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    29.07.2024

    Il reale impatto del DL Agricoltura sul settore delle rinnovabili in Italia


    Con la presente nota si intende riassumere e chiarire la portata dell'articolo 5 del Decreto Legge n. 63 del 15 maggio 2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 112 (“DL Agricoltura”) ed entrato in vigore il 16 maggio 2024.

    A cura di Piero Viganò, Giovanni Battista De Luca, Paola Putignano e Pietro Canale.

     

    L'articolo 5 ha introdotto alcune limitazioni all'installazione di impianti fotovoltaici a terra su aree agricole, modificando l'articolo 20 del Decreto Legislativo 199/2021 con l'introduzione di un nuovo comma 1-bis che prevede che l'installazione di impianti fotovoltaici a terra in aree agricole sia limitata alle “aree idonee”.

    Il 12 luglio 2024 il Decreto Legge è stato convertito in Legge n. 101 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 13 luglio 2024.

     

    Eccezioni al divieto

    In primo luogo, l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra in aree classificate come agricole è ancora consentita:

    a) se limitata al repowering e al revamping di impianti fotovoltaici preesistenti che non comportino un aumento della superficie occupata (lett. a), comma 8, art. 20 D. Lgs., 199/2021);

    b) su terreni agricoli non produttivi, quali cave e miniere chiuse, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento (lett. c-bis, comma 8);

    c) su aree in concessione al gruppo Ferrovie dello Stato, a gestori di infrastrutture ferroviarie, a società concessionarie di autostrade o a società di gestione aeroportuale su sedime aeroportuale (lett. c-bis1, comma 8);

    d) su aree interne a fabbriche e stabilimenti industriali, nonché su aree racchiuse in un perimetro i cui punti non distino più di 500 metri dalla fabbrica o dallo stabilimento stesso (purché tali aree non siano vincolate ai sensi della seconda parte del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). A questo proposito, si segnala che il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), nel parere n. 130318 dell'8 agosto 2023 - reso a seguito di un quesito ambientale del Comune di Villalba sulla possibilità di considerare un impianto fotovoltaico esistente come complesso o stabilimento industriale unitario e stabile - ha chiarito che sono da considerarsi ammissibili, ai sensi dell'art. 20, lett. c-ter n. 2, D.Lgs. n. 199/2021, anche le aree classificate come agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distano non più di 500 metri da un impianto fotovoltaico a terra preesistente di potenza superiore a 20 kW (anche se quest'ultimo non è realizzato in un'area a destinazione industriale, artigianale o commerciale) (lett. c-ter n. 2, comma 8);

    e) su aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri  da esse (lett. c-ter n. 3 del comma 8).

    Il testo convertito in legge prevede la possibilità di installare il fotovoltaico a terra anche nelle cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati.

     

    L'installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra non è consentita:

    i) su siti soggetti a bonifica (lett. b), comma 8);

    ii) su aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distano non più di 500 metri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché da cave e miniere (lett. c-ter n. 1, comma 8);

    iii) su aree non vincolate ai sensi del Codice dei Beni Culturali e distanti almeno 500 metri da beni culturali vincolati ai sensi della seconda parte dell'articolo 136 del Codice dei Beni Culturali (lettera c-quater, comma 8).

    Tali aree, pur essendo agricole, erano finora classificate come idonee dall'art. 20, comma 8 del D.Lgs. 199/2021 alle lettere b), c-ter n. 1 e c-quater.

     

    In secondo luogo, il divieto di impianti fotovoltaici con moduli a terra non si estende ai progetti:

    • finalizzati alla creazione di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER);

    • realizzati in attuazione delle misure di investimento del PNRR o del PNC o necessari per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR.

     

    Impianti agrivoltaici

    Pertanto, l'installazione di impianti agrivoltaici con moduli sopraelevati da terra (c.d. impianti agrivoltaici avanzati), come definiti dall'art. 65, commi 1-quater e 1-quinquies del D.L. n. 1/2012, ovvero che adottano soluzioni integrative innovative con l'assemblaggio dei moduli sopraelevati da terra, sfruttano tecnologie avanzate, prevedendo anche la rotazione dei moduli stessi, in modo da non compromettere la continuità delle attività colturali agro-pastorali dei terreni agricoli su cui insistono, continua a essere consentito in tutte le aree agricole, senza le limitazioni previste dal DL Agricoltura.

    Ad oggi non è stato chiarito se, per essere esentati dal divieto, debbano essere soddisfatti ulteriori requisiti soggettivi anche da parte dei soggetti attuatori del progetto agrivoltaico avanzato (es. imprenditori agricoli, associazioni temporanee di imprese - ATI), in linea con il D.M. 22 dicembre 2023, n. 436 (“D.M. Agrivoltaico”) o se questi debbano essere soddisfatti solo ai fini dell'accesso agli incentivi ivi previsti, e quindi irrilevanti ai fini della disciplina del DL Agricoltura.

    È dubbio se il divieto debba essere esteso anche agli impianti agrivoltaici semplici, cioè a quegli impianti che, pur prevedendo l'installazione di moduli a terra, sono realizzati in modo tale da consentire l'integrazione tra l'attività agricola e la produzione di energia elettrica e da valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, senza compromettere la continuità dell'attività agricola. In questa ipotesi, il grado di integrazione tra i due sottosistemi è minore perché l'attività agricola si svolge esclusivamente tra le file di pannelli.

    Sul punto, tuttavia, è necessario richiamare un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che nega l’assimilabilità degli impianti agrivoltaici ai “classici” impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, trattandosi di fenomeni in gran parte diversi tra loro, nonostante il comune punto di partenza (la produzione di energia elettrica da fonte pulita). Ed essendo situazioni non sovrapponibili, non possono essere assimilate quoad effectum (cfr., tra le altre, TAR Lecce Sez. II, Sentenza n. 1583/2022 e Consiglio di Stato Sez. IV, Sentenza n. 8029/2023). 

    Inoltre, se l'obiettivo del governo è quello di proteggere l'attività agricola e i terreni utilizzati per essa, sarebbe illogico vietare l'agrivoltaico “di base”; significherebbe vietare la combinazione di attività agricola e produzione di energia rinnovabile.

     

    Progetti legati al PNRR

    La categoria residuale di progetti necessari per raggiungere gli obiettivi del PNRR potrebbe, allo stato attuale, includere, ad esempio:

    • l'autoconsumo collettivo (perché è oggetto di una specifica misura del PNRR e insieme alle comunità energetiche è destinatario di uno specifico regime di incentivazione, ma non anche l'autoconsumo a distanza); 

    • impianti fotovoltaici innovativi o impianti fotovoltaici combinati con l'idrogeno;

    • impianti fotovoltaici per la produzione di biometano e biogas.

     

    Le procedure già avviate

    La nuova disposizione non si applica ai progetti in corso di approvazione, più precisamente agli impianti fotovoltaici che hanno già presentato la domanda di autorizzazione o per i quali l'autorizzazione o la procedura ambientale è già stata avviata alla data di entrata in vigore del DL Agricoltura (cioè il 16 maggio 2024).

    Le disposizioni non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del Decreto, sia stato avviato almeno uno dei procedimenti amministrativi, comprese le procedure di valutazione ambientale, necessari per ottenere i titoli abilitativi per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere connesse o sia stata rilasciata almeno una delle autorizzazioni medesime.

    La disposizione non spiega cosa si intenda per procedure già “avviate”.

    A. Per un'interpretazione meno restrittiva della norma, la semplice presentazione di una domanda di PAS, AU, PAUR, Screening VIA, VIA entro la data del 16 maggio 2024 potrebbe essere ritenuta sufficiente per considerare formalmente avviata la procedura.

    B. Se si volesse aderire a un'interpretazione più restrittiva, le procedure già avviate potrebbero essere intese come segue:

    • PAS: se la documentazione allegata al PAS è completa, il procedimento può considerarsi già avviato al momento della presentazione del PAS al Comune, anche se al 16 maggio 2024 non è ancora scaduto il termine di 30 giorni per il consolidamento del PAS. Nell'ipotesi invece che, a seguito della presentazione della domanda di PAS, sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso previsti dalla legge, l'avvio del procedimento potrebbe coincidere con la comunicazione di avvio del procedimento/convocazione della Conferenza di servizi da parte del Comune;

    • AU: il procedimento si intende avviato nel momento in cui l'Amministrazione competente invia al proponente la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 9 della L. 241/1990;

    • Screening VIA/PAUR: l'avvio del procedimento coincide con la pubblicazione della documentazione ambientale sul sito web dell'Autorità procedente e con la contestuale comunicazione della sua pubblicazione a tutte le Autorità potenzialmente interessate.

    L'interpretazione da dare all'espressione “procedura già avviata” sembra essere, quindi, un altro punto incerto del testo del DL Agricoltura, che non è stato chiarito, neppure durante il procedimento di conversione in legge.

     

    Durata dei contratti di diritto di superficie

    In aggiunta a quanto sopra, l'art. 5, comma 2-bis, del DL Agricoltura prevede che tutti contratti di concessione di diritto di superficie, compresi quelli stipulati sotto forma di accordi preliminari, su terreni ricadenti nelle aree considerate idonee all'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ai sensi dell'art. 20, comma 1, lett. a, del D.Lgs. 199/2021, debbano essere stipulati per una durata minima di 6 anni. Qualora le parti concordino una durata inferiore o concedano il diritto di superficie omettendo l'indicazione di un termine specifico, il relativo contratto si intende stipulato per una durata di 6 anni.

    Si precisa, inoltre, che al termine del primo periodo di 6 anni, il contratto di diritto di superficie si rinnova automaticamente per un ulteriore periodo di 6 anni. Al termine di questo secondo periodo, l'accordo si rinnova tacitamente alle stesse condizioni, a meno che una parte non comunichi all'altra - con lettera raccomandata e almeno sei mesi prima della relativa scadenza - la propria intenzione di rinnovare l'accordo a nuove condizioni o di non rinnovarlo affatto. La parte informata ha 60 giorni di tempo dal ricevimento di tale comunicazione per rispondere. In caso di mancata risposta o di mancato accordo tra le parti, il contrato di diritto di superficie in questione si considera risolto al termine del secondo periodo di validità.

    Le disposizioni di cui sopra si applicano anche agli accordi preliminari/definitivi già in essere, a meno che una delle parti non decida di recedere dal relativo contratto entro 60 giorni dall'entrata in vigore della Legge n. 101/2024. Tale diritto di recesso può essere letto come una via d'uscita concessa ai proprietari terrieri per evitare il nuovo regime fiscale applicato ai canoni di diritto di superficie a partire dal 1° gennaio 2024. Infatti, i proprietari terrieri sono ora nella posizione di rinegoziare tali canoni per compensare l'aumento della loro tassazione.

    L'articolo 5, comma 2-bis, del DL Agricoltura appare poco chiaro e si presta a diverse interpretazioni. In particolare, non è del tutto chiaro se il termine di 6 anni si riferisca alla durata dei contratti preliminari/definitivi di diritto di superficie o alla durata del diritto di superficie costituito in virtù di tali contratti. Se dovesse prevalere questa seconda interpretazione, il diritto di recesso dai contratti preliminari di durata inferiore a 6 anni esercitato dai proprietari terrieri nella finestra temporale di 60 giorni dall'entrata in vigore della Legge n. 101/2024 sarebbe considerato illegittimo.

    Alla luce di quanto sopra, si prevede che, soprattutto in una prima fase dopo l'entrata in vigore del DL Agricoltura, ci sarà incertezza su come gestire i contratti di diritto di superficie e questo potrebbe ritardare o complicare le trattative volte ad acquisire la disponibilità dei terreni per lo sviluppo di nuovi impianti di energia rinnovabile.

     

    Conclusioni

    In conclusione, l'impatto del DL Agricoltura sul mercato dell'energia solare sarebbe meno drammatico di quanto sembrasse a una prima lettura, grazie alle citate eccezioni al divieto. Tuttavia, appare abbastanza chiaro che le incertezze interpretative in ordine al significato di procedure già “avviate” potrebbe portare a un approccio non collaborativo da parte degli enti locali, anche con riferimento a progetti avviati prima del 16 maggio. 

    È inoltre evidente che gli impianti agrivoltaici sono previsti dal Governo come un nuovo modello di cooperazione tra l'industria della generazione fotovoltaica e l'attività agricola. 

    Gli investitori dovranno prestare molta attenzione al rapporto con l'agricoltore e alla relativa serietà e professionalità nello svolgimento delle attività agricole. L'agricoltore dovrà essere considerato come un contraente EPC, un operatore O&M o un acquirente di energia elettrica nell'ambito dell'HTM e come tale i relativi documenti contrattuali dovranno essere strutturati tenendo conto di una rigorosa allocazione del rischio anche attraverso meccanismi di sostituzione. Il titolo di proprietà sui terreni dovrà tenere conto anche dello svolgimento delle attività agricole.

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