piattaforme off-shore o campi boe) presenti in prossimità del porto cui la gara si riferisce e (ii) i previgenti contratti privatistici relativi al servizio svolto presso tali punti di approdo - ancorché già sottoscritti - non debbano (rectius: non possano) sopravvivere al procedimento di selezione del nuovo concessionario alla luce delle regole sottese a tale procedimento ed all’esercizio del servizio in parola (a partire proprio dal combinato disposto degli articoli 101 Cod. Nav. e 14, comma 1 quater della Legge Portuale, che ha messo “fuori gioco” tali contratti [4] ).
Per completezza: la sopra citata posizione di vantaggio - va detto - si avrebbe con ogni probabilità anche nel caso in cui l’incumbent fornisse servizi di assistenza presso la piattaforma off-shore (per restare nell’esempio) diversi da quello specifico di rimorchio (vds. traporto attrezzature e personale).
In quest’ultima ipotesi, crediamo che l’Autorità Marittima dovrebbe - quantomeno - adottare misure idonee a “neutralizzare” il vantaggio competitivo in parola, adeguandosi in tal modo anche ai principi stabiliti dalla giurisprudenza in tema di par condicio tra aspiranti concessionari [5]. Il riferimento è a quella giurisprudenza che sottolinea l’importanza di “depurare, nei limiti possibili, la procedura dai fattori di vantaggio rivenienti in capo al concessionario dalla titolarità della concessione ovvero dalla titolarità di altro rapporto concessorio funzionalmente collegato al primo”.
Evidentemente, un contratto privatistico come quello sopra ipotizzato andrebbe nella sostanza a costituire, per le ragioni sopra esposte, un fattore di vantaggio tale da alterare la par condicio tra i concorrenti.
Un possibile “rimedio” - qualora non fosse possibile, per ragioni che qui non è dato ipotizzare, porre a gara una concessione che comprenda l’eventuale servizio a luoghi di approdo esterni alle dighe foranee - potrebbe essere quella di prevedere una separazione delle aziende e quindi una segregazione delle attività: da una parte l’attività relativa alla concessione e, dall’altra parte, quella relativa al luogo di approdo esterno al porto, ma a questo comunque “vicino”. In questo modo potrebbero verosimilmente neutralizzarsi i possibili vantaggi e le possibili economie di scala che - in caso di mancata segregazione - potrebbero determinare una distorsione della concorrenza.
Ci sia infine consentita un’ultima annotazione a margine rispetto alle nuove guida per il rilascio delle concessioni per il servizio di rimorchio portuale e la loro concreta attuazione. Le linee guida prevedono espressamente che nei bandi di gara debba essere prescritto “l’obbligo, al momento dell’immissione in servizio, di bandiera italiana per i rimorchiatori adibiti al servizio”. Il sopra citato bando di gara per il porto di Savona e Vado Ligure ha recepito la predetta prescrizione, stabilendo l’obbligo di provvedere alla registrazione dei rimorchiatori nel primo Registro Italiano non oltre il termine previsto per la stipula dell’atto di concessione.
La previsione sopra riportata ci lascia perplessi, perché qualsiasi limitazione all’utilizzo di navi battenti bandiera di uno Stato Membro dell’Unione Europea, che operino all’interno di uno Stato Membro, ci parrebbe mal conciliarsi con i principi fondamentali dell’Unione Europea e - in particolare - con i principi relativi alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi.
Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare Simone Gaggero.
[1] Sul punto vedasi i tre articoli, “Le nuove linee guida per il rilascio delle concessioni per l’esercizio del servizio di rimorchio portuale”, contenuti rispettivamente nelle edizioni di Giugno – Luglio 2019, Settembre – Ottobre 2019, Novembre – Dicembre 2019 del nostro Shipping&Transport Bulletin.
[2] Il riferimento è ai servizi tecnico nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio.
[3] In particolare, riteniamo, dal concessionario del servizio nel porto cui fa riferimento il punto di approdo o di transito in questione.
[4] Per non dire che potrebbe averli resi di fatto “contra legem”.
[5] Cfr. ex multis: Consiglio di Stato, Sez. VI, 25/01/2005 n. 168; Consiglio di Stato, Sez VI, 01/07/2008 n. 3326; Consiglio di Stato, Sez. VI, 24/12/2009 n. 8716.