Il Consiglio di Stato si esprime sullo schema di decreto legislativo recante la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell’art. 26, commi 4 e 5, lett. b) e d), legge n. 118/2022 (c.d. Testo Unico FER): il testo è “lacunoso” oltreché “antitetico” rispetto all’obiettivo della semplificazione del quadro normativo nazionale.
Articolo a cura di Piero Viganò, Giovanni Battista De Luca, Ernesto Rossi Scarpa Gregorj e Paola Putignano.
Se dopo una prima fase di attività, il Governo Meloni aveva positivamente inciso, con misure per lo più favorevoli allo sviluppo del mercato delle rinnovabili, negli ultimi mesi sembra aver pericolosamente invertito la tendenza, assumendo posizioni del tutto “antitetiche” rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione e transazione ecologica imposti dall’UE.
Dopo il c.d. DL Agricoltura (convertito con L. n. 101/2024), che ha vietato i nuovi impianti fotovoltaici sui terreni agricoli (salvo specifiche eccezioni), e il Decreto Aree Idonee (D.M. 21 giugno 2024), che rischia di rendere quasi tutto il territorio non idoneo alle rinnovabili, il Testo Unico FER, reduce da una sonora bocciatura in Consiglio di Stato, non è altro che l’ultimo abbaglio di un Governo che, anziché semplificare, complica non poco il raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC al 2030, col rischio per l’Italia di essere colpita da pesanti sanzioni europee.
Con parere n. 01216/2024, infatti, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, all’esito dell’Adunanza svoltasi lo scorso 10 settembre 2024, si è pronunciata sullo schema del Testo Unico FER, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 7 agosto 2024.
Il Consiglio di Stato ha censurato lo schema di decreto legislativo sia sotto l’aspetto formale, rispetto alla procedura seguita dal Governo per la formulazione del testo, sia sotto l’aspetto del merito, in relazione all’inadeguatezza dello stesso rispetto al raggiungimento degli obiettivi a cui è preposto.
Preliminarmente, il parere stigmatizza la prassi di redazione postuma delle relazioni AIR e ATN rispetto all’esame preliminare da parte del Consiglio dei Ministri dello schema di decreto. La redazione della relazione AIR costituisce infatti un elemento imprescindibile ai fini della completezza dell’istruttoria degli atti ormativi secondo la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 febbraio 2009.
Sotto il profilo della verifica della conformità del procedimento seguito per l’attuazione della delega di cui all’art. 26, comma 4, L. n. 118/2022, il parere evidenzia scostamenti significativi rispetto a quanto previsto dal comma 7 dello stesso articolo, ai sensi del quale i decreti legislativi “sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata”.
Ebbene, dalla documentazione trasmessa non risulta l’esercizio sostanziale del potere di proposta da parte di tutti i soggetti istituzionali ai quali è stato attribuito dalla legge di delega, tantomeno possono considerarsi espressione della «co-proponenza» le acritiche e meramente formali note sottoscritte dal Capo dell’Ufficio legislativo del MASE , nonché dal Capo dell’Ufficio legislativo del Ministro delle riforme istituzionali e della semplificazione normativa, aventi ad oggetto la sola e conseguente manifestazione di favore alla bozza normativa già predisposta, non rendendo in alcun modo percepibile il contributo delle predette Amministrazioni, in ragione delle rispettive competenza, ai contenuti dello schema di decreto.
La lacuna integra un vizio non meramente formale, in contrasto con l’art. 97 Cost., comma 3, della Costituzione. Il Consiglio di Stato, sul punto, ha già avuto modo di sottolineare come “il mancato concorso alla elaborazione e formulazione della proposta equivale ad una attribuzione non esercitata” e comporta “la genesi non adeguata dell’iniziativa normativa” (cfr. Cons. Stato, parere 28 marzo 2024, n. 440).
Similari considerazioni sono svolte anche in merito al concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della cultura, autori di pareri successivi - oltreché meramente formali di portata “sostanzialmente abdicativa”- all’approvazione in via preliminare dello schema da parte del Consiglio dei Ministri, ciò nonostante lo schema contempli numerose disposizioni di coordinamento tra le procedure autorizzative e sub procedimenti con precise scansioni temporali per l’intervento delle autorità preposte alla tutela dei vincoli paesaggistici e culturali, oltre che, con riferimento all’ autorizzazione unica (art. 9), la previsione della partecipazione ministeriale alla conferenza di servizi in modalità sincrona.
In sintesi, Consiglio di Stato evidenzia la totale assenza di un sostanziale concerto tra le Amministrazioni coinvolte nell’iniziativa, comprovata, inoltre, dalla mancata intesa in sede di Conferenza unificata, strumento di favore per la cooperazione tra attività statale e autonomie, che, secondo la formulazione del citato art. 26, comma 7, deve essere acquisita previamente anche rispetto al parere del Consiglio di Stato, e dall’assenza di qualsiasi elemento informativo (se non documentazione proveniente da alcune categorie economiche) in merito al coinvolgimento di “molteplici soggetti istituzionali” comunque richiamati nella relazione illustrativa, nonostante la pluralità delle tematiche inerenti alla previsione normativa coinvolga utenti di ogni categoria.
Un ulteriore aspetto di critica, da un punto di vista di merito, riguarda la conformità dello schema di decreto legislativo in oggetto rispetto agli obiettivi previsti, in particolare, dal Piano per la transizione ecologica (PTE): difatti, nonostante la relazione istruttoria allo schema richiami gli obiettivi di razionalizzazione e semplificazione della disciplina in materia di energia rinnovabile al fine di assicurare la massima diffusione degli impianti, essa risulta non essere in linea con gli obiettivi fissati dal PTE di un apporto delle rinnovabili pari al 72% entro il 2030, con un fabbisogno “di nuova capacità FER da installare” pari a circa 70-75 GW, vale a dire tra 7 e 8 GW/anno. Tale dato non pare allineato al target previsto dalla relazione AIR, con riferimento agli indicatori di monitoraggio degli obiettivi dello schema in esame, che è pari, per le fonti eoliche e fotovoltaiche, a 108 GW complessivi al 2030.
La relazione AIR e la relazione illustrativa non forniscono, inoltre, informazioni circa i risultati attesi dai regimi amministrativi previsti dallo schema in termini di contributo “anche alla garanzia di una capacità di stoccaggio o, comunque, di una disponibilità di energia adeguata alla domanda energetica delle diverse categorie di consumatori e agli oneri attesi per ciascuna di esse” e non contengono elementi in merito allo stato di attuazione degli strumenti, diversi dall’accelerazione delle procedure che, nella prospettiva europea, concorrono alla realizzazione degli obiettivi quantitativi ricondotti al principio dell’efficienza energetica al primo posto (“energy efficiency first”), ovvero la mappatura delle zone necessarie e l’individuazione delle zone di accelerazione (in cui i progetti fruiscono di significative riduzioni dei tempi di realizzazione), limitandosi a richiamare il decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 (c.d. Decreto aree idonee).
La documentazione presentata non offre, poi, alcun raffronto specifico, sotto il profilo dell’accelerazione delle procedure, tra i regimi vigenti e quelli che si intende introdurre, né, soprattutto, elementi specifici in merito alla coerenza dei tempi per il conseguimento dei titoli che risultano necessari ai sensi degli artt. 7, 8 e 9 con gli obiettivi temporali della direttiva 2024/2413.
La relazione illustrativa non fornisce adeguati elementi informativi neppure in merito ai tempi necessari per l’adozione, entro e non oltre il 21 novembre 2025, di procedure autorizzative completamente digitali e di sistemi di comunicazione elettronica per il rilascio delle autorizzazioni.
Infine, la formulazione dell’art. 14, ai sensi del quale “Le disposizioni di cui all’allegato D sono abrogate. Eventuali richiami ad altre disposizioni concernenti la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili si intendono riferiti al presente decreto” risulta contraddittoria rispetto all’elenco delle disposizioni di rango primario abrogate con l’allegato D e agli interventi di coordinamento contenuti nell’art. 13, generando non poca confusione.
In conclusione, per il Consiglio di Stato “traspare dall’esame dell’atto una tecnica normativa lacunosa, non solo non puntualmente correlata alle specifiche previsioni delle fonti dell’Unione europea, ma anche sostanzialmente antitetica, laddove adotta il metodo delle abrogazioni aspecifiche, all’obiettivo della semplificazione del quadro normativo nazionale”.